
La direttrice del carcere di Pescarenico Antonina D’Onofrio e il presidente della Commissione I Stefano Angelibusi
Lecco spesso viene descritta come una sorta di isola felice ma raramente la realtà è così idilliaca e spesso il nostro territorio non si sottrae a quelle problematicità che si presentano a livello nazionale. Così è per la casa circondariale di Pescarenico, le cui difficoltà sono state esposte dalla direttrice Antonina D'Onofrio nel corso della convocazione della commissione consigliare I "Affari istituzionali e organizzativi, decentramento e partecipazione, sicurezza territoriale" convocata per discutere dell'istituzione della figura del Garante dei diritti delle persone limitate nella libertà nella serata di oggi, venerdì 5 novembre. L'istituto penitenziario di Lecco ha una capienza di 60 detenuti uomini ed una capienza tollerabile di 82 detenuti; ad oggi ne ospita 71. Gli imputati sono 20, gli appellanti 3, i ricorrenti 8 e i condannati in via definitiva sono 40. E' in regime di semilibertà 1 detenuto extracomunitario ed un altro extracomunitario è un articolo 21 O. P. Teoricamente la casa circondariale di Lecco potrebbe ospitare solo chi commette reati comuni quali la violazione della legge sugli stupefacenti, furti e rapine ma di recente sono stati inseriti anche detenuti per reati a sfondo sessuale.
"I detenuti che hanno commesso reati di tipo sessuale ed i detenuti molto giovani costituiscono un problema poiché devono essere tenuti separati dagli altri soprattutto i primi poiché sono situati in fondo alla gerarchia carceraria. Il tutto è aggravato dal sovraffollamento " ha spiegato la direttrice D'Onofrio.

La popolazione carceraria di Pescarenico
Gli extracomunitari sono tra i 15 ed i 25 mentre gli italiani detenuti sono sempre più giovani. La maggior parte di questi ultimi proviene dal territorio lecchese e spesso ha problemi di natura personale, familiare e sociale che richiedono l'intervento di professionalità che la casa circondariale non dispone. Fino al 2008 l'Amministrazione Penitenziaria assumeva i medici che operavano all'interno della struttura, dal 2008 la competenza è passata all'Azienda Ospedaliera di Lecco che fornisce uno psichiatra ed uno psicologo e assistenza sanitaria tra le 8 e le 10 ore quotidianamente. Sarebbe necessaria, secondo la Direttrice, un'equipe addetta all'accoglienza ed all'inserimento in carcere, soprattutto nei casi in cui si tratta della prima carcerazione. Infatti in questi casi le prime 48 ore sono particolarmente critiche e ad elevato rischio suicidi. E' inoltre aumentata la problematica della tossicodipendenza, anche perché molti detenuti arrestati per rapine o furti hanno agito in tal senso per procurarsi o finanziarsi la droga. I detenuti tossicodipendenti sono sottoposti a trattamento metadonico tramite il SERT di Lecco e sono seguiti dagli operatori penitenziari e dai servizi sociali. A breve presso la casa circondariale partirà inoltre un nuovo servizio per le dipendenze ovvero il servizio multidisciplinare integrato Broletto, riconosciuto dalla ASL di Lecco. Molti dei detenuti tossicodipendenti però, dopo la scarcerazione, sono tornati in carcere, poiché spesso le famiglie non sono disposte a riaccoglierli per problemi economici o familiari. In questa situazione di evidente necessità
"c'è carenza di risorse economiche e di polizia penitenziaria, teoricamente il rapporto agenti- detenuti dovrebbe essere di 1 a 1, nella realtà è inferiore al 50%. Fino ad alcuni anni fa ogni giorno il costo per detenuto era di 350€, attualmente il costo è sceso a 150€ ma questo contenimento non è dovuto a una nuova organizzazione, piuttosto è legato alla carenza di personale". Alla riduzione delle risorse è legata la famosa evasione dei due detenuti ad agosto.
"L'istituto è stato ristrutturato e al suo interno sono stati installati sistemi di sicurezza particolarmente sofisticati. Proprio perché utilizzano tecnologie avanzate hanno bisogno di attività di manutenzione che però, per decisioni prese dagli uffici centrali, sono state tagliate. Gli strumenti quindi non funzionavano, cosa che ho segnalato a più riprese da quattro anni a questa parte, l'ultima volta proprio a luglio. Si poteva sopperire a ciò con le risorse umane che, complici le ferie che ho voluto rispettare perché non si può sempre far lavorare le stesse persone, non possedevamo. Sarebbe bastato un agente in più a far da sentinella, ma quell'agente non c'era, anche perché c'erano quel giorno due detenuti da sorvegliare per dei motivi di salute molto seri. In questi momenti purtroppo ci si trova a dover scegliere tra tutelare la salute e tutelare la sicurezza. Ho cercato di bilanciare tra i due, ad avere la sfera magica avrei potuto scegliere diversamente, ma la situazione che stavamo affrontando quel giorno era particolarmente grave. Voglio però sottolineare che a Lecco dovrebbero trovarsi solo detenuti con pene inferiori ai 3 anni, e così non è stato per uno dei due fuggitivi. Con questa carenza di risorse economiche e di personale siamo sotto i livelli minimi di sicurezza e non c'è benessere per chi lavora in carcere" ha spiegato la dottoressa D'Onofrio. Un tema purtroppo all'ordine del giorno sono gli atti di autolesionismo in carcere.
"Pescarenico è una realtà piccola e soprattutto puntiamo molto sul tutelare la dignità delle persone. Ad esempio ogni cella ha i propri servizi, fondamentale in tal senso. Ci sono però altri ordini di problemi, ad esempio abbiamo rischiato di dover evacuare l'istituto perché il gruppo elettrogeno non funzionava". Un contributo importante alla gestione della casa circondariale è fornito dai 5 volontari che, nei giorni prefissati si recano presso la struttura di Pescarenico.

Sullo sfondo l'ingresso del carcere
"Siamo in 5, due addetti alla biblioteca e gli altri, un gruppo consolidato, al guardaroba. Inoltre ogni domenica viene un gruppo diverso dalle varie parrocchie per animare la messa. Il nostro obiettivo è quello di garantire a tutti le prime necessità. Ad esempio il nostro fiore all'occhiello è che noi forniamo, a qualsiasi detenuto lo chieda, della biancheria intima nuova perché vogliamo che i detenuti possano mantenere il proprio decoro. Cerchiamo di intervenire procurando francobolli, qualche pacchetto di sigarette a volte qualche ricarica telefonica perché l'istituto non può mettere un proprio telefono a disposizione dei detenuti. Settimana scorsa è uscito un detenuto che non aveva nemmeno i soldi per prendere il biglietto del treno, e lì per forza bisogna intervenire, anche se noi stessi abbiamo sempre le casse in rosso" ha spiegato Giuseppe Pizzagalli. Il problema dei soldi è presente e vivo tra i detenuti. A Pescarenico è possibile lavorare all'interno del carcere ma, non essendoci laboratori, i lavori disponibili si riducono al fare le pulizie e cucinare. I detenuti che desiderano lavorare devono così iscriversi ad una graduatoria e, una volta scelti in base ad alcuni parametri quali il reddito e il carico familiare, lavorano a rotazione per percepire un reddito da cui vengono comunque sottratti i contributi. All'interno del carcere i detenuti che lo desiderano possono inoltre avere un'istruzione che può essere quella dell'obbligo o l'alfabetizzazione per gli extracomunitari; coloro che desiderano seguire altri corsi, come può essere il liceo scientifico o classico, possono fare richiesta di spostamento presso altri istituti che forniscono questi corsi, mentre per quanto riguarda l'università sono le commissioni d'esame a trasferirsi presso i carceri per permettere al candidato di sostenere gli esami. A Lecco solo un detenuto segue realmente alcuni corsi, mentre hanno un elevato tasso di partecipazione i corsi di alfabetizzazione poiché gli stranieri vogliono imparare l'italiano. Per affrontare alcuni di questi problemi Lecco potrebbe dotarsi, come ormai è avvenuto presso molte case circondariali, di un garante per i diritti dei detenuti.
"Si tratterebbe - ha spiegato la dottoressa D'Onofrio -
di una figura con funzioni di tutela delle persone private o limitate della libertà personale, una sorta di difensore civico per i detenuti nei loro rapporti con l'amministrazione penitenziaria e con l'esterno. Il ruolo del garante potrebbe costituire un valido aiuto sia per il detenuto con dipendenze che per la famiglia di origine soprattutto se questa ha problemi economici o di altro genere perché, in collaborazione con l'istituto e con gli enti che operano sul territorio, potrebbe trovare delle soluzioni adeguate. Inoltre potrebbe agevolare il contatto affettivo tra il detenuto e la famiglia, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con i figli. A Lecco, in totale, sono 45 i figli dei detenuti in età minore, di cui 18 sono italiani. Ad esempio il garante, in collaborazione con gli enti preposti, potrebbe andare incontro alle famiglie di questi detenuti con un buono per l'acquisto dei libri dei figli, per far si che questi ultimi non siano in un ulteriore condizione svantaggiata a scuola". In sostanza il garante è una figura monocratica di natura istituzionale a cui il detenuto può rivolgersi in caso di doglianze. Poiché la realtà lecchese non manifesta una simile necessità il garante assumerebbe altre funzioni, ovvero diverrebbe una figura di supporto all'intera organizzazione e che agevoli i contatti tra problematiche del detenuto e realtà esterna. Inoltre può verificare le condizioni di inserimento nella società e svolgere attività di sensibilizzazione pubblica. Un'ulteriore funzione che potrebbe svolgere è quella di prevenzione.
"Attraverso alcuni incontri ci siamo accorti che ormai i ragazzini di 13 anni hanno provato di tutto: alcol, droghe e bullismo. Bisogna arginare il fenomeno prima che dilaghi. Quando un diciottenne entra in carcere è sempre un'esperienza devastante che è fondamentale prevenire ed evitare. E non dobbiamo pensare che Lecco sia salva, perché questo è un fenomeno che non riguarda solo le grandi città ma ormai è ovunque, si pensi ai fenomeni di risse e accoltellamenti. Attualmente io mi reco nelle scuole assieme al cappellano, alla psicologa ed al comandante della casa circondariale e successivamente all'incontro a scuola i ragazzi, in gruppo, possono visitare il carcere e vedere i detenuti che hanno dato il proprio consenso" ha commentato la dottoressa D'Onofrio. Il garante si recherebbe presso l'istituto penitenziario in determinati giorni ed in fasce orarie prestabilite. Questa figura, la cui creazione non è obbligatoria, può essere istituita sia dalla Regione, che dalla Provincia, che dal Comune e si tratta di una persona terza che può essere volontaria oppure retribuita. Ad esempio a Milano esiste un garante per le tre case circondariali esistenti. Adesso la palla passa alla Commissione I che, dopo una consultazione con la Commissione III e V ed una probabile visita alla casa circondariale, deciderà se attivare questa figura, individuerà i criteri che guideranno l'azione del garante ed infine il compenso.