Cernusco: la Guzzafame o “Besa”. Cascina Resistente
Una cascina “resistente”: così è stata soprannominata la cascina Guzzafame conosciuta anche come “la Bësa” a Cernusco Lombardone dove nel pomeriggio di venerdì 25 aprile è stata scoperta una targa a ricordo del ruolo svolto durante la Resistenza.

“La cascina ha vissuto momenti drammatici nel marzo del 1945, legati all’ultimo conflitto e alla lotta per la liberazione dell’Italia dai nazifascisti”, ha raccontato Liliana Rota dell’Agriturismo “I Gelsi” che ha la sua sede proprio nella struttura. “Come ci raccontano Anselmo Brambilla e Alberto Magni nel loro libro Partigiani tra Adda e Brianza. Antifascismo e Resistenza nel Meratese, verso la metà del mese di marzo 1944 nel giardino di villa Rusca furono gettate le basi della nascente 104^ Brigata Garibaldi intitolata a Gianni Citterio. Il primo nucleo di partigiani che vi aderì fu quello di Cernusco- Montevecchia: tra questi vi erano anche Carlo Bonfanti, contadino abitante alla Bësa, la sorella Teresina e Decimo Capelli, amico e compagno d’armi che qui si era stabilito proveniente da Milano di ritorno dalla Grecia in seguito allo sfaldamento dell’esercito italiano dopo l’8 settembre”.

Tutta la famiglia Bonfanti era antifascista e nelle mangiatoie della stalla, sotto il fieno per gli animali, erano nascoste le armi della Brigata. Carlo Bonfanti, con il suo carretto tirato da un asino, provvedeva al loro trasporto.
Tutto sembrava filare liscio, finché il 3 marzo 1945 alcuni componenti della Brigata decisero di assaltare la Banca Popolare di Oggiono per autofinanziarsi, ma il tentativo ebbe un esito sfortunato e diede il via a un rastrellamento in tutta la zona. La cattura di una decina di garibaldini fece sì che uno di loro tradisse, con la conseguente cattura di altri dieci partigiani e la fuga verso Milano delle persone più compromesse e dello stesso Comando di Brigata.

Anche gli abitanti della cascina furono coinvolti a causa di una spiata: Carlo Bonfanti e il padre Galdino vennero catturati e incarcerati a Como, dove furono sottoposti a crudeli sevizie. Nonostante ciò riuscirono a non rivelare nulla che potesse compromettere i partigiani; rimasero in carcere fino al 25 aprile quando furono scarcerati e poterono finalmente tornare in zona.
Nonostante una minaccia di incendio anche la Bësa si salvò, grazie all’industriale Giuseppe Ancarani, proprietario del Catenificio Regina.

La cascina Guzzafame risale al XVII secolo per quanto riguarda la parte più antica, con il porticato a piano terra e il loggiato al primo piano.
Nel 1948 è stata aggiunta la parte al piano terra dove si trovavano le stalle per le mucche, qualche maiale, i conigli e l’asino, mentre al primo piano sono stati aggiunti alcuni locali e due fienili.
Proprietà in origine dell’istituzione ospedaliera Ca’ Granda di Milano, nei secoli è passata nelle mani di diversi proprietari fino ad arrivare all’attuale che ne ha fatto un’azienda agricola con attività di agriturismo.

Da sempre è stata abitata da famiglie contadine che coltivavano i campi adiacenti alla piana retrostante e fino agli anni ’50-’60 si allevavano bachi da seta per le filande della zona.

“La cascina ha vissuto momenti drammatici nel marzo del 1945, legati all’ultimo conflitto e alla lotta per la liberazione dell’Italia dai nazifascisti”, ha raccontato Liliana Rota dell’Agriturismo “I Gelsi” che ha la sua sede proprio nella struttura. “Come ci raccontano Anselmo Brambilla e Alberto Magni nel loro libro Partigiani tra Adda e Brianza. Antifascismo e Resistenza nel Meratese, verso la metà del mese di marzo 1944 nel giardino di villa Rusca furono gettate le basi della nascente 104^ Brigata Garibaldi intitolata a Gianni Citterio. Il primo nucleo di partigiani che vi aderì fu quello di Cernusco- Montevecchia: tra questi vi erano anche Carlo Bonfanti, contadino abitante alla Bësa, la sorella Teresina e Decimo Capelli, amico e compagno d’armi che qui si era stabilito proveniente da Milano di ritorno dalla Grecia in seguito allo sfaldamento dell’esercito italiano dopo l’8 settembre”.

Tutta la famiglia Bonfanti era antifascista e nelle mangiatoie della stalla, sotto il fieno per gli animali, erano nascoste le armi della Brigata. Carlo Bonfanti, con il suo carretto tirato da un asino, provvedeva al loro trasporto.
Tutto sembrava filare liscio, finché il 3 marzo 1945 alcuni componenti della Brigata decisero di assaltare la Banca Popolare di Oggiono per autofinanziarsi, ma il tentativo ebbe un esito sfortunato e diede il via a un rastrellamento in tutta la zona. La cattura di una decina di garibaldini fece sì che uno di loro tradisse, con la conseguente cattura di altri dieci partigiani e la fuga verso Milano delle persone più compromesse e dello stesso Comando di Brigata.

Anche gli abitanti della cascina furono coinvolti a causa di una spiata: Carlo Bonfanti e il padre Galdino vennero catturati e incarcerati a Como, dove furono sottoposti a crudeli sevizie. Nonostante ciò riuscirono a non rivelare nulla che potesse compromettere i partigiani; rimasero in carcere fino al 25 aprile quando furono scarcerati e poterono finalmente tornare in zona.
Nonostante una minaccia di incendio anche la Bësa si salvò, grazie all’industriale Giuseppe Ancarani, proprietario del Catenificio Regina.

Liliana Rota e Abramo Bonfanti
La cascina Guzzafame risale al XVII secolo per quanto riguarda la parte più antica, con il porticato a piano terra e il loggiato al primo piano.
Nel 1948 è stata aggiunta la parte al piano terra dove si trovavano le stalle per le mucche, qualche maiale, i conigli e l’asino, mentre al primo piano sono stati aggiunti alcuni locali e due fienili.
Proprietà in origine dell’istituzione ospedaliera Ca’ Granda di Milano, nei secoli è passata nelle mani di diversi proprietari fino ad arrivare all’attuale che ne ha fatto un’azienda agricola con attività di agriturismo.

Da sempre è stata abitata da famiglie contadine che coltivavano i campi adiacenti alla piana retrostante e fino agli anni ’50-’60 si allevavano bachi da seta per le filande della zona.
A.Vi.