Lecco, processo Ilexport. Gli imputati accusati di truffa alla Regione. La difesa: Paolo Galbiati in aula per un errore giudiziario

Il tribunale di Lecco
Il processo Ilexport si avvia verso la conclusione. È terminata infatti la fase istruttoria e il giudice Rossato ha dato oggi la parola a pubblico ministero, parte civile e difesa degli imputati.
Il Vpo Pietro Bassi nella sua requisitoria ha ricordato come l'input alle indagini sia stata la denuncia presentata da Giacomo Mezzera, ex collaboratore del consorzio, che visionando le relazioni relative alle attività all'estero dell'ente tra gli anni 2004-2008 aveva ritrovato delle sintesi redatte da lui stesso ma una decina di anni prima. Con un copia e incolla i testi erano stati "riadattati" senza però che venissero quantomeno sistemati gli incisi storici e politici che definivano un periodo particolare della storia di quel Paese. "Per ottenere le elargizioni pubbliche dal 2004 al 2006" ha ricostruito il PM "vengono usate le relazioni del Mezzera. La procura incarica la Guardia  di Finanza di fare degli accertamenti e vengono così ricostruiti i vari passaggi. Alla fine la somma che eventualmente sarebbe stata acquisita  indebitamente da Ilexport si aggirerebbe attorno ai 37mila euro, massimo 50mila". Al termine della sua requisitoria il dr. Bassi ha ritenuto di chiedere una condanna per tutti gli imputati per il capo di accusa della truffa aggravata in concorso, dettagliando come segue le pene:
-          considerando le generiche e la continuazione 3 anni e 4 mesi per Danilo Tizzoni (presidente), Giuseppe Colombo (presidente), Giorgio Corti (revisore dei conti)
-          considerando le generiche 2 anni e 4 mesi per Paolo Galbiati (direttore), Maria Cristina Saverio (contabile), Monica Cameroni (socia e legale rappresentante, figlia di Natale, direttore del consorzio scomparso tragicamente nell'incidete aereo di Linate), Jessica Locatelli (socia accomandataria)
La parola è poi passata all'avvocato Angelillo rappresentante della parte civile Giacomo Mezzera. "In qualità di dipendente, rifacendosi agli articoli 2104 e 2105 del codice civile" ha esordito il legale "il signor Mezzera era tenuto a operare con diligenza e scrupolo ma anche a esercitare il principio di fedeltà con l'obbligo di segnalare eventuali connivenze. Il mio cliente ha così avuto un atteggiamento encomiabile ma per questo ha subito delle intimidazioni". Ritenendo come unico escluso il revisore dei conti Giorgio Corti dall'elenco degli imputati, ritenuti a suoi dire responsabili, l'avvocato Angelillo ha chiesto 60mila euro di danni a copertura anche dei 6 mesi in cui Mezzera ha avuto lo stipendio bloccato.
Breve e sintetica l'arringa della dottoressa Rosanna Pontieri,  intervenuta  in rappresentanza della  Regione Lombardia. "Gli imputati hanno prodotto fatture per contributi dietro le quali non c'erano attività" ha spiegato "il consorzio si è così indebitamente arricchito a danno della Regione Lombardia. Per questa ragione ravvisiamo la responsabilità penale  degli imputati e chiediamo la restituzione dei 37mila euro indebitamente ricevuti come rimborso e 40mila  euro quale danno di immagine".
Primo avvocato della difesa a prendere la parola è stato Fumagalli in rappresentanza del revisore dei conti Giorgio Corti. Facendo riferimento alla riforma della società e alla normativa in materia, che non individuano nei sindaci e nei revisori alcun potere impeditivo, e ravvisano una responsabilità omissiva solamente quando  la condotta del partecipe sia colposa, il legale ha sottolineato come l'attività del Corti si fosse conclusa prima del periodo "incriminato" e che  lo stesso non potesse comunque avere una possibilità di controllo sul "taglia e incolla". Consequenziale  quindi la richiesta di assoluzione per insussistenza del reato o in subordine l'estinzione dello stesso per intervenuta prescrizione.
Paolo Galbiati
Calendarizzando la prossima udienza per il 15 aprile il magistrato giudicante ha passato la parola all'avvocato Maria Luisa Galbiati, difensore di cinque imputati, che nella sua appassionata, dettagliata e puntuale arringa è partita da Paolo Galbiati, ex direttore del consorzio, e figura che secondo la linea difensiva si è trovata coinvolta nella vicenda per un mero, quanto grave, presunto errore giudiziario. Il dr. Paolo Galbiati è stato direttore di Ilexport da maggio 2001 a marzo 2005. In questi anni l'attività del consorzio si è caratterizzata, attraverso proprio la figura del direttore, per l'organizzazione di attività promozionali, la comunicazione delle stesse, la partecipazione a missioni, fiere e mercati esteri, nonché la gestione del personale e il controllo amministrativo dell'ente. Il direttore Galbiati, come spiegato in maniera esaustiva dall'avvocato, così come il direttore Perego non avevano mai sottoscritto progetti o rendicontazioni che poi venivano presentati in Regione poiché questo era compito del presidente del consorzio e del presidente dei revisori. Il personale preparava la documentazione per la partecipazione al bando e i direttori si "limitavano" a controllare la corrispondenza con i requisiti richiesti, facendo poi da interlocutori ma chiedendo la firma al presidente. Una firma dunque che l'imputato non avrebbe potuto né materialmente né ideologicamente apporre in quanto non titolare e non in possesso del potere per rendere tale documentazione valida agli occhi della Regione. "Ad ammettere l'errore" ha spiegato l'avvocato Galbiati "è stata la stessa Guardia di Finanza nelle annotazioni del 22 aprile 2008 quando dice testualmente per proprio errore è stato indicato alla procura della Repubblica che la rendicontazione era stata sottoscritta da Galbiati Paolo.  Il problema" ha  proseguito "è che l'errore è stato ripetuto e fa riferimento a tutte le lettere di trasmissione da Ilexport alla Regione. Per tutti i progetti dal 7 al 14, da quello relativo all'industrializzazione fino a quelli sulla Russia, la Svezia, l'Ucraina e la Polonia la Guardia di Finanza qualifica rendicontazione ciò che invece è solamente una lettera di trasmissione e di accompagnatoria alla rendicontazione vera e propria sottoscritta dal presidente del consorzio e dal presidente del collegio dei revisori. Galbiati si trova imputato per un errore nella qualificazione di una lettera di trasmissione. Se altrimenti passasse la linea dell'accusa qui dovrebbe esserci anche il direttore Perego che invece è stato chiamato solamente in qualità di testimone. Siamo di fronte a un dato oggettivo: un reato è stato addebitato a un soggetto che non poteva commetterlo né materialmente né ideologicamente".  

Secondo imputato per il quale l'avvocato Galbiati si  è spesa con grande passione nella sua arringa, è stato il presidente Danilo Tizzoni accusato di truffa aggravata in concorso e di falsità ideologica per dichiarazioni mendaci che, secondo l'impianto accusatorio, avrebbe reso durante la sua presidenza contestualizzata tra il 14 marzo 2001 e il 31 marzo 2004. Una presidenza avvenuta su mandato elettivo con diritto/dovere di sottoscrivere gli atti con i revisori e con la funzione di mantenere i rapporti con gli enti per promuovere l'oggetto sociale del consorzio. Se da una parte il consiglio direttivo prendeva decisioni dall'altra l'operatività di Ilexport avveniva tramite viaggi studio e fiere del settore, accompagnando l'imprenditore affiliato al consorzio in tutti i passaggi di queste esposizioni. Il presidente Tizzoni sottoscriveva dunque gli atti che gli competevano sul prodotto di queste attività, rappresentava il consorzio, presiedeva il CdA e l'assemblea. Una carica che Tizzoni aveva ricevuto a seguito della morte del cavaliere Battiston, avvenuta nel 2000.
Se questi illustrati finora sono stati i rapporti tra il presidente e l'ente, ci sono stati anche i rapporti con i fornitori. Tizzoni infatti aveva la facoltà di sottoscrivere contratti e mandati di pagamento finiti sotto  la lente di ingrandimento della  Guardia di Finanza. In particolare i controlli sono stati focalizzati dapprima su tre società, elencate nella denuncia di Mezzera, e poi solamente su due. Con queste Ilexport ha avuto un regolare contratto per la fornitura di servizi quali ricerche di mercato, traduzioni, fiere. Attività tutte rendicontate e per le quali, ha affermato l'avvocato, "non si può ravvisare un dolo specifico. Le fatture sono state pagate e le attività mai contestate dai consorziati. Dove sarebbero allora i raggiri e gli artifizi che la procura indica quali attività mai esistite? Dov'è l'opera sulla realtà esterna che avrebbe creato falsa identità inducendo la Regione in errore e portando a un contributo non dovuto? Tra l'altro" ha proseguito "se ci fosse stato uso di documenti falsi e il contributo fosse giunto a seguito di questi atti fasulli allora non saremmo in presenza di una truffa aggravata, quale è l'accusa mossa ai miei assistiti, ma di un 316 ter (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato) . Servirebbe inoltre la volontà di Tizzoni di essere consapevole della truffa messa in atto e dell'ingiustizia sul profitto che ne sarebbe derivata. Mentre invece la coscienza e la volontà di Tizzoni erano quelle di aderire al dettato del consiglio direttivo. Nel nostro caso la fattura diventa prova del negozio che si è verificato, a conferma che Tizzoni ha agito correttamente, attenendosi alle indicazioni e accertandosi che i progetti venissero realizzati". Per queste motivazioni l'avvocato ha chiesto l'assoluzione nella formula più ampia dal reato previsto dal 640bis e per non aver commesso il fatto e non avere responsabilità nella truffa aggravata in concorso.
Per quanto riguarda la falsità ideologica contestata sempre a Tizzoni che, per l'accusa, "in qualità di presidente con più azioni e in tempi diversi rilasciava dichiarazioni mendaci alla Regione per ottenere contributi", l'avvocato Galbiati ha spiegato come dal 3 marzo 2009 e fino al 27 febbraio 2004 l'imputato avesse attestato nei documenti prodotti in questo periodo come  le spese sostenute nel rendiconto corrispondessero fedelmente ai costi sostenuti. "Queste falsificazioni non ci sono a monte" ha concluso "sono state smentite dagli stessi testimoni poiché le spese rendicontate rappresentavano i costi e gli esborsi con tanto di fatture a comprovare i pagamenti". Anche per questo capo di accusa a carico di Tizzoni, l'avvocato ha chiesto l'assoluzione con la formula più ampia o, in subordine, la prescrizione dei fatti.
L'udienza con le restanti arringhe difensive ed eventuali repliche è stata aggiornata al 15 di aprile.
Saba Viscardi
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