Montevecchia: dal Colle fino alle favelas. del Perù. Marta Capra si racconta ai ''suoi''
Ha condiviso la sua esperienza con alcune persone della comunità di Montevecchia Marta Capra, da qualche settimana tornata dalla città di Lima, dove vive dal 2007. La relatrice ha subito presentato le due facce della medaglia che convivono nella capitale del Perù: da un lato il centro con molta ricchezza, campi da tennis, piscine, strutture in vetro, spazi per grandi eventi; dall'altro la periferia senza fognatura, senz'acqua e senza un filo d'erba.
«Tutto è molto stridente e ci sono disparità forti, spostandosi di quartiere sembra di tornare indietro di anni. Il centro si sviluppa in verticale, mentre la periferia in orizzontale» con gli arrivi di peruviani dalla sierra che creano delle baraccopoli senza controllo urbanistico e in assenza di servizi. «Crescono i supermercati, ed è come se il messaggio che passa sia che la felicità si trova in quello che si può toccare e comprare e nella tecnologia. Molti giungono in città con la speranza di un futuro migliore per i propri figli, ma le periferie sono zone promiscue e anche di violenza. La Casa Virgen de Guadalupe, sorta 20 anni fa, si trova in centro ma ci sono comunque tranquillità e verde. Le persone vengono qui perché si devono curare e a Lima ci sono ospedali più competenti per malattie gravi. Mediamente ospitiamo 30/35 persone perché ognuno è accompagnato da un familiare».
Il gruppo di Marta, Luisa, Ines, Elida e, per qualche mese, Caterina accompagna i malati negli ospedali, agli esami e nel ricovero per eventuali necessità. Come Marta Capra ha raccontato ai montevecchini, attualmente in Perù ci sono tre livelli di strutture ospedaliere: quelle per gente facoltosa che si permette assicurazioni private, quella intermedia per gli altri lavoratori e quella statale attiva solo da qualche anno e che non riesce ad accogliere tutti i malati. «Ciò che è importante è prendersi a cuore la vita delle persone che vengono alla Casa, dare loro una speranza. Arrivano tante persone e a volte è un peso per la differenza di caratteri e per la sensazione di non essere capiti, ma sono contenta che arrivino perché siamo lì per quello e perché fa bene mettersi in gioco. Il messaggio che trasmetterò in questi mesi qui a Montevecchia è che condividere con i più sfortunati è prezioso».
La volontaria dell'Operazione Mato Grosso ha ricordato che la sua esperienza è iniziata avvicinandosi all'associazione e con due viaggi in Perù portata dall'entusiasmo, ha deciso di trasferirsi a Lima nella Casa Virgen del Guadalupe sapendo che stavano cercando un aiuto. «All'inizio sono partita carica, poi pian piano ci si sente più in difficoltà e ci si svuota. Però ci si aiuta tra volontari e si sente l'appoggio di italiani e l'appartenenza a un ampio gruppo di persone. Vedere il vostro sostegno ci fa sentire fiducia e ci dà slancio» ha concluso la relatrice.
Marta Capra
«Tutto è molto stridente e ci sono disparità forti, spostandosi di quartiere sembra di tornare indietro di anni. Il centro si sviluppa in verticale, mentre la periferia in orizzontale» con gli arrivi di peruviani dalla sierra che creano delle baraccopoli senza controllo urbanistico e in assenza di servizi. «Crescono i supermercati, ed è come se il messaggio che passa sia che la felicità si trova in quello che si può toccare e comprare e nella tecnologia. Molti giungono in città con la speranza di un futuro migliore per i propri figli, ma le periferie sono zone promiscue e anche di violenza. La Casa Virgen de Guadalupe, sorta 20 anni fa, si trova in centro ma ci sono comunque tranquillità e verde. Le persone vengono qui perché si devono curare e a Lima ci sono ospedali più competenti per malattie gravi. Mediamente ospitiamo 30/35 persone perché ognuno è accompagnato da un familiare».
Il gruppo di Marta, Luisa, Ines, Elida e, per qualche mese, Caterina accompagna i malati negli ospedali, agli esami e nel ricovero per eventuali necessità. Come Marta Capra ha raccontato ai montevecchini, attualmente in Perù ci sono tre livelli di strutture ospedaliere: quelle per gente facoltosa che si permette assicurazioni private, quella intermedia per gli altri lavoratori e quella statale attiva solo da qualche anno e che non riesce ad accogliere tutti i malati. «Ciò che è importante è prendersi a cuore la vita delle persone che vengono alla Casa, dare loro una speranza. Arrivano tante persone e a volte è un peso per la differenza di caratteri e per la sensazione di non essere capiti, ma sono contenta che arrivino perché siamo lì per quello e perché fa bene mettersi in gioco. Il messaggio che trasmetterò in questi mesi qui a Montevecchia è che condividere con i più sfortunati è prezioso».
La volontaria dell'Operazione Mato Grosso ha ricordato che la sua esperienza è iniziata avvicinandosi all'associazione e con due viaggi in Perù portata dall'entusiasmo, ha deciso di trasferirsi a Lima nella Casa Virgen del Guadalupe sapendo che stavano cercando un aiuto. «All'inizio sono partita carica, poi pian piano ci si sente più in difficoltà e ci si svuota. Però ci si aiuta tra volontari e si sente l'appoggio di italiani e l'appartenenza a un ampio gruppo di persone. Vedere il vostro sostegno ci fa sentire fiducia e ci dà slancio» ha concluso la relatrice.
Federica Conti