Merate: le testimonianze di tanti operatori per i 10 anni di vita dell'hospice 'Il Nespolo'


Per i dieci anni di attività dell'hospice 'Il Nespolo' di Airuno l'associazione Onlus Fabio Sassi e il Dipartimento Interaziendale Fragilità della ASL/AO Provincia di Lecco hanno organizzato - nell'ambito di MerateFest - un interessante momento riflessione e testimonianza nel pomeriggio di sabato 2 giugno, presso la sala civica di Merate. 'Non lasciamoli soli' è il titolo del convegno, durante il quale si sono succedute le testimonianze di chi in questi anni ha operato in prima persona - da dipendente o da volontario - nel delicatissimo e tante volte scomodo ambito delle Cure Palliative, anche a domicilio.

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Presenti il direttore sanitario dell'hospice 'Il Nespolo' Dott.Mauro Mariani e il presidente della Fabio Sassi Domenico Basile, insieme a numerosi infermieri e volontari che in vari ambiti hanno partecipato alla vita dell'istituto dalla sua nascita ad oggi: Gemma, la prima volontaria, e tra gli altri le infermiere Manuela Bonacina e Marina Zanotti, l'assistente sociale Elena Vanoncini, la cuoca Eli Schurer e Don Venanzio Viganò. Il primo a parlare dopo la sentita introduzione del presidente Basile è stato il dott. Mauro Mariani, che ha in breve ripercorso gli sforzi, la spinta ideale e le realizzazioni che in questi dieci anni hanno fatto sì che l'hospice di Airuno diventasse quello che è oggi, ovvero un punto di riferimento per le Cure Palliative a livello nazionale.


"Nel 1981 è stato aperto il primo ambulatorio per la terapia del dolore qui all'ospedale Mandic di Merate, grazie al Dott.Montanari. Le cure domiciliari hanno rappresentato la vera rivoluzione. Abbiamo iniziato dal niente, avendo ben chiaro che non alleviare la sofferenza quando se ne ha la possibilità sarebbe stato ingiustificabile. In pochi anni siamo arrivati a seguire 250 pazienti. Nel 1989 è nata la Fondazione Fabio Sassi. La nostra idea guida è stata ed è ancora quella di fare dell'hospice un ambiente il più possibile simile a una casa. Ad oggi non mi è ancora capitato di vedere un hospice come quello di Airuno. Il personale sceglie liberamente di venire a lavorare lì, come risultato di un processo di maturazione professionale e personale. L'hospice ha senso all'interno di una rete. Senza le cure domiciliari non avrebbe senso. E già oggi la domanda supera l'offerta che siamo in grado di proporre. L'entusiasmo che ancora provo nasce dal gruppo di persone che si è formato in questi anni. Dieci anni. Un traguardo importante. E non scontato. Per me continua a essere un privilegio lavorare ad Airuno e alla pensione penso con un certo fastidio." L'infermiera Manuela Bonacina ha posto l'accento sull'insuperabile drammaticità delle situazioni da affrontare e sugli esiti positivi così difficilmente intuibili da che vede l'hospice solo come un luogo di estremo dolore: "Aiutare il malato e i familiari, conservare l'attenzione alla persona fino agli ultimi giorni, rispettarne la dignità, sono compiti stupendi che arricchiscono chi si trova a realizzarli. Una carezza, il sentirsi stringere silenziosamente la mano, sono esperienze quotidiane ad Airuno. In un certo senso metto i pazienti nelle mani del Signore e sono felice che Lui si serva anche di me."

Domenico Basile, Mauro Marinari e alcuni volontari


La Bonacina ha anche letto la testimonianza scritta da un paziente de 'Il Nespolo': "Ho trovato persone disponibili, capaci, attente. E' bello morire così." La storia dell'hospice di Airuno e delle attività di cura domiciliare continua, nonostante le costanti difficoltà economiche e la resistenza di certi ambienti 'scientifici'. Con un messaggio per il prossimo futuro: che l'idea popolare dell'hospice riesca a evolvere da luogo in cui 'si va a morire' a luogo in cui è possibile per il malato e per i suoi familiari fare una vera esperienza di sollievo dal dolore, anche solo temporanea.
Massimo Colombo

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