Paderno: i trapianti pediatrici. Dal dolore più grande alla speranza di una nuova esistenza
Venerdì 13 novembre, presso Cascina Maria a Paderno d'Adda, il gruppo comunale Aido ha proposto una serata medico informativa sul tema, molto delicato, dei trapianti pediatrici con la presenza di ospiti illustri come il dottor Daniele Bonacina, medico in terapia intensiva all'Ospedale di Bergamo, e il professor Michele Colledan, direttore del dipartimento di chirurgia e trapianti del medesimo ospedale.
Dopo i saluti da parte del sindaco Renzo Rotta, del presidente della sezione provinciale Aido di Lecco Carlo Casari e del presidente del Gruppo Aido di Paderno Daniele Sorzi, che ha voluto ricordare nel suo intervento la scomparsa nel 2014 della piccola Natalie Casati di Robbiate, la parola è passata al cavalier Leonida Pozzi, presidente Aido Regione Lombardia, in qualità di moderatore dell'incontro.
"Voglio ringraziare il gruppo Aido di Paderno e il suo presidente non solo per questa serata - ha sottolineato il cavalier Pozzi - ma soprattutto per quanto sono riusciti a fare nel tessuto sociale di questa comunità per diffondere la cultura della donazione".
"Il tema che proponiamo oggi - ha continuato il presidente dell'Aido regionale - lo affrontiamo di rado. Nel pensiero comune i bambini non vengono associati ai trapianti e il dolore degli innocenti è qualcosa che ci lascia atterriti, come avvenne per don Gnocchi quando in un suo celebre scritto chiese a Dio il motivo della sofferenza che vedeva negli occhi dei bambini malati. Per fortuna in Lombardia abbiamo centri all'avanguardia come quello della terapia intensiva pediatrica dell'ospedale papa Giovanni XXIII di Bergamo, voluto e realizzato anche grazie ad opere di volontariato".
Il lavoro di questa struttura è stato descritto dal dottor Bonacina, che ha specificato come nel reparto, a pochi letti di distanza, possano trovarsi sia il bimbo che supererà la malattia grazie alla donazione di un organo sia quello che invece non ce la farà e i cui organi doneranno a qualcun altro la vita.
"Per quanto riguarda i bambini, nei casi in cui siamo certi della diagnosi di morte, che per la legge italiana si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo, abbiamo l'obbligo di richiedere ai genitori il consenso per la donazione degli organi", ha spiegato il dottor Daniele Bonacina. "È la parte più difficile del mio lavoro, ma da una reazione di disperazione può anche nascere la necessità di riaprirsi alla vita. A quel punto noi medici diventiamo custodi del dono che significherà la vita per qualche altro bambino".
"I potenziali donatori in età pediatrica - ha continuato il dottore - sono sostanzialmente i pazienti che perdono la vita per alcuni casi di meningite o a seguito di arresto cardiaco. Mano a mano che cresce l'età del bambino cresce anche l'opposizione dei genitori all'espianto degli organi, questo perché superati i primi anni di vita le cause più comuni di morte riguardano eventi fortuiti e traumatici a cui i genitori non erano preparati e che li lasciano nello sgomento e nella rabbia".
In Italia il fegato è l'organo più soggetto a trapianti in età pediatrica, anche grazie al fatto che i bambini possono riceverlo dagli adulti, aumentando la speranza della donazione. Nei casi di insufficienza epatica acuta o avvelenamento da funghi i pazienti entrano in emergenza in terapia intensiva e qui inizia il conto alla rovescia in attesa dell'organo che possa salvare loro la vita.
Proprio dal trapianto di fegato il professor Michele Colledan ha scelto di iniziare il suo intervento.
"Il primo trapianto di fegato riuscito avvenne nel 1967 su una ragazza di 19 anni, considerata ancora in età pediatrica. Tutt'oggi questo trapianto è un'operazione complessa ma l'intervento è scomposto in tante piccole parti riproducibili", ha spiegato il luminare. "Sono state le operazioni per salvare la vita ai bambini il vero motore dell'evoluzione tecnica di questa procedura perché un fegato non funzionante negli infanti non porta solo, nel peggiore dei casi, alla morte ma anche a danni irreparabili nello sviluppo. A fronte di una forbice tra i 1650 e i 4400 adulti all'anno che avrebbero bisogno di un trapianto di fegato, sono soltanto 100 i bambini in Italia che devono subire l'operazione: una richiesta che la lista dei donatori riesce fortunatamente a soddisfare".
A questo punto anche il professor Colledan è entrato nello specifico del lavoro che viene svolto all'Ospedale di Bergamo.
"Il centro di Bergamo è uno dei principali in Italia e il più grande in Lombardia per numero di trapianti di fegato. Dalla fondazione nel 2006 alla fine del 2014 sono stati 1200 i trapianti eseguiti, di cui 56 su 47 bambini dal peso medio di 9 kg e 1,39 anni di età", ha spiegato ancora il chirurgo. "Numeri simili ci sono solo nelle strutture di Londra, Parigi e Los Angeles. In 10 anni di attività mai nessun bambino è morto a Bergamo aspettando la donazione di fegato e i tempi di attesa sono in media di 55 giorni".
Il dipartimento di chirurgia e trapianti dell'ospedale papa Giovanni XXIII è dunque un'eccellenza del nostro paese per quanto riguarda questo tipo di operazione. Risultati meno buoni si riscontrano per i trapianti di intestino e polmone, legati però alla complessità degli interventi.
"Il trapianto di intestino è quello che in assoluto ha i risultati meno buoni e che si esegue con più difficoltà. Nel caso dei bambini motivi di intervento possono essere difetti congeniti della mucosa, intestino corto o inesistente mobilità dell'organo. In tutto il mondo ci sono soltanto 127 trapianti l'anno, il 61% sopravvive all'intervento e di questi solo la metà avrà un intestino totalmente funzionante; questo è dovuto a crisi di rigetto o gravi infezioni. In Italia esistono solo due centri per il trapianto in età pediatrica: Roma e Bergamo, da noi dal 2006 al 2012 abbiamo eseguito 10 trapianti con una curva di sopravvivenza superiore a quella del registro mondiale della sanità. Sono numeri ridotti, ma per il sistema sanitario un solo paziente costretto a emigrare all'estero per essere curato costava svariati miliardi di vecchie lire", ha sottolineato il professor Colledan prima di concludere la sua relazione parlando anche dei 17 trapianti di polmone su 13 bambini che dal 2004 sono stati eseguiti all'Ospedale di Bergamo, primo centro in Italia per trattare malattie legate soprattutto alla fibrosi cistica e che costringono al trapianto circa 100 bambini all'anno nel mondo.
Al termine della serata i relatori hanno mostrato le foto di alcuni dei bambini che grazie alla donazione hanno avuto la possibilità di una nuova vita; ed è proprio per loro che, a precisa domanda da parte del pubblico, i medici hanno spiegato di riuscire a superare la tragedia della morte di un bambino: per fare in modo, con il proprio lavoro, che altri abbiano delle possibilità.
Dopo i saluti da parte del sindaco Renzo Rotta, del presidente della sezione provinciale Aido di Lecco Carlo Casari e del presidente del Gruppo Aido di Paderno Daniele Sorzi, che ha voluto ricordare nel suo intervento la scomparsa nel 2014 della piccola Natalie Casati di Robbiate, la parola è passata al cavalier Leonida Pozzi, presidente Aido Regione Lombardia, in qualità di moderatore dell'incontro.
"Voglio ringraziare il gruppo Aido di Paderno e il suo presidente non solo per questa serata - ha sottolineato il cavalier Pozzi - ma soprattutto per quanto sono riusciti a fare nel tessuto sociale di questa comunità per diffondere la cultura della donazione".
"Il tema che proponiamo oggi - ha continuato il presidente dell'Aido regionale - lo affrontiamo di rado. Nel pensiero comune i bambini non vengono associati ai trapianti e il dolore degli innocenti è qualcosa che ci lascia atterriti, come avvenne per don Gnocchi quando in un suo celebre scritto chiese a Dio il motivo della sofferenza che vedeva negli occhi dei bambini malati. Per fortuna in Lombardia abbiamo centri all'avanguardia come quello della terapia intensiva pediatrica dell'ospedale papa Giovanni XXIII di Bergamo, voluto e realizzato anche grazie ad opere di volontariato".
Il dottor Daniele Bonacina e il professor Michele Colledan
Il lavoro di questa struttura è stato descritto dal dottor Bonacina, che ha specificato come nel reparto, a pochi letti di distanza, possano trovarsi sia il bimbo che supererà la malattia grazie alla donazione di un organo sia quello che invece non ce la farà e i cui organi doneranno a qualcun altro la vita.
"Per quanto riguarda i bambini, nei casi in cui siamo certi della diagnosi di morte, che per la legge italiana si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo, abbiamo l'obbligo di richiedere ai genitori il consenso per la donazione degli organi", ha spiegato il dottor Daniele Bonacina. "È la parte più difficile del mio lavoro, ma da una reazione di disperazione può anche nascere la necessità di riaprirsi alla vita. A quel punto noi medici diventiamo custodi del dono che significherà la vita per qualche altro bambino".
Daniele Sorzi
"I potenziali donatori in età pediatrica - ha continuato il dottore - sono sostanzialmente i pazienti che perdono la vita per alcuni casi di meningite o a seguito di arresto cardiaco. Mano a mano che cresce l'età del bambino cresce anche l'opposizione dei genitori all'espianto degli organi, questo perché superati i primi anni di vita le cause più comuni di morte riguardano eventi fortuiti e traumatici a cui i genitori non erano preparati e che li lasciano nello sgomento e nella rabbia".
In Italia il fegato è l'organo più soggetto a trapianti in età pediatrica, anche grazie al fatto che i bambini possono riceverlo dagli adulti, aumentando la speranza della donazione. Nei casi di insufficienza epatica acuta o avvelenamento da funghi i pazienti entrano in emergenza in terapia intensiva e qui inizia il conto alla rovescia in attesa dell'organo che possa salvare loro la vita.
Il dottor Daniele Bonacina, il professor Michele Colledan e il presidente Aido Lombardia cavalier Leonida Pozzi
Proprio dal trapianto di fegato il professor Michele Colledan ha scelto di iniziare il suo intervento.
"Il primo trapianto di fegato riuscito avvenne nel 1967 su una ragazza di 19 anni, considerata ancora in età pediatrica. Tutt'oggi questo trapianto è un'operazione complessa ma l'intervento è scomposto in tante piccole parti riproducibili", ha spiegato il luminare. "Sono state le operazioni per salvare la vita ai bambini il vero motore dell'evoluzione tecnica di questa procedura perché un fegato non funzionante negli infanti non porta solo, nel peggiore dei casi, alla morte ma anche a danni irreparabili nello sviluppo. A fronte di una forbice tra i 1650 e i 4400 adulti all'anno che avrebbero bisogno di un trapianto di fegato, sono soltanto 100 i bambini in Italia che devono subire l'operazione: una richiesta che la lista dei donatori riesce fortunatamente a soddisfare".
A questo punto anche il professor Colledan è entrato nello specifico del lavoro che viene svolto all'Ospedale di Bergamo.
"Il centro di Bergamo è uno dei principali in Italia e il più grande in Lombardia per numero di trapianti di fegato. Dalla fondazione nel 2006 alla fine del 2014 sono stati 1200 i trapianti eseguiti, di cui 56 su 47 bambini dal peso medio di 9 kg e 1,39 anni di età", ha spiegato ancora il chirurgo. "Numeri simili ci sono solo nelle strutture di Londra, Parigi e Los Angeles. In 10 anni di attività mai nessun bambino è morto a Bergamo aspettando la donazione di fegato e i tempi di attesa sono in media di 55 giorni".
Il dipartimento di chirurgia e trapianti dell'ospedale papa Giovanni XXIII è dunque un'eccellenza del nostro paese per quanto riguarda questo tipo di operazione. Risultati meno buoni si riscontrano per i trapianti di intestino e polmone, legati però alla complessità degli interventi.
"Il trapianto di intestino è quello che in assoluto ha i risultati meno buoni e che si esegue con più difficoltà. Nel caso dei bambini motivi di intervento possono essere difetti congeniti della mucosa, intestino corto o inesistente mobilità dell'organo. In tutto il mondo ci sono soltanto 127 trapianti l'anno, il 61% sopravvive all'intervento e di questi solo la metà avrà un intestino totalmente funzionante; questo è dovuto a crisi di rigetto o gravi infezioni. In Italia esistono solo due centri per il trapianto in età pediatrica: Roma e Bergamo, da noi dal 2006 al 2012 abbiamo eseguito 10 trapianti con una curva di sopravvivenza superiore a quella del registro mondiale della sanità. Sono numeri ridotti, ma per il sistema sanitario un solo paziente costretto a emigrare all'estero per essere curato costava svariati miliardi di vecchie lire", ha sottolineato il professor Colledan prima di concludere la sua relazione parlando anche dei 17 trapianti di polmone su 13 bambini che dal 2004 sono stati eseguiti all'Ospedale di Bergamo, primo centro in Italia per trattare malattie legate soprattutto alla fibrosi cistica e che costringono al trapianto circa 100 bambini all'anno nel mondo.
Al termine della serata i relatori hanno mostrato le foto di alcuni dei bambini che grazie alla donazione hanno avuto la possibilità di una nuova vita; ed è proprio per loro che, a precisa domanda da parte del pubblico, i medici hanno spiegato di riuscire a superare la tragedia della morte di un bambino: per fare in modo, con il proprio lavoro, che altri abbiano delle possibilità.
Matteo Fratangeli