Codurelli: Lecco non è più un'isola felice

LECCO NON E' PIU' UN'ISOLA FELICE
MA UN TERRITORIO CHE PUO' E DEVE TORNARE A CRESCERE

 
Le mobilitazioni continue davanti a Montecitorio, dalla protesta dell'Ance, alla mobilitazione dei giorni di CGIL, CISL e UIL Lombarde, dalla voce degli artigiani, dei commercianti e degli industriali del mondo produttivo e dei lavoratori si aggiunge la protesta dei sindaci sull'Imu. Il filo conduttore è per tutti lo stesso: il rigore va bene ma non basta, occorre allentare il patto di stabilità, sbloccare i pagamenti della pubblica amministrazione, tornare a crescere.
Lo ricordava ancora oggi il Presidente di ANCE Lecco Sangiorgio: la mancanza di scelte  di rilancio non giova a nessuno, per tornare ad essere competitivi bisogna intervenire eliminando quegli ostacoli che rischiano di soffocare irreparabilmente il nostro tessuto economico - sociale.
Ed è su questo che dobbiamo lavorare, nel nostro territorio e nelle aule parlamentari chiedendo a Monti di ascoltare queste voci; sembrano passati anni luce da quando qualche settimana fa, quando si discuteva accanitamente di riforma dell'articolo 18 e di altri provvedimenti proposti dal disegno di legge sul mercato del lavoro del Governo che rischia però di arrivare fuori tempo massimo e in ogni caso di risultare ininfluente.
Non esistono più isole felici che si salvano da questa crisi e dai suoi caratteri inediti e globali, tantomeno il Lecchese, alla luce dei dati pubblicati nel rapporto economico 2012, che ha fatto emergere le serie difficoltà di ripresa dell'attività produttiva nel 2011, riscontrabili soprattutto nel calo di fatturati e nel livello occupazionale.
Dai dati che anche quest'anno la Camera di Commercio ha illustrato davanti al mondo economico e istituzionale locale emerge un fatto, di cui è necessario, prendere atto attrezzandoci adeguatamente: si è concluso un ciclo nel quale tutti gli indicatori lecchesi si caratterizzavano per la loro migliore performance rispetto alla media regionale, soprattutto per occupazione e tenuta delle imprese.
Da qui bisogna partire con realismo e fermezza. Oggi viviamo la crisi del comparto manifatturiero, industriale, dell'edilizia, del commercio al dettaglio come, e in qualche caso peggio, del resto della regione. Abbiamo segnali positivi che provengono dalle esportazioni, in cui i flussi commerciali in uscita sono fortemente influenzati dalle aziende lecchesi che non solo hanno saputo vendere ai soliti clienti tedeschi, francesi, spagnoli, ma sono andati in giro e hanno conquistato nuovi mercati. L'export è stato trainato dai prodotti in metallo, dai macchinari e dal tessile ma non basta.
Il Pil lecchese meno 1,3%, siamo più poveri, ma non tutti, il territorio è sicuramente più povero. Il calo della produzione significa meno occupati. Nel 2010, i lavoratori lecchesi erano 147.700, l 'anno scorso erano calati a 146.100, con un tasso di occupazione del 64,7% (nel 2008 era il 67,6%), il tasso di disoccupazione è salito dal 5,3% al 5,6%, ma nel 2012 è già vicino al 7%, con un tasso di disoccupazione giovanile veramente preoccupante, oltre il 23%.
Interessanti sono invece i dati relativi alla qualità e creatività che caratterizzano le imprese di donne, ancora troppo poco sostenute e non indagato in modo sufficiente visto che nemmeno citato dal rapporto economico presentato.
Mentre dati contraddittori arrivano anche dal settore turistico, che doveva essere il fiore all'occhiello: il 2011 fa registrare una qualche crescita dei flussi rispetto all'anno precedente, ma con molti, molti nei.
È chiaro che non ci sono più rendite di posizione su cui sopravvivere, e che il futuro del nostro territorio dipenderà dalla capacità che avremo di credere in noi e di investire su nuovi comparti e peculiarità (come il progetto della cittadella della Luce che oggi sembra essere finalmente sulla buona strada della realizzazione), è urgente  investire con intelligenza sulla sostenibilità, sulle nostre caratteristiche ambientali, ma decisamente occorre lavorare sulla coesione sociale, supportando i lavoratori in cassa integrazione o privi di ammortizzatori sociali, come precari e donne.
Tutto questo, insieme al buon lavoro di squadra che può essere portato avanti sui temi dell'efficientamento energetico degli edifici, sull'innovazione dei materiali per l'edilizia, sulla vita e la presenza delle attività artigianali e commerciali nei nostri centri storici, sulla messa a sistema delle esperienze di filiera corta, esperienza importante nella nostra provincia (grazie all'impegno portato avanti in Provincia dall'allora assessore Bruseghini e dal governo di centro sinistra), così come sulla ricerca, sul sostegno all'internazionalizzazione e alla promozione, sul lavoro e sui servizi di cura alle persone e al territorio.
Saranno indiscutibilmente questi i terreni su cui impegnarci tutti quanti di più, innovando e sviluppando maggiori sinergie con altri territori e abbandonando qualche atteggiamento di chiusura e di autosufficienza che ci ha caratterizzato finora.
Sappiamo bene che non sarà nei soli territori che troveremo la risposta. In queste ore l'Europa e i mercati ballano di nuovo. Il presidente Monti ha finalmente rappresentato la nostra richiesta di escludere dal fiscal compact le spese per gli investimenti, e quindi dal patto di stabilità.  Noi continueremo la nostra battaglia in Parlamento per sbloccare i pagamenti della pubblica amministrazione, alleggerire l'Imu affiancando una patrimoniale sui grandi patrimoni, dando risposta immediata agli esodati, ai senza lavoro e senza pensione per una riforma rigida fatta solo per i mercati, perché nessuno, né le imprese, né i cittadini possono essere lasciati soli.
Mi auguro che con la vittoria di Hollande, le premesse ci sono tutte, si apra uno scenario più orientato allo sviluppo e alla tutela del welfare, perché, come noto, di solo rigore si può morire in Europa e a Lecco. Abbiamo le risorse e le intelligenze e per guardare avanti e credere in noi. Possiamo farlo con serietà, con sobrietà e con una buona dose di innovazione nelle idee e nelle persone.
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