La Merate che non c'è più/36: in Piazza Italia c'era l'osteria della Pianta di Sandrin e Sunta. Tv, sigarette e lacrima calda

Di quella trattoria di un "certo livello" sono in pochi a ricordarsi eppure prima di "Pietro ortolano" nell'immobile di Piazza Italia, a pochi passi dallo stabile che un tempo ospitava l'ufficio postale (oggi biblioteca), c'era l'osteria "Della Pianta". A gestirla erano Sandrin con la moglie, la sciura Sunta. Sopra l'entrata principale campeggiava l'insegna scura con la scritta chiara, nelle tinte del giallo. Due vetrine permettevano di "sbirciare" all'interno dove si svolgevano intere parentesi di vita aggregativa. Si andava dalla vendita al dettaglio di merce fino al bancone del bar per passare alla parte più raffinata costituita dalla cucina, con piatti tipici della tradizione e vere e proprie specialità nostrane.


Al bar trattoria, infatti, si vendevano sciolti sale, riso, pasta, caffè, vino (come lo Squinzano) ma anche sigarette. C'erano infatti le "Nazionali" oppure la marca "Africa" che spesso i ragazzi andavano a comperare sciolte per i genitori o gli anziani del cortile. Il denaro era contingentato quindi comperare un pacchetto intero era molto inusuale e, così, si comperavano 5/6 bionde per volta e che dovevano pure durare un po'.
Da Sandrin e Sunta si poteva vedere anche la televisione e così la domenica in occasione delle partite il locale era gettonato dai giovani del paese che non volevano perdersi quelle immagini in movimento, prima raccontate solo dalla voce della radio e ora anche trasmesse a video. Il sabato sera, per "tenere su" gli animi, i gestori preparavano una bevanda alcolica, la "lacrima calda" che chi l'ha provata oggi la ricorda ancora per il gusto forte e pastoso. In una tazza veniva messo un liquore che poi veniva fatto scaldare, fino a bollire nella caffettiera e poi servito.

Se i "pueret" potevano permettersi al massimo qualche bicchiere di vino e poi sigarette sfuse, chi stava un poco meglio riusciva anche a fermarsi a mangiare. E così gli impiegati dei primi istituti di credito gustavano cassoela, busecca, coniglio in salmì che Sunta preparava con abilità. A servire ai tavoli c'era un cameriere Giovanni Colombo che, pian piano, conoscendo le abitudini e i gusti dei clienti abituali era in grado di servirli senza che parlassero.
Nelle due sale, tra bar e osteria, c'era un gran via vai di gente a tutte le ore. Non si conosceva ancora il giorno di riposo e in base "ai programmi" spesso la chiusura avveniva a notte fonda mentre al mattino l'apertura era sempre all'alba per servire i primi che andavano nei campi a lavorare o nelle emergenti fabbriche.
Vicino all'osteria della Pianta c'era la fontana dell'acqua che serviva il quartiere attorno a Via Canepa. Nelle case, infatti, l'acqua corrente era ancora un miraggio e così la si andava a prendere direttamente in piazza.


All'angolo dell'edificio che ospitava scuole e ufficio postale erano "tirate", da una parente all'altra, due barre di ferro, lunghe un paio di metri. Questo angolo era il "parco giochi" di bambini e ragazzi. Su quelle tre pertiche orizzontali, infatti, riuscivano a fare acrobazie e "volteggi" da far girare la testa. I più grandi, invece, rimanevano con le gambe penzoloni per dei pomeriggi interi.
Dopo Sandrin e Sunta, che non avevano avuto figli, l'attività era terminata e nei locali aveva aperto "Pietro ortolano" boutique di frutta e verdura che per anni fece la differenza in quel settore continuando a mantenere anche le volte e in muratura e l'aspetto che aveva la taverna prima di trasformarsi in bottega.

Continua/36
Saba Viscardi
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