La vera storia dei vitalizi
La norma 'anti Fiorito' l’ha fatta il Parlamento, non il Governo e l’ha fatta raccogliendo, nelle persone dei relatori, l’esito unitario di un confronto interno alla maggioranza e della maggioranza con il Governo.
La stampa seria dovrebbe rilevare il notevole passo in avanti fatto, grazie soprattutto al lavoro dei deputati, nell'opera di contenimento dei cosiddetti 'costi della politica' e non continuare a mistificare la realtà.
Innescata dai giornali della destra e ripresa da altri quotidiani, circola ormai diffusamente una versione distorta della vicenda dei vitalizi ai consiglieri regionali, in riferimento al decreto-legge 174/2012 del Governo, approvato dalla Camera il 13 novembre scorso con la presunta complicità dei due relatori, gli on.li Ferrari (PD) e Moroni(FLI) rei di aver introdotto le modifiche incriminate. Per amore della verità e della correttezza dell’informazione è necessario fare una premessa: il 14 settembre dello scorso anno, il Parlamento convertiva, con modifiche, il decreto-legge 138 del 13 agosto 2011(d’ora in poi, ‘decreto Tremonti’). Quel decreto, all’articolo 14, prevedeva (alla lettera a) la riduzione del numero dei consiglieri regionali, rapportato a fasce di popolazione, e (alla lettera f) stabiliva “il passaggio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri reionali”.
Faccio notare: dalla prossima legislatura.
Riguardo al nuovo decreto: il testo originario del Governo, al comma 2 dell’articolo 2, prevede che le Regioni che non si siano adeguate al decreto Tremonti e solo “fino all’adeguamento”, possano corrispondere trattamenti pensionistici o vitalizi alle nuove condizioni dei sessantasei anni di età e dei dieci anni di mandato consiliare. Aggiunge anche il decreto, in un inciso, che comunque vale “in ogni caso, l’abolizione dei vitalizi già disposta dalle Regioni”, poiché evidentemente la richiesta di fare il passo in avanti richiesto dal decreto Tremonti non riguarda quelle Regioni che ne hanno fatti due, abolendo addirittura l’istituto del vitalizio. Ribadisco le due condizioni poste dal testo originario del decreto: le nuove norme, più onerose, per accedere all’erogazione del vitalizio dei consiglieri regionali si applicano solo in via transitoria (“fino all’adeguamento da parte delle Regioni a quanto ivi previsto”, dal decreto Tremonti) e il riconoscimento della scelta fatta da alcune Regioni che, andando oltre la lettera f) dell’articolo 14 del decreto Tremonti, abbiano abolito i vitalizi. Ricordo anche che il Governo aveva accompagnato l’approvazione del decreto con una certa enfasi: il provvedimento, si disse, avrebbe anche impedito l’accesso al vitalizio a quei consiglieri regionali che si erano resi responsabili delle malversazioni emerse sulla stampa nelle settimane precedenti. Insomma, come scrisse la stampa, era una norma 'anti Fiorito'. Nobile proposito e provvedimento necessario, salvo che, facendo una rapida verifica sul numero delle Regioni che non avevano ancora ottemperato a quanto richiesto dal decreto Tremonti, scoprimmo ben presto che si trattava di una norma inefficace e che, con essa, nessun Fiorito sarebbe stato colpito e nessuno avrebbe aspettato sessantasei anni per accedere al vitalizio. Ciò perché, tra Regioni che hanno deliberato il passaggio al contributivo (comunque dalla prossima legislatura, come previsto dal decreto Tremonti) e Regioni che hanno fatto il passo successivo dell’abolizione del vitalizio, restava in campo, interessata al decreto, la sola Valle d’Aosta. La puntigliosa ricostruzione serve per arrivare al cuore politico della questione: che fare di una norma che era palesemente inefficace per raggiungere il risultato che si proponeva? Se vivessimo in un Paese normale, con una opinione pubblica severa ma rispettosa della verità, quella norma avrebbe dovuto essere abrogata. Il fatto che non si sia fatta quella scelta legittima e doverosa, ma che si sia mantenuta la norma per il timore che abrogando quel riferimento ai sessantasei anni, che porta le condizioni di accesso al vitalizio al livello di quanto previsto nella riforma Fornero, avremmo scatenato le ire anti casta, la dice lunga sul clima che stiamo vivendo. Così quella norma è rimasta. Inutile, inefficace ma utilmente propagandistica. E’ falso, dunque, che i due relatori abbiano manomesso il testo originario del decreto per inserire una formuletta che dovrebbe salvare Fiorito o, più in generale, tutti i consiglieri regionali o non si sa chi. Quel riferimento alle Regioni che hanno abolito i vitalizi, nel testo del Governo c’era già. Che cosa è successo invece, in sede di discussione ristretta: che l’articolo 2 del decreto è stato interamente riscritto (come l’articolo 1, del resto), per renderlo più chiaro ed efficace e che le norme sui tagli dei ‘costi della politica’ sono state rese più severe su diversi punti: prevedendo che “i trasferimenti erariali a favore della Regione inadempiente sono ridotti per un importo corrispondente alla metà delle somme da essa destinate al trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio e della giunta regionale”; che è gratuita la partecipazione non solo alle Commissioni permanenti, ma anche a quelle speciali; che le Regioni devono uniformare al trattamento previsto nella ‘Regione più virtuosa’ non solo le indennità, ma anche i cospicui assegni di fine mandato. Ma soprattutto, a proposito dei vitalizi, è stata introdotta la sola norma in grado di colpire coloro che commettano reati contro la pubblica amministrazione: escludendoli dall’erogazione dei vitalizi. La norma 'anti Fiorito' l’ha fatta il Parlamento, non il Governo e l’ha fatta raccogliendo, nelle persone dei relatori, l’esito unitario di un confronto interno alla maggioranza e della maggioranza con il Governo. La stampa seria dovrebbe rilevare il notevole passo in avanti fatto, grazie soprattutto al lavoro dei deputati, nell'opera di contenimento dei cosiddetti 'costi della politica' e non continuare a mistificare la realtà.
La stampa seria dovrebbe rilevare il notevole passo in avanti fatto, grazie soprattutto al lavoro dei deputati, nell'opera di contenimento dei cosiddetti 'costi della politica' e non continuare a mistificare la realtà.
Innescata dai giornali della destra e ripresa da altri quotidiani, circola ormai diffusamente una versione distorta della vicenda dei vitalizi ai consiglieri regionali, in riferimento al decreto-legge 174/2012 del Governo, approvato dalla Camera il 13 novembre scorso con la presunta complicità dei due relatori, gli on.li Ferrari (PD) e Moroni(FLI) rei di aver introdotto le modifiche incriminate. Per amore della verità e della correttezza dell’informazione è necessario fare una premessa: il 14 settembre dello scorso anno, il Parlamento convertiva, con modifiche, il decreto-legge 138 del 13 agosto 2011(d’ora in poi, ‘decreto Tremonti’). Quel decreto, all’articolo 14, prevedeva (alla lettera a) la riduzione del numero dei consiglieri regionali, rapportato a fasce di popolazione, e (alla lettera f) stabiliva “il passaggio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri reionali”.
Faccio notare: dalla prossima legislatura.
Riguardo al nuovo decreto: il testo originario del Governo, al comma 2 dell’articolo 2, prevede che le Regioni che non si siano adeguate al decreto Tremonti e solo “fino all’adeguamento”, possano corrispondere trattamenti pensionistici o vitalizi alle nuove condizioni dei sessantasei anni di età e dei dieci anni di mandato consiliare. Aggiunge anche il decreto, in un inciso, che comunque vale “in ogni caso, l’abolizione dei vitalizi già disposta dalle Regioni”, poiché evidentemente la richiesta di fare il passo in avanti richiesto dal decreto Tremonti non riguarda quelle Regioni che ne hanno fatti due, abolendo addirittura l’istituto del vitalizio. Ribadisco le due condizioni poste dal testo originario del decreto: le nuove norme, più onerose, per accedere all’erogazione del vitalizio dei consiglieri regionali si applicano solo in via transitoria (“fino all’adeguamento da parte delle Regioni a quanto ivi previsto”, dal decreto Tremonti) e il riconoscimento della scelta fatta da alcune Regioni che, andando oltre la lettera f) dell’articolo 14 del decreto Tremonti, abbiano abolito i vitalizi. Ricordo anche che il Governo aveva accompagnato l’approvazione del decreto con una certa enfasi: il provvedimento, si disse, avrebbe anche impedito l’accesso al vitalizio a quei consiglieri regionali che si erano resi responsabili delle malversazioni emerse sulla stampa nelle settimane precedenti. Insomma, come scrisse la stampa, era una norma 'anti Fiorito'. Nobile proposito e provvedimento necessario, salvo che, facendo una rapida verifica sul numero delle Regioni che non avevano ancora ottemperato a quanto richiesto dal decreto Tremonti, scoprimmo ben presto che si trattava di una norma inefficace e che, con essa, nessun Fiorito sarebbe stato colpito e nessuno avrebbe aspettato sessantasei anni per accedere al vitalizio. Ciò perché, tra Regioni che hanno deliberato il passaggio al contributivo (comunque dalla prossima legislatura, come previsto dal decreto Tremonti) e Regioni che hanno fatto il passo successivo dell’abolizione del vitalizio, restava in campo, interessata al decreto, la sola Valle d’Aosta. La puntigliosa ricostruzione serve per arrivare al cuore politico della questione: che fare di una norma che era palesemente inefficace per raggiungere il risultato che si proponeva? Se vivessimo in un Paese normale, con una opinione pubblica severa ma rispettosa della verità, quella norma avrebbe dovuto essere abrogata. Il fatto che non si sia fatta quella scelta legittima e doverosa, ma che si sia mantenuta la norma per il timore che abrogando quel riferimento ai sessantasei anni, che porta le condizioni di accesso al vitalizio al livello di quanto previsto nella riforma Fornero, avremmo scatenato le ire anti casta, la dice lunga sul clima che stiamo vivendo. Così quella norma è rimasta. Inutile, inefficace ma utilmente propagandistica. E’ falso, dunque, che i due relatori abbiano manomesso il testo originario del decreto per inserire una formuletta che dovrebbe salvare Fiorito o, più in generale, tutti i consiglieri regionali o non si sa chi. Quel riferimento alle Regioni che hanno abolito i vitalizi, nel testo del Governo c’era già. Che cosa è successo invece, in sede di discussione ristretta: che l’articolo 2 del decreto è stato interamente riscritto (come l’articolo 1, del resto), per renderlo più chiaro ed efficace e che le norme sui tagli dei ‘costi della politica’ sono state rese più severe su diversi punti: prevedendo che “i trasferimenti erariali a favore della Regione inadempiente sono ridotti per un importo corrispondente alla metà delle somme da essa destinate al trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio e della giunta regionale”; che è gratuita la partecipazione non solo alle Commissioni permanenti, ma anche a quelle speciali; che le Regioni devono uniformare al trattamento previsto nella ‘Regione più virtuosa’ non solo le indennità, ma anche i cospicui assegni di fine mandato. Ma soprattutto, a proposito dei vitalizi, è stata introdotta la sola norma in grado di colpire coloro che commettano reati contro la pubblica amministrazione: escludendoli dall’erogazione dei vitalizi. La norma 'anti Fiorito' l’ha fatta il Parlamento, non il Governo e l’ha fatta raccogliendo, nelle persone dei relatori, l’esito unitario di un confronto interno alla maggioranza e della maggioranza con il Governo. La stampa seria dovrebbe rilevare il notevole passo in avanti fatto, grazie soprattutto al lavoro dei deputati, nell'opera di contenimento dei cosiddetti 'costi della politica' e non continuare a mistificare la realtà.
on. Lucia Codurelli