Rovagnate: nuova ristampa per lo scritto di Giuseppe Ripamonti che ispirò il Manzoni

A Rovagnate ha cercato rifugio e ha trovato il riposo eterno uno dei protagonisti indiscussi della cultura e della società lombarda del 1600, autore di un'opera sulla peste da cui Alessandro Manzoni ha tratto spunto per la stesura dei suoi Promessi Sposi. Ora l'opera di Giuseppe Ripamonti "De peste Mediolani quae fuit anno 1630" (La peste di Milano del 1630) scritta nel 1640 e di cui l'ultima ristampa risale al 2003, è tornata nelle librerie edito dalla Casa del Manzoni, in un'edizione curata da Cesare Repossi, con traduzione di Stefano Corsi e una premessa di Angelo Stella, primo volume di una collana chiamata «Mediolanensia», che la ricordata Casa del Manzoni ha avviato in collaborazione con la Biblioteca Ambrosiana e l'Istituto Lombardo-Accademia di Scienze e Lettere.


Giuseppe Ripamonti (tratta da http://www.cassiciaco.it)

 

La storia di Giuseppe Ripamonti inizia a Ravellino, frazione di Colle Brianza che al sacerdote ha dato i natali e che lo ricorda ancora oggi con un targa commemorativa, si sviluppa a Milano sotto la protezione del Cardinale Federigo Borromeo e termina a Rovagnate, dove egli si rifugiò per rimettersi dal carcere a cui era stato condannato dalla Santa Inquisizione. È proprio in un volume sulla storia di Rovagnate che è possibile trovare informazioni dettagliate sul protagonista della storia milanese, che giace all'interno della chiesa del paese.
"Il Ripamonti nasce il 28 agosto 1577 a Tegnone, oggi Ravellino, alpestre villaggio posto in amena posizione sulle pendici dell'insieme collinoso conosciuto come il Monte di Brianza" si legge nello scritto redatto dall'appassionato storico calchese Anselmo Brambilla. "Fin da bambino dimostra una certa predilizione per il greco e al latino e quindi la famiglia, benestante, lo avvia agli studi classici in Milano, dove inizia il percorso che lo porterà al sacerdozio. Successivamente arriverà a diventare docente di eloquenza e latino presso il Seminario maggiore di Milano. Di carattere irascibile e poco incline alla mediazione, entra presto in urto con i colleghi. Per sua fortuna gode della protezione del cardinale Federigo Borromeo, il quale anche per toglierlo dalla incresciosa situazione di tensione createsi nel seminario, lo nomina dottore della recentemente costituita Biblioteca Ambrosiana.

 

Il cardinale lo stimola a scrivere un pezzo storico "Historia ecclesiae mediolanensis" sulla chiesa milanese, lavoro che se da un lato lo distolse dalle beghe interne e lo coinvolse per un certo tempo, dall'altro gli creò, all'uscita del libro nel 1617, ulteriori problemi con i colleghi che lo accusarono di non avere rispettato il testo approvato dalla chiesa ma di avere aggiunto dei capitoli lesivi della dignità della religione. Viene quindi tradotto in carcere e accusato, si direbbe oggi, di vilipendio alla religione per sue presunte affermazioni. Il 14 e il 17 settembre 1619 viene interrogato nelle carceri ordinarie dall'inquisitore. Dopo circa tre anni di prigione, il 16 agosto 1622 gli viene comunicata la condanna: totale censura sul suo operato imposta dal sacro concilio, altri tre anni di carcere più due di esilio in qualche luogo a scelta del cardinale, l'obbligo di non scrivere più niente senza la speciale autorizzazione del sant'uffizio, e dulcis in fundo, un anno di digiuno al venerdì con la recita settimanale del Rosario. Il cardinale Federigo Borromeo, memore di servigi da lui svolti nell'interesse della chiesa milanese, gli commutò la pena del carcere con gli "arresti domiciliari" nel palazzo vescovile dove, pur malato, poté continuare a scrivere. La seconda parte della storia della Chiesa di Milano uscì nel 1625 e la terza parte vide la luce nel 1628. Verso il 1640 compose il "De peste Mediolani quae fuit anno 1630", opera dalla quale attinse Alessandro Manzoni per la ricostruzione storica dei Promessi Sposi. Continuò con la scrittura dei XXIII libri , negli anni 1641-43, della Historiarum patriae in continuationem Tristani Calchi Storia Patria, già iniziata dallo storico milanese Tristano Calchi, che era stata interrotta nel 1323.

La sua fama di storico si diffuse in modo tale che dai decurioni della città di Milano fu nominato cronista e dal marchese de Legnanes governatore dello stato milanese venne nominato regio istoriografo e canonico della chiesa di Santa Maria della Scala di Milano.
Le vicissitudini del carcere ne avevano però minato il fisico in modo tale che i medici gli consigliarono di tornare dalle sue parti, cosa che il Ripamonti fece cercando ospitalità a Rovagnate, dove rimase per un certo tempo ospite del curato. Purtroppo la trasferta non giovò alla sua salute, tanto che il 14 agosto 1644 morì per idropsia.
Fu sepolto nella chiesa di Rovagnate nella cappella riservata ai parroci, e al suo funerale parteciparono 12 sacerdoti.

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