Merate: Domenico Brasca, 100 anni di cui 75 vissuti con Claudia Teruzzi. Storia di un amore unico, senza fine
Oggi è stato un giorno speciale per Domenico e Claudia. Non uno come tanti, con gli stessi affanni o le stesse gioie di sempre. No, oggi è stato un giorno unico, di quelli che restano degli annali della famiglia, da tramandare a nipoti e ancora più in là.
Il 2 luglio del 1913 nasceva a Monza Domenico Brasca. Un traguardo quello del secolo tagliato, pur con qualche acciacco, con una forza ancora invidiabile e una "cera", come si direbbe in linguaggio popolare, di almeno vent'anni più giovane. Ma per Domenico questo traguardo corona quello festeggiato giusto tre giorni fa, il 29 giugno, ricorrenza di San Pietro e Paolo. Quel giorno di 75 anni fa si univa in matrimonio con Claudia Teruzzi, classe 1917.
Ancora oggi quelle mani rugose, segnate dalle macchie dell'età, dalle vene più pronunciate, dalle dita che diventano ricurve quasi a sembrare degli uncini, si stringono con un affetto e con un vigore che non sono quelli dei muscoli ma quelli del cuore.
Nato nel quartiere San Biagio, Domenico ha vissuto entrambe le guerre. La prima, quando era ancora bambino, e che lui annovera comunque nel suo "curriculum" e la seconda, purtroppo, da protagonista, finendo prigioniero di tedeschi e americani. Un'esperienza che ancora oggi, seduto sulla sedia a rotelle accanto a quella della sua Claudia, ricorda con qualche breve ma intenso aneddoto. "Ho viaggiato in Sicilia, Sardegna, Corsica sulle navi" racconta non senza suscitare una vena di simpatia per queste sue "vacanze forzate" tra le isole più belle del Mediterraneo. Tra i primi a "mangiare la cicca americana", a casa aveva lasciato la sua giovane sposa, portata all'altare il 29 giugno del 1938 nella chiesa di Monza. Un legame nato presto, quando Claudia aveva solo 15 anni, coltivato per sei anni e poi coronato con il matrimonio. Carrozziere esperto, attaccato al lavoro Domenico aveva rinunciato al viaggio di nozze per non deludere le aspettative dei suoi clienti. "C'erano tante macchine da consegnare, il lavoro era veramente troppo e non ci si poteva fermare. Così ci siamo sposati e abbiamo fatto solo il banchetto" ha ricordato con la voce roca ma ferma e decisa "niente viaggio di nozze, non c'era il tempo". Persona allegra e gioviale, abituata a stare in mezzo alle persone, diversamente dalla moglie Claudia, più solitaria e dedita alla cura della casa e dei tre figli, Domenico non ha mai perso la vitalità nemmeno all'arrivo della pensione e degli acciacchi. Fino a quando le gambe glielo hanno permesso, Domenico ha percorso chilometri e chilometri in bicicletta: a 95 primavere compiute aveva fatto Muggiò-Merate andata e ritorno, fino a ridurre le uscite a Madonna del bosco o fino alla stazione per poi prendere il treno e fare tappa nel milanese.
Amante del ballo, non ha mai lesinato qualche mazurka nel parco di Monza o durante i soggiorni estivi organizzati dalla struttura Leoni dove ha soggiornato per un certo periodo. A ricordarlo al Circolo lavoratori di Monza sono stati i "reduci" di quello che era un ritrovo molto frequentato per quegli anni e che per il suo secolo di vita non hanno mancato di recapitargli una pergamena.
Vissuti a Monza e poi a Muggiò vicino ai parenti, i due si sono trasferiti a Merate, paese di residenza di una figlia, presso la rsa del Frisia.
Oggi con i tre figli (Pinuccia, Angelo e Paola), i quattro nipoti e i tre pronipoti, gli ospiti e tanti amici, il taglio della torta è stato per ricordare i due anniversari: quello dei cento anni ma soprattutto quello dei 75 trascorsi assieme.
Un miraggio o forse un miracolo verrebbe da dire oggi. Ma per Domenico e Claudia, e per i loro figli, queste nozze rappresentano un legame fortissimo, andato oltre gli anni, gli acciacchi, le difficoltà e ancora oggi più forte delle loro stesse fragili esistenze, più coriaceo di quella salute tanto delicata come un filo di seta tessuto al telaio da mani inesperte. Oggi, seduti vicini, senza parlarsi ma solo sfiorandosi le mani o afferrando qualche parola detta a voce alta o biasciata nella debolezza del fisico, sanno che l'altro c'è. E questo a loro basta.
Il 2 luglio del 1913 nasceva a Monza Domenico Brasca. Un traguardo quello del secolo tagliato, pur con qualche acciacco, con una forza ancora invidiabile e una "cera", come si direbbe in linguaggio popolare, di almeno vent'anni più giovane. Ma per Domenico questo traguardo corona quello festeggiato giusto tre giorni fa, il 29 giugno, ricorrenza di San Pietro e Paolo. Quel giorno di 75 anni fa si univa in matrimonio con Claudia Teruzzi, classe 1917.
Domenico e Claudia il giorno del loro matrimonio
Ancora oggi quelle mani rugose, segnate dalle macchie dell'età, dalle vene più pronunciate, dalle dita che diventano ricurve quasi a sembrare degli uncini, si stringono con un affetto e con un vigore che non sono quelli dei muscoli ma quelli del cuore.
Nato nel quartiere San Biagio, Domenico ha vissuto entrambe le guerre. La prima, quando era ancora bambino, e che lui annovera comunque nel suo "curriculum" e la seconda, purtroppo, da protagonista, finendo prigioniero di tedeschi e americani. Un'esperienza che ancora oggi, seduto sulla sedia a rotelle accanto a quella della sua Claudia, ricorda con qualche breve ma intenso aneddoto. "Ho viaggiato in Sicilia, Sardegna, Corsica sulle navi" racconta non senza suscitare una vena di simpatia per queste sue "vacanze forzate" tra le isole più belle del Mediterraneo. Tra i primi a "mangiare la cicca americana", a casa aveva lasciato la sua giovane sposa, portata all'altare il 29 giugno del 1938 nella chiesa di Monza. Un legame nato presto, quando Claudia aveva solo 15 anni, coltivato per sei anni e poi coronato con il matrimonio. Carrozziere esperto, attaccato al lavoro Domenico aveva rinunciato al viaggio di nozze per non deludere le aspettative dei suoi clienti. "C'erano tante macchine da consegnare, il lavoro era veramente troppo e non ci si poteva fermare. Così ci siamo sposati e abbiamo fatto solo il banchetto" ha ricordato con la voce roca ma ferma e decisa "niente viaggio di nozze, non c'era il tempo". Persona allegra e gioviale, abituata a stare in mezzo alle persone, diversamente dalla moglie Claudia, più solitaria e dedita alla cura della casa e dei tre figli, Domenico non ha mai perso la vitalità nemmeno all'arrivo della pensione e degli acciacchi. Fino a quando le gambe glielo hanno permesso, Domenico ha percorso chilometri e chilometri in bicicletta: a 95 primavere compiute aveva fatto Muggiò-Merate andata e ritorno, fino a ridurre le uscite a Madonna del bosco o fino alla stazione per poi prendere il treno e fare tappa nel milanese.
Domenico e Claudia, con le figlie Pinuccia e Paola e il pronipote Simone
Amante del ballo, non ha mai lesinato qualche mazurka nel parco di Monza o durante i soggiorni estivi organizzati dalla struttura Leoni dove ha soggiornato per un certo periodo. A ricordarlo al Circolo lavoratori di Monza sono stati i "reduci" di quello che era un ritrovo molto frequentato per quegli anni e che per il suo secolo di vita non hanno mancato di recapitargli una pergamena.
Vissuti a Monza e poi a Muggiò vicino ai parenti, i due si sono trasferiti a Merate, paese di residenza di una figlia, presso la rsa del Frisia.
Oggi con i tre figli (Pinuccia, Angelo e Paola), i quattro nipoti e i tre pronipoti, gli ospiti e tanti amici, il taglio della torta è stato per ricordare i due anniversari: quello dei cento anni ma soprattutto quello dei 75 trascorsi assieme.
Un miraggio o forse un miracolo verrebbe da dire oggi. Ma per Domenico e Claudia, e per i loro figli, queste nozze rappresentano un legame fortissimo, andato oltre gli anni, gli acciacchi, le difficoltà e ancora oggi più forte delle loro stesse fragili esistenze, più coriaceo di quella salute tanto delicata come un filo di seta tessuto al telaio da mani inesperte. Oggi, seduti vicini, senza parlarsi ma solo sfiorandosi le mani o afferrando qualche parola detta a voce alta o biasciata nella debolezza del fisico, sanno che l'altro c'è. E questo a loro basta.
Saba Viscardi