CLAMOROSO 25 APRILE A BRIVIO: NESSUN MANIFESTO, FIORE O FANFARA.
IL SINDACO CAMERONI CANDIDO: " MI SONO DIMENTICATO, MA NON L'HO FATTO APPOSTA"



Michele Russo e Marinetta Bagliani Russo promotori dell'iniziativa
con il maresciallo dei carabinieri Michele Gerolin prima dell'apposizione
della corona davanti la lapide che ricorda la strage

"Cosa vuole che le dica, forse è stata una dimenticanza, forse si è trattato di un difetto di forma, in ogni caso non lo si è fatto apposta. Sono anni che non si commemora a Brivio il 25 aprile. Perché sollevare il caso solo ora ? Mi sa tanto di una speculazione elettorale. Erano stati avvertiti i parenti dei tre bambini uccisi nel 1946? E perché le persone che oggi c'erano erano assenti all'inaugurazione del monumento in memoria dei marinai o alla celebrazione in ricordo di tutti i morti che si tiene a novembre?" Ma il 25 aprile è una data unica nella storia del Paese azzarda il cronista. "La celebrazione dei defunti non distingue tra i morti della prima o della seconda guerra mondiale. In quel giorno ricordiamo tutti, indistintamente".
Parola di Gianluigi Cameroni, sindaco leghista di Brivio, interpellato via telefono alle 12.25 del 25 aprile.

Il piccolo gruppo di briviesi raccolti davanti alla lapide


Comunque la si voglia leggere - dimenticanza istituzionale o speculazione elettorale - fa male vedere onorata una ricorrenza qual'è quella del 25 aprile in quattro gatti e quasi di straforo con il dubbio di commettere chissà quale affronto alla prassi o alla procedura. Eppure assistere alla cerimonia che ha impegnato oggi, mercoledì 25 aprile 2001 e per pochi minuti, una ventina di persone convenute sul largo marciapiede antistante la lapide apposta sul muro del palazzo municipale di Brivio che ricorda tre innocenti vittime per apporvi una corona d'alloro non ha tolto nulla alla solennità dell'atto. Solo la presenza, dignitosa e fiera, del maresciallo Michele Gerolin, comandante della locale stazione dei carabinieri, per il quale vi sono state parole di sincero apprezzamento, ha ufficiosamente formalizzato la presenza dello Stato. La lapide ricorda un fatto accaduto a guerra finita, in piena ricostruzione. Angelo Airoldi, Angelo Burini e Bruno Riva, tre ragazzini di 9 anni furono uccisi dall'esplosione di una bomba rinvenuta di fronte all'edificio, allora scuola. Lì, Michele Russo e la moglie Marinetta Bagliani Russo hanno dato appuntamento ad amici ed anche a compagni di ideologia politica per deporre una corona d'alloro in memoria del giorno della liberazione. La segnalazione in redazione arriva via e.mail poco dopo le sette di sera del 24 aprile. E' un breve messaggio che contiene qualche goccia di nitroglicerina. E' firmato Michele Russo, fotografo da 20 anni e da 8 residente in paese, esponente, ma non attivista di sinistra, figlio di un reduce dai campi di concentramento in Germania che riuscì a fuggire e a fare ritorno a casa, a Caserta, camminando ininterrottamente per 180 giorni. Scrive Russo che vista l'assoluta assenza dell'amministrazione comunale alle celebrazioni della liberazione - neanche un manifesto - un gruppo di cittadini si è proposto di colmare la lacuna. Appuntamento per la mattina del 25 ore 10.
Alle 10, sotto un cielo grigio che minaccia pioggia ci siamo e con noi anche il fotografo del settimanale locale. Arrivano alla spicciolata una ventina di persone cui Michele Russo e moglie danno il benvenuto. L'iniziativa è stata portata a conoscenza del sindaco. Russo esibisce una lettera del giorno precedente con numero di protocollo 04581 impresso. Per un istante ti vengono in mente altri numeri impressi sulla pelle, subito sopra il polso. Chiedo a Russo se la sua iniziativa sottende un significato politico, se è una rivalsa, una rivendicazione. Insomma, se è una ripicca. Risposta negativa. E' un sussulto della coscienza e basta. Lui, figlio di deportato, amico di amici con genitori deportati, certamente avversario politico del sindaco, non riesce a mandare giù che una giornata come questa venga trattata alla stregua di un normale giorno feriale con tutt'intorno un fiorire di manifestazioni. Intanto arrivano altri cittadini. Enzo Fiano, figlio di Nedo, deportato e fratello di Emanuele consigliere DS a Palazzo Marino e poi consiglieri o candidati alle amministrative del 13 maggio nel cartello delle opposizioni: Felice Baio, Ugo Panzeri, Francesco De Vita, Andrea Cantini, Bruno Marini. E arriva il maresciallo Michele Gerolin, a piedi dalla vicina caserma. Gli chiedono di essere lui a salire la scala e deporre la corona d'alloro. Declina con giusta motivazione. Allora Michele Russo, ringrazia i presenti, sale la scaletta appoggiata al muro del Municipio e depone l'alloro. Poi invita a un minuto di silenzio. Sono sessanta secondi gelidi. Pare essere dei sopravvissuti. Due flash e il gruppetto si scioglie. Il maresciallo riceve tante strette di mano. Davvero un bel militare questo Gerolin. Lo attende una commemorazione a Rovagnate. Questa ufficiale, però, con fascia tricolore alla vita e vigili in alta uniforme, come avvenuto nel pomeriggio a Merate.
Gianluigi Cameroni, preavvertito ventiquattro ore prima, poteva cavarsela, rimediando all'annuale amnesia, con l'invio anche solo di un telegramma. Si è limitato a non impedire la manifestazione. Come privato cittadino il sindaco ha il legittimo ed insindacabile diritto di valutare quali ricorrenze celebrare e quali no. Come primo cittadino e rappresentante massimo di una municipalità queste liberalità non se le può permettere. Può essere che questa distinzione appaia ai suoi occhi troppo sottile ed estremamente sfumata. Si tratta in fin dei conti di aspetti del passato, neppure tanto recente. Oggi l'attenzione di tanti è tutta dedicata a ritagliarsi grosse fette di futuro.
Alberico Fumagalli
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