Merate: incontri sulla legalità e sul coraggio delle donne
Parte dal "Io non ci sto" che, ad un certo punto, stanche del sangue dei loro figli e dei loro mariti, le donne del Sud, di quelle terre devastate e infestate dalla camorra, hanno pronunciato. Stanche di soffrire e di partorire figli instradati alle lotte tra clan, stanche di sentir pulsare l'odio fra le mura domestiche, stanche di una progettualità fatta di omicidi e illegalità.
Una decisione che le ha portate a lasciare la famiglia di appartenenza, a vivere nella clandestinità ma a ritrovare una dignità fatta di onestà e giustizia.
Su questo filo conduttore si snoderanno gli appuntamenti che La Semina con la collaborazione di diverse associazioni ed enti del territorio e non tra cui l'istituto Viganò, dei comuni di Merate, Casatenovo, Lecco, Cernusco ha organizzato nella settimana dal 5 all'8 ottobre. "Non c'è nulla di ideologico in questa serie di eventi" ha spiegato Pierangelo Marucco "Vogliamo solo incidere sugli aspetti e le relazioni famigliari e umane di queste donne di cui rinangono solo spezzoni di dolore infinito". Per raccontare tutto ciò sono stati organizzati incontri con l'autore, momenti di riflessione e la visione del film "La Terra di Santi" con la partecipazione del regista Fernando Muraca e della scrittrice Angela Iantosca autrice di "Onora la madre" e "Bambini a metà".
La professoressa Lucilla Barassi, Pierangelo Marucco della Semina, Alessandro Emilio (Semina), Anna Albo (Semina),
l'assessore Giuseppina Spezzaferri e Marisa Corradini di Dietrolalavagna
l'assessore Giuseppina Spezzaferri e Marisa Corradini di Dietrolalavagna
Una decisione che le ha portate a lasciare la famiglia di appartenenza, a vivere nella clandestinità ma a ritrovare una dignità fatta di onestà e giustizia.
Su questo filo conduttore si snoderanno gli appuntamenti che La Semina con la collaborazione di diverse associazioni ed enti del territorio e non tra cui l'istituto Viganò, dei comuni di Merate, Casatenovo, Lecco, Cernusco ha organizzato nella settimana dal 5 all'8 ottobre. "Non c'è nulla di ideologico in questa serie di eventi" ha spiegato Pierangelo Marucco "Vogliamo solo incidere sugli aspetti e le relazioni famigliari e umane di queste donne di cui rinangono solo spezzoni di dolore infinito". Per raccontare tutto ciò sono stati organizzati incontri con l'autore, momenti di riflessione e la visione del film "La Terra di Santi" con la partecipazione del regista Fernando Muraca e della scrittrice Angela Iantosca autrice di "Onora la madre" e "Bambini a metà".
Intervista a Mons. Giancarlo M. Bregantini Arcivescovo Metropolita di CAMPOBASSO-BOJANO in merito all'uscita del film La Terra dei Santi di Fernando Muraca al cinema dal 26 marzo.
Lei è stato per molti anni a compiere il suo Ministero in Calabria e conosce molto bene le realtà difficili di quel territorio. Secondo lei La terra dei Santi riesce a raccontare alcuni aspetti del doloroso tema della cultura mafiosa promossa dalla 'ndrangheta?
Io sono stato venticinque anni in Calabria, quattordici anni come vescovo di Locri e undici come prete a Crotone facendo anche il cappellano di un carcere. La Terra dei Santi è un film pregevole perché si interroga e fa pensare e soprattutto aiuta a capire che nodo della mafia prima ancora del problema militare e delle sparatorie è quello delle relazioni che nascono all'interno delle case e delle famiglie per diventare poi relazioni attraverso gli amici, il quartiere, il paese, per poi trasferirsi all'interno della società. Cogliere il nocciolo attraverso la famiglia, il modo di pensare e in particolare delle donne; coglie in fondo la radice fondativa del fenomeno mafioso.
La terra dei santi è un film che scava dentro le radici antropologiche del fenomeno 'ndrangheta secondo lei è un approccio interessante?
La grande problematica sta non nel difendersi dalla mafia ma nel comprenderne le ragioni e scavando su di esse riuscire ad incidere su una trasformazione che diventa sempre più necessaria. Chiaramente l'aspetto antropologico chiede di essere visto con attenta determinazione, nessuno si deve aspettare da La Terra dei santi grandi scene di violenza, di giochi mafiosi o di ricatti che sono diventati classici nei film di mafia ma deve pensare agli sguardi, al cuore, alle mani, al gioco delle relazioni, agli sfondi tenui ma incisivi di questo film. La terra dei santi è un film che vuole capire, che vuole far capire, che vuole spiegare per poi insieme, tutti insieme, provare combattere le radici del male.
Il film sceglie come via di accesso al racconto le donne sostenendo la tesi che esse possono essere una delle chiavi di volta per la resurrezione di un intero popolo; secondo lei questa ipotesi è fondata?
L'aspetto antropologico coglie in questo film due volti. Il volto antico di una Calabria che per secoli è stata realmente una terra di santi ed ecco allora l'esperienza storica che sullo sfondo è rapidamente accennata ma che diventa un ricordo positivo e bello, quasi come dire: dobbiamo tornare a quell'immagine! Poi coglie soprattutto il mondo femminile in un intreccio meraviglioso fatto di passioni, emozioni fortissime, di violenze, ma vissute nel cuore di una mamma, nel cuore di una madre che abbraccia il figlio ucciso, consapevole che sarebbero stato ucciso. Queste scene femminili straziano il cuore di chi le guarda ma vogliono essere il modo con cui il film può incidere nelle ragazze, nelle scuole, in un paese, in una parrocchia, in un cinema. Il film vuole far capire che il male non è mai neutrale, vuole far capire alle madri che certe parole non si possono dire, o se si devono dire, si devono dire in modo positivo. L'elemento femminile poi è doppiamente vincente e perché prende noi spettatori e anche voi che lo vedrete ma soprattutto perché permette di capire come abbiamo declinato più volte durante la grande faida mafiosa di San Luca che se la mafia è opera dei maschi, la faida è opera delle donne. Il film ripropone l'antica dinamica positiva dei santi che ha fatto grande la Calabria, come terra d'oriente, carica di valori, di agricoltura, di cultura, di biblioteche, di codici come quelli di Rossano, una terra grande che oggi va rivissuta in pienezza.
Lo scenario dentro cui la storia di questo film si muove è quello di una guerra civile ma di essa non vengono raccontati insistentemente i suoi effetti esteriori, le bombe, la ripetizione di omicidi e sopraffazioni. Il motivo di questa scelta è dovuto al fatto che il film racconta la 'ndrangheta come qualcosa di più che una semplice organizzazione criminale ma come una entità capace di strappare il cuore alle persone che si affiliano, il libero arbitrio. Che ne pensa di questa ipotesi?
Il valore del film è appunto questo, non narra una semplice guerra di mafia cosa già vista in altri film, ma narra la genesi interiore della faida, che come dicevo, è soprattutto femminile ma poi diventa ovviamente maschile e generalizzata. In un paese tremendamente devastato da una faida mafiosa che ha prodotto più di 40 morti, addirittura furono uccise due persone al ritorno da un funerale di altre due persone. È stata una cosa devastante è stata come una guerra civile, oggi che cosa è rimasto di quel paese? Praticamente i ruderi di questa guerra, poche donne arrabbiate costrette a vivere ottantenni a cento o duecento metri dalla casa che ha ucciso i loro figli vicendevolmente, vi immaginate la rabbia di queste donne? Io le ho incontrate, rimangono delle loro vite soltanto spezzoni di dolore infinito, la guerra civile non salva nessuno, ecco il significato dell'esperienza del film. La terra dei santi vuole infatti dire o ci si ferma o veniamo devastati tutti, e chi può fermare tutto ciò? Il cuore della mamma. Il cuore di una madre può essere la scintilla che devasta e incendia o può essere il balsamo d'amore che risana e perdona.
Il magistrato (Valeria Solarino) per provare a vincere la sua battaglia di legalità utilizza uno strumento nuovo: togliere la patria potestà alle madri mafiose. Secondo lei questa può essere una soluzione?
C'è un evento nel film che strappa il cuore più di quello di una madre che abbraccia il figlio ucciso, c'è una scena che farà discutere a lungo, in maniera dolorosamente travolgente, ed è la scena in cui il magistrato strappa per legge il figlio a una mamma pur di non vederlo coinvolto in una faida che viene intuita come prossima. Questa scena, io credo e ne sono convinto, avrà delle reazioni opposte, fuori dalla Calabria avrà il plauso, in Calabria sarà capita con molta fatica perché il cuore dei calabresi non può essere privato dei propri figli. Strappato alla madre per salvarlo o lasciato libero per farlo uccidere? Ecco il dilemma che resta, e forse è bello che resti questo dilemma e che faccia discutere. Il film infatti non da soluzioni ma vuole offrire l'opportunità per una riflessione. Sarà il dibattito successivo che dirà di sala in sala come porsi davanti a questa soluzione, ma è un gesto estremo per una situazione estrema, ed è bello che sia stato presentato come una soluzione che magari a lungo andare, oltre l'emotività del momento, può essere presentata come una risposta. Il film la terra dei santi nell'insieme mi spinge ancora una volta a dire un grazie alla Calabria che mi ha fatto capire un'immensità di cose, merito di quel versetto paolino che riassume tutto il dibattito. Lettera ai romani (5,20) "Dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia". Dentro a quell'immensità di problemi scopri che c'è una forza incredibile negli stessi problemi, nelle stesse persone che soffrono per risolvere con la forza che a loro viene dalla storia dalla tradizione, dalla fede che è radicata in Calabria, la forza per vincere il dramma. Dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia così va letto il film in tutto il suo straordinario volgersi e avvolgerci.
©Intervista a cura di ASAP Cinema Network
Lei è stato per molti anni a compiere il suo Ministero in Calabria e conosce molto bene le realtà difficili di quel territorio. Secondo lei La terra dei Santi riesce a raccontare alcuni aspetti del doloroso tema della cultura mafiosa promossa dalla 'ndrangheta?
Io sono stato venticinque anni in Calabria, quattordici anni come vescovo di Locri e undici come prete a Crotone facendo anche il cappellano di un carcere. La Terra dei Santi è un film pregevole perché si interroga e fa pensare e soprattutto aiuta a capire che nodo della mafia prima ancora del problema militare e delle sparatorie è quello delle relazioni che nascono all'interno delle case e delle famiglie per diventare poi relazioni attraverso gli amici, il quartiere, il paese, per poi trasferirsi all'interno della società. Cogliere il nocciolo attraverso la famiglia, il modo di pensare e in particolare delle donne; coglie in fondo la radice fondativa del fenomeno mafioso.
La terra dei santi è un film che scava dentro le radici antropologiche del fenomeno 'ndrangheta secondo lei è un approccio interessante?
La grande problematica sta non nel difendersi dalla mafia ma nel comprenderne le ragioni e scavando su di esse riuscire ad incidere su una trasformazione che diventa sempre più necessaria. Chiaramente l'aspetto antropologico chiede di essere visto con attenta determinazione, nessuno si deve aspettare da La Terra dei santi grandi scene di violenza, di giochi mafiosi o di ricatti che sono diventati classici nei film di mafia ma deve pensare agli sguardi, al cuore, alle mani, al gioco delle relazioni, agli sfondi tenui ma incisivi di questo film. La terra dei santi è un film che vuole capire, che vuole far capire, che vuole spiegare per poi insieme, tutti insieme, provare combattere le radici del male.
Il film sceglie come via di accesso al racconto le donne sostenendo la tesi che esse possono essere una delle chiavi di volta per la resurrezione di un intero popolo; secondo lei questa ipotesi è fondata?
L'aspetto antropologico coglie in questo film due volti. Il volto antico di una Calabria che per secoli è stata realmente una terra di santi ed ecco allora l'esperienza storica che sullo sfondo è rapidamente accennata ma che diventa un ricordo positivo e bello, quasi come dire: dobbiamo tornare a quell'immagine! Poi coglie soprattutto il mondo femminile in un intreccio meraviglioso fatto di passioni, emozioni fortissime, di violenze, ma vissute nel cuore di una mamma, nel cuore di una madre che abbraccia il figlio ucciso, consapevole che sarebbero stato ucciso. Queste scene femminili straziano il cuore di chi le guarda ma vogliono essere il modo con cui il film può incidere nelle ragazze, nelle scuole, in un paese, in una parrocchia, in un cinema. Il film vuole far capire che il male non è mai neutrale, vuole far capire alle madri che certe parole non si possono dire, o se si devono dire, si devono dire in modo positivo. L'elemento femminile poi è doppiamente vincente e perché prende noi spettatori e anche voi che lo vedrete ma soprattutto perché permette di capire come abbiamo declinato più volte durante la grande faida mafiosa di San Luca che se la mafia è opera dei maschi, la faida è opera delle donne. Il film ripropone l'antica dinamica positiva dei santi che ha fatto grande la Calabria, come terra d'oriente, carica di valori, di agricoltura, di cultura, di biblioteche, di codici come quelli di Rossano, una terra grande che oggi va rivissuta in pienezza.
Lo scenario dentro cui la storia di questo film si muove è quello di una guerra civile ma di essa non vengono raccontati insistentemente i suoi effetti esteriori, le bombe, la ripetizione di omicidi e sopraffazioni. Il motivo di questa scelta è dovuto al fatto che il film racconta la 'ndrangheta come qualcosa di più che una semplice organizzazione criminale ma come una entità capace di strappare il cuore alle persone che si affiliano, il libero arbitrio. Che ne pensa di questa ipotesi?
Il valore del film è appunto questo, non narra una semplice guerra di mafia cosa già vista in altri film, ma narra la genesi interiore della faida, che come dicevo, è soprattutto femminile ma poi diventa ovviamente maschile e generalizzata. In un paese tremendamente devastato da una faida mafiosa che ha prodotto più di 40 morti, addirittura furono uccise due persone al ritorno da un funerale di altre due persone. È stata una cosa devastante è stata come una guerra civile, oggi che cosa è rimasto di quel paese? Praticamente i ruderi di questa guerra, poche donne arrabbiate costrette a vivere ottantenni a cento o duecento metri dalla casa che ha ucciso i loro figli vicendevolmente, vi immaginate la rabbia di queste donne? Io le ho incontrate, rimangono delle loro vite soltanto spezzoni di dolore infinito, la guerra civile non salva nessuno, ecco il significato dell'esperienza del film. La terra dei santi vuole infatti dire o ci si ferma o veniamo devastati tutti, e chi può fermare tutto ciò? Il cuore della mamma. Il cuore di una madre può essere la scintilla che devasta e incendia o può essere il balsamo d'amore che risana e perdona.
Il magistrato (Valeria Solarino) per provare a vincere la sua battaglia di legalità utilizza uno strumento nuovo: togliere la patria potestà alle madri mafiose. Secondo lei questa può essere una soluzione?
C'è un evento nel film che strappa il cuore più di quello di una madre che abbraccia il figlio ucciso, c'è una scena che farà discutere a lungo, in maniera dolorosamente travolgente, ed è la scena in cui il magistrato strappa per legge il figlio a una mamma pur di non vederlo coinvolto in una faida che viene intuita come prossima. Questa scena, io credo e ne sono convinto, avrà delle reazioni opposte, fuori dalla Calabria avrà il plauso, in Calabria sarà capita con molta fatica perché il cuore dei calabresi non può essere privato dei propri figli. Strappato alla madre per salvarlo o lasciato libero per farlo uccidere? Ecco il dilemma che resta, e forse è bello che resti questo dilemma e che faccia discutere. Il film infatti non da soluzioni ma vuole offrire l'opportunità per una riflessione. Sarà il dibattito successivo che dirà di sala in sala come porsi davanti a questa soluzione, ma è un gesto estremo per una situazione estrema, ed è bello che sia stato presentato come una soluzione che magari a lungo andare, oltre l'emotività del momento, può essere presentata come una risposta. Il film la terra dei santi nell'insieme mi spinge ancora una volta a dire un grazie alla Calabria che mi ha fatto capire un'immensità di cose, merito di quel versetto paolino che riassume tutto il dibattito. Lettera ai romani (5,20) "Dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia". Dentro a quell'immensità di problemi scopri che c'è una forza incredibile negli stessi problemi, nelle stesse persone che soffrono per risolvere con la forza che a loro viene dalla storia dalla tradizione, dalla fede che è radicata in Calabria, la forza per vincere il dramma. Dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia così va letto il film in tutto il suo straordinario volgersi e avvolgerci.
©Intervista a cura di ASAP Cinema Network