Risonanza M.N.: ecco perché deve arrivare anche al ‘Mandic’. Nonostante i pareri contrari e interessati dei privati accreditati

Al coro di voci a favore dell'installazione della Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) all'ospedale San Leopoldo Mandic di Merate ha fatto da contraltare l'intervento del dottor Mauro Viganò a commento di un nostro articolo pubblicato da un altro giornale locale. Se non incorriamo in un clamoroso caso di omonimia ci sembra che il dottor Viganò operi presso l'ospedale Fatebenefratelli San Giuseppe di Milano, una clinica privata accreditata e un poliambulatorio di Barzanò, anch'esso privato accreditato. Fossimo nei suoi panni ci sentiremmo un po' imbarazzati a giudicare, per di più negativamente, un investimento a favore di un presidio pubblico. Si tratta di una sottigliezza di buon gusto che evidentemente è ormai fuori moda. Ma a parte questo dettaglio vediamo concretamente perché il San Leopoldo Mandic ha pieno diritto di essere dotato di una RMN. L'analisi corre lungo tre percorsi: quello sanitario, quello economico e quello competitivo.


Sotto l'aspetto sanitario è vero che più della comodità conta la professionalità, ma come la mettiamo con i pazienti ricoverati al Mandic? Li trasferiamo ogni volta presso altri presidi dotati di RNM? Il dottor Viganò ragiona a nostro parere per luoghi comuni ma non si cala nella realtà di un presidio pubblico - che non è una multimedica dove le prestazioni sono elettive, ovvero programmate. Qui l'urgenza è quotidiana. Nel 2012 ben 108 pazienti di Merate sono stati trasportati a Lecco in ambulanza e spesso con l'assistenza di un infermiere. Con tutti i disagi conseguenti per il paziente, a volte in condizioni cliniche complesse, e i costi che ne derivano.


Ma è sotto l'aspetto puramente economico che il dottor Viganò sbaglia, puntando invece sul refrain del risparmio sui costi. Oggi presso il Mandic è attivo un contratto con una società che fornisce il servizio di RNM un giorno la settimana mediante una unità mobile (il cosiddetto "carrozzone"). Come dicevamo nel capitolo precedente ciò obbliga, nei casi improcrastinabili, l'invio del paziente in ambulanza presso il Manzoni di Lecco, con tutto quanto comporta tale trasferimento; ma a queste difficoltà si aggiunge il fatto che non tutti gli esami diagnostici possono essere effettuati sull'unità mobile (non può essere effettuata la diagnostica dei parenchimi, parti molli, stadiazione oncologica appropriata, esiti traumatici...). Per questi motivi nel 2012 sono stati trasportati a Lecco 33 pazienti neurologici e 75 per RMN addome, colangio RMN o altra RMN. Aggiungiamo la vergogna di trasportare il paziente in barella all'aperto, d'estate e d'inverno, sotto la pioggia o in mezzo alla neve dai reparti al piazzale ove sosta il mezzo mobile il cui accesso è reso possibile con salita sulla stretta scaletta. Cose davvero da paese in via di sviluppo. Vediamo quindi di tirare un po' le somme sempre basandoci sui dati 2012. In quell'anno sono stati effettuati 391 esami per pazienti ricoverati e 769 per pazienti ambulatoriali. Considerando, per gli esami a pazienti ricoverati, un'attesa media superiore di 2 giorni alle attese che si hanno per le richieste di esami effettuati presso il Manzoni di Lecco, possiamo considerare un allungamento di almeno 782 giorni di degenza che quantificate al costo di 640 euro/giorno comporta uno spreco potenziale annuo di circa 500mila euro. A questo "spreco" bisogna aggiungere il costo dell'unità mobile, 221mila euro l'anno e una stima di almeno 5mila euro per il trasporto dei pazienti a Lecco. Arriviamo quindi a un costo oggi sostenuto di 726mila euro. Se ipotizzassimo un numero di esami compreso tra 4.000 e 4.500 (di cui circa un migliaio per pazienti ricoverati) il costo relativo di un service (RNM installata in reparto) può aggirarsi sugli 800mila euro l'anno. In definitiva avremmo un bilancio con costi emergenti pari a 800mila euro e costi cessanti pari a 726mila euro. Una differenza di 70mila euro per offrire un servizio immediato, privo di difficoltà per pazienti e personale, sicuramente di elevata qualità, capace di aumentare l'attrazione del San Leopoldo Mandic rispetto a strutture sanitarie dotate di RNM.


E qui veniamo al terzo percorso della nostra breve analisi. Quanti ospedali attorno al Mandic sono dotati di RMN? Il Manzoni di Lecco, il presidio di Vimercate e tutti gli altri grandi ospedali di Como, Monza e Bergamo. E fin qui nulla di cui stupirsi. Ma ci si stupisce invece che la RNM sia funzionante presso ospedali privati accreditati di dimensioni ben inferiori al San Leopoldo Mandic: per esempio il Fatebenefratelli di Erba, Sacra Famiglia, con 188 posti accreditati contro i 360 del presidio meratese; l'ospedale Sant'Antonio Abate di Cantù, con 130 posti letto; il policlinico San Pietro che nel lontano aprile 2010 ha installato una "Siemens Magneton Essenza (1,5 tesla), a noi ignota ma dicono gli esperti, altamente sofisticata. In Valtellina dispongono di una RMN l'ospedale di Sondrio e il presidio di Sondalo che ne ha installata una aperta, decisamente da preferire al sarcofago chiuso. E l'elenco potrebbe continuare. Sono ancora i numeri a fare giustizia: nel 2012 i cittadini del distretto di Merate si sono sottoposti a 10.064 Risonanze, meno di 2.000 sono state effettuate presso Mandic e Manzoni. Le prestazioni erogate da privati "religiosi" della provincia di Lecco sono state 1.333; 2.351 da istituti non religiosi ma esterni all'azienda ospedaliera lecchese; 1.245 da strutture pubbliche della provincia di Monza e Brianza; 2.154 da cliniche private del medesimo ambito territoriale sanitario; 1.025 presso strutture bergamasche. Come si vede un'emorragia di denaro che somiglia a un vero e proprio fiume. Ci deve spiegare quindi il dottor Viganò perché a Erba sì e a Merate no. Perché persino lo studio di radiologia "Ellisse" di Cernusco Lombardone, privato accreditato, è in grado di erogare con successo alcune tipologie di esami con la Risonanza magnetica articolare! E l'imponente San Leopoldo Mandic no. Ma non è ovviamente con l'illustre epatologo e gastroenterologo che si deve discutere. La sua è una opinione legittima e rispettabile. Come quella del dottor Piero Caltagirone che ha avviato la richiesta nel lontano 2005, inutilmente sostenuta dal dottor Ambrogio Bertoglio e oggi dal dottor Mauro Lovisari. Tre top manager che certo conoscono molto bene la struttura ospedaliera e le sue necessità. E' con la Regione che si deve discutere e alzare la voce.


In questo momento dobbiamo confidare nella dottoressa Giuseppina Panizzoli che regge le sorti dell'azienda ospedaliera della provincia di Lecco, almeno fino al 30 settembre. Lovisari si era impegnato a fondo per dotare il Mandic di RNM. Siamo certi che la Panizzoli farà altrettanto attraverso una prossima gara, forte del prestigio di cui sicuramente gode presso la Regione dalla quale proviene e che l'ha nominata, non certo per caso, alla guida dell'A.O. Lecchese.

Da parte nostra mai verrà meno la partecipazione a questa "battaglia" che purtroppo ancora una volta vede latitanti i sindaci. Ma pazienza. Se capiterà a uno di loro di attraversare il piazzale in barella sotto la pioggia per raggiungere il carrozzone probabilmente si iscriverà d'ufficio al gruppo combattenti, che credono all'urgenza di dotare l'ospedale di Merate della Risonanza Magnetica. Senza troppi ragionamenti fumosi.


P.S. I dati sopra riportati sono estrapolati da uno studio svolto nel 2013 dalla direzione sanitaria aziendale. Giusto per non dubitare della loro autenticità
Claudio Brambilla
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