Riforma sanitaria lombarda/2: il Mandic confermato presidio di 1° livello. Con i suoi servizi il territorio è area sperimentale

Il Mandic di Merate
E' novità di questi giorni - dopo l'annuncio della "defenestrazione" di Mantovani e della Cantù, privati delle loro principali deleghe, Sanità e Servizi Sociali, ora confluite nella sfera di competenza dello stesso presidente divenuto così "super assessore" - che Roberto Maroni manterrà a interim tale carica fino alla nomina dei nuovi direttori generali previsti dalla "sua" riforma del sistema socio-sanitario lombardo. Non mollerà dunque l'importante delega unificata al Welfare, inteso nella sua accezione più allargata, quantomeno fino a dicembre 2015  - gennaio 2016 e, in questi mesi, in attesa tra l'altro dell'assestamento complessivo del quadro previsto dalla riforma con i correttivi già paventati soprattutto in materia di Aziende ospedaliere "svincolate" Agenzie di tutela della salute (ATS), ha annunciato di voler sentire tutte le realtà locali per tastare il polso delle istanze avanzate "dalla base" - per dirla con termini cari al Carroccio - dopo la pubblicazione del testo di legge, frutto di - non secondarie - negoziazioni.
Vediamo dunque un po' cosa il lecchese potrebbe "domandare" al presidente, partendo però prima da una breve carrellata di "certezze".
La vasta area non tornerà in discussione: le ipotesi di accorpamento Lecco-Bergamo o Lecco-Como-Varese sono ormai tramontate e d'altro canto, nemmeno i nostri sindaci, né a livello distrettuale né a livello provinciale, avevano posto pregiudiziali per la soluzione ora sancita dall'alto: l'ATS della Brianza composta da Lecco-Monza.
A livello invece di Aziende sociosanitarie territoriali, spariranno le ex Asl e le ex Aziende Ospedaliere (Ao): da due direttori generali due direzioni strategiche diversificate avremo un solo super manager, un direttore unico che gestirà sia il polo territoriale sia il polo ospedaliero dell'ASST.
Tale figura incarnerà in sé, di fatto, per l'Ao tutte le funzioni attualmente svolte dal commissario straordinario Giuseppina Panizzoli nonché una grossa percentuale delle funzioni esercitate dall'Asl, in particolare quelle gestionali mentre un'altra parte di queste (programmazione e indirizzo, quelle più "corpose") andranno direttamente in capo ATS.
Un contesto, questo delineato dalla riforma, che sicuramente inciderà, quindi, anche sull'identikit del futuro manager che verrà selezionato non più dal vasto elenco degli idonei (500 - 600 potenziali candidati) ma da una short list, pari al doppio del numero delle Aziende, selezionate da una commissione di esperti.
"Non saranno più nominati dalla Giunta senza alcun vincolo, ma dovranno esser scelti all'interno di una "lista corta" selezionata da una commissione di tecnici secondo criteri di merito, test e colloqui" precisa Carlo Borghetti, consigliere regionale, membro della commissione sanità per il Pd, in una nota in cui elenca i "successi" ottenuti dal suo partito in riferimento proprio ai contenuti della legge modificati strada facendo nei diversi passaggi del tumultuoso iter conclusosi con la promulgazione. "Gli stessi manager saranno poi valutati attraverso indicatori di risultato che riguardino l'efficienza, la qualità dei servizi, la riduzione delle liste d'attesa, gli esiti sulla salute dei cittadini, e non più esclusivamente per il rispetto dei budget".
Di sicuro questa gestione integrata ospedale - territorio (sperimentata da anni in altre Regioni) vedrà in capo alle Aziende dei manager con forte orientamento politico relazionato sia con la Regione sia con gli enti locali.
Salteranno poi alla luce i "doppioni" esistenti a livello di cariche. Tra l'altro, non essendo Lecco sede di ATS è facile prevedere che la dirigenza ex Asl e ex Ao confluiranno in un unico vertice organizzativo e sanitario, al quale sarà chiaramente necessario trovare una sede, magari non all'interno dell'ospedale.


Focalizzando ora lo sguardo esclusivamente sul polo ospedaliero, il primo nodo che dovrà essere oggetto di confronto con Maroni è indubbiamente la classificazione dei presidi.
Come è noto i nostri sindaci contavano molto sul riconoscimento del San Leopoldo Mandic come ospedale di primo livello e avanzavano la richiesta di riconoscimento del secondo livello per il Manzoni. Questo perché appare difficile immaginare un ospedale di Merate ridotto agli standard di un presidio di base.
Per comprendere meglio la classificazione in base al nuovo regolamento, si può tornare a pensare alla suddivisione concretizzatasi negli anni '80 in ospedali di zona, ospedali provinciali e ospedali di interesse regionale o nazionale.
La qualifica di ospedale di zona - corrispondente al livello di base proposto ora - il Mandic l'ha persa negli anni '70 quando è stato "promosso" ospedale provinciale. L'operazione fu resa possibile dalla chiusura di piccole realtà quali Besana e Oggiono.
Se dunque non sembrerebbero poter esserci dubbi sulla classificazione di Merate quale ospedale di primo livello, la possibilità elevare Lecco come realtà di secondo livello dovrà necessariamente essere rappresentata al nuovo assessore. Uno degli scogli è costituito dal fatto che il Manzoni conta sì un buon numero di specialità riservate ai presidi di questo tipo ma presenta anche delle problematicità in quanto i nuovi standard prevedono non solo la dotazione delle super specialità ma anche un bacino d'utenza. In altre parole, mentre l'organizzazione del Mandic delineata dal POA corrisponde di fatto agli standard di primo livello dotati anche di dipartimento di Emergenza Urgenza in quanto fa fronte a un bacino d'utenza di oltre 150.000 abitanti, il Manzoni conta specialità di livello superiore con bacino ridotto ed è carente di "super-specialità" che necessitano in alcuni casi addirittura di 3 milioni di potenziali fruitori.
Comunque - e ciò rappresenta un altro punto fermo - non possono essere messi in discussione nell'ASST due ospedali per acuti di primo livello perché l'area ha dalla sua il rapporto letti-abitanti fissato nel 3,7 (di cui uno 0,7 riservato alla riabilitazione), rapporto che su 340.000 abitanti evidenzia un fabbisogno di oltre mille posti per acuti, un fabbisogno addirittura superiore ai letti effettivamente operativi del Mandic e del Manzoni sommati.
Non percorribile e negativa per il territorio sembra poi l'idea paventata da qualche dirigente medico lecchese di ottenere il secondo livello a Lecco retrocedendo a ospedale di base il Mandic. Il bacino di utenza del Manzoni non andrebbe comunque sopra i 340.000 abitanti ma si sospetta che buona parte dei residenti nel casatese-meratese scivoli verso il presidio di Vimercate per le prestazioni di primo livello.
Tutto, come anticipato, si giocherà entro dicembre, in quanto la classificazione degli ospedali e la definizione dei dipartimenti di emergenza sono delegate alla Giunta regionale e sarà oggetto sicuramente del confronti di Maroni con le entità locali.

Più tranquillo il "fronte" della rete territoriale. Il distretto socio sanitario (area distrettuale) costituirà l'ambito locale di riferimento per i servizi di qualità e prossimità al cittadino, a disponibilità continua dotato di presidio ospedaliero territoriale (o ospedale di comunità) e servizi finalizzati alla presa in cura del paziente.
In questo nuovo contesto normativo può trovare tranquillamente spazio la richiesta dell'assemblea dei sindaci di meratese e casatese - già avanzata a Regione Lombardia e per la quale si attende un'altra delle risposte che Maroni potrà dare al lecchese - di sperimentare il nuovo modello di cura partendo dalla peculiarità che caratterizza questo distretto ovvero la presenza dell'azienda speciale Retesalute, del Dipartimento Interaziendale della Fragilità e di un Hospice oltre che dell'associazionismo attivo nel sociale e nel sanitario.
La proposta prevede anche la gestione sperimentale di un presidio ospedaliero territoriale (POT - struttura multiservizio deputata all'erogazione di prestazioni residenziali sanitarie e socio sanitarie a media e bassa intensità per acuti e cronici oltre a prestazioni ambulatoriali e domiciliari) da ubicarsi a Casatenovo presso il presidio Inrca che potrebbe essere parzialmente utilizzato a tale scopo.
A Merate, poi, nell'area ex Ecosystem viene proposta la sperimentazione di un centro socio sanitario territoriale (PreSST): servizio che deve rappresentare la prima linea di intervento per la presa in carico di pazienti cronici al fine di prevenire l'insorgere delle riacutizzazioni e ridurre gli accessi impropri al Ps.
Nel presidio sub-distrettuale di Olgiate Molgora, partendo dell'esperienza del Creg già avviato, si prevede inoltre la sperimentazione di una unità complessa di medicina primaria con il coinvolgimento dei medici di medicina generale.
Lo sviluppo e una maggiore integrazione dell'offerta di servizi in capo al dipartimento interaziendale (Asl e Ao) della Fragilità porterà a sperimentare la continuità dei percorsi di cura e di assistenza attraverso la valorizzazione dell'integrazione professionale e gestionale oltre al governo in rete dei servizi territoriali e ospedalieri con il coordinamento dalla rete locale di cure palliative che dovrà coinvolgere sempre di più le cure domiciliari di base, specialistiche, l'hospice, gli ospedali e le strutture residenziali.

Determinante sarà infine lo sviluppo del ruolo dell'azienda speciale Retesalute che dovrà attivare, come da statuto, la competenza socio sanitaria avviando e gestendo progetti legati alla prevenzione e prestazioni per la cronicità e fragilità.
In questo modo, i comuni del meratese-casatese intendono ritagliarsi un ruolo maggiore nella programmazione sanitaria e sociosanitaria favorendo l'integrazione nei propri servizi sociali con quelli erogati dalla futura ASST. La loro è infatti una proposta sperimentale che si propone di avviare la gestione, coinvolgendo tutta l'area distrettuale, le novità introdotte dalla riforma e fare da riferimento per la programmazione socio sanitaria e sociale dell'ASST e dell'intera vasta area. Maroni, nel suo tour, prenda nota.

 
2/ continua
Alice Mandelli
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