Il protocollo e il conte Mascetti
Egregio Direttore, mi consenta di scherzare sulla vicenda. Ella mi ha ricordato, per chi come me ha una certa età, il conte Lello Mascetti di “Amici Miei I atto”, magistralmente interpretato da Ugo Tognazzi che, nel gruppo di amici buontemponi celava abilmente il suo essere un nobiluomo caduto in disgrazia e in povertà, che viveva in un sottoscala nella periferia di Firenze, rifugiandosi nelle famose “supercazzole”, ovvero frasi senza alcun senso linguistico tese a fare presa su chi, malauguratamente, avesse avuto la sfortuna di imbattersi contro quando si decideva di mettere in atto “una zingarata”. Lo scopo era sempre lo stesso: sottoporre il povero interlocutore ad una situazione di totale subalternità, causata dall’incomprensione della frase “no sense”. Come non ricordare la famosa scena del vigile urbano, giustappunto, quando lo zelante agente, intento a fare la contravvenzione all’Architetto Melandri (Gastone Moschin) che aveva più volte “clacsonato”, istigato dal Perozzi (Philippe Noiret), seduto sul sedile posteriore, capo redattore de “La Nazione”, personaggio solo e perduto nelle cronache delle notti fiorentine tra ladri e meretrici, si appalesa il Mascetti che esce di corsa dal bar del Necchi (Duilio Del Prete) al grido: “Terapia tapioca … brematurata la supercazzola o scherziamo”. Ecco, con un po’ di ilarità, scherziamoci su, perché se ci prendiamo troppo sul serio, come giustamente ha rilevato, c’è da preoccuparsi
Celso