“Le donne della Resistenza”. Mostra in comune a Merate
La meratese Giovanna Valtolina, la cernuschese Teresina Bonfanti, le lecchesi Emma Casati, Regina Aondio, Agnese Spandri Fumagalli, Elisa Missaglia, Antonietta Monti, Carlotta Villa, Adele Rossetti, Francesca “Vera” Ciceri, la robbiatese Maria Albini. E inoltre Vittoria Bottani che, nata a Milano, operava nella zona di Missaglia e Lecco, e le vimercatesi Bambina Villa, Angelica e Paola Villa.


Sono loro le protagoniste della mostra “La storia siamo anche noi. Donne della Resistenza del territorio lecchese” inaugurata sabato mattina nell’atrio del municipio di Merate.
L’apertura dell’evento è stata affidata a Chiara Consonni, in assenza dell’assessora alla Cultura e in rappresentanza dell’Amministrazione comunale presente con una folta delegazione.


“Le donne della Resistenza non sono state semplici spettatrici degli eventi che segnarono la storia d'Italia. Al contrario, sono state protagoniste, con il loro coraggio, la loro determinazione e la loro resilienza: hanno preso parte attiva nella lotta contro l'occupazione nazi-fascista, non solo come supporto logistico o come infermiere, ma anche come combattenti, come spie, come organizzatrici. Il loro ruolo è stato cruciale in un momento storico in cui, oltre alla lotta armata, era necessario combattere contro pregiudizi e stereotipi di genere. Le donne partigiane, infatti, non solo si sono opposte al regime fascista e all'invasione tedesca, ma hanno dovuto anche sfidare le convenzioni sociali del loro tempo, che relegavano la donna a un ruolo subalterno.
Abbiamo il dovere di non dimenticare il sacrificio, l’impegno e la lotta di queste donne, molte delle quali hanno perso la vita per un'idea di libertà e giustizia di cui oggi tutte e tutti possiamo godere”, ha esordito manifestando la propria emozione la giovane consigliera.


“La storia delle donne che si sono impegnate nella Resistenza con modalità varie è stata per troppi anni rimossa, o perché troppo dolorosa da ricordare per alcune di loro o perché troppo diversa dal quotidiano in cui molte donne si sono ritrovate dopo la Liberazione”, ha affermato Liliana Rota, del direttivo della sezione Anpi Brianza meratese e dell’associazione culturale Puntorosso-Rete delle Alternative di Cernusco Lombardone. Lei stessa, figlia di un partigiano che combattè in una delle Divisioni dell’Ossola sulle montagne che sovrastano la sponda piemontese del lago Maggiore.


“Per molti anni la Resistenza è stata considerata anche dall’Anpi solo quella della lotta armata, ma poi, grazie alle storiche, si è cominciato a parlare anche di Resistenza civile”, ha dichiarato la vice-presidente dell’Anpi provinciale di Lecco, Patrizia Milani.
In realtà, come ha raccontato anche Benedetta Tobagi nel suo libro “La Resistenza delle donne”, non mancò una componente femminile nelle brigate partigiane che combattevano la lotta armata. Ma molte di più furono le donne che parteciparono alla cosiddetta Resistenza civile, svolgendo ruoli di supporto e di copertura, con mansioni rischiose quali il trasporto di armi o di informazioni riservate.
“Senza di loro la Resistenza non sarebbe stata possibile”, ha chiosato Liliana Rota.


Erano donne comuni, molte lavoravano nelle fabbriche come operaie, avevano marito e figli. Ma non rispecchiavano lo stereotipo della donna così come il fascismo l’avrebbe voluta: angelo del focolare, moglie devota e madre prolifica. E, come ricordano i primi pannelli della mostra, in quel periodo storico le donne non avevano alcun diritto politico e civile, non avevano neppure il diritto di voto e molte carriere erano loro precluse.
Nei pannelli successivi viene illustrata la situazione economica dopo l’entrata in guerra nel 1940, una situazione economicamente difficile e che con l’andata al fronte degli uomini ha fatto sì che le mogli prendessero il loro posto nelle fabbriche acquisendo una maggiore coscienza di sé e della necessità di opporsi al regime fascista e all’occupazione nazista.
“Dopo l’8 settembre 1943 si formarono i Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della Libertà. I gruppi vennero ufficialmente riconosciuti dal Cln Alta Italia nel 1944: a fine guerra si contarono e le donne aderenti erano 70.000”, ha sottolineato Liliana Rota.
Dal pannello 7 iniziano le storie delle donne della Resistenza nel nostro territorio. La mostra, frutto di un lavoro collettivo, era già stata allestita a Cernusco lo scorso anno in occasione del 25 aprile, ma successivamente si è arricchita con le storie di Giovanna Valtolina e delle tre vimercatesi.
Una vicenda, quella della Valtolina, che, ha raccontato ancora l’esponente dell’Anpi Brianza meratese, “poteva essere come tante. Sposata con figli, si era trasferita a Monza e lavorava alla Breda di Sesto San Giovanni come operaia. Ha scioperato e per questo è stata incarcerata e deportata nei campi di concentramento nazisti”.


Era invece sarta Teresina Bonfanti di Cernusco Lombardone, appartenente a una famiglia antifascista di origine contadina. Affiancò il fratello Carlo e il futuro marito Decimo Capelli della 104° Brigata Garibaldi “Gianni Citterio”, ottenendo dal Cln medaglia e diploma in riconoscimento del suo contributo alla lotta di Liberazione.
“Leggete questi pannelli e vi troverete cose straordinarie nella ‘normalità’ e quotidianità con cui queste donne hanno affrontato situazioni drammatiche, difficili e hanno compiuto scelte che hanno avuto ripercussioni e ricadute che arrivano sino ai giorni nostri. Noi donne abbiamo avuto diritto al voto, a eleggere e a essere elette e l’Italia libera e repubblicana ha avuto la sua Costituzione. Ma tutti dobbiamo ricordarci che queste conquiste devono essere custodite e difese sempre in ogni fase storica che la nostra società attraversa”, ha concluso Liliana Rota.
In chiusura il sindaco Mattia Salvioni ha voluto ribadire che i diritti acquisiti non vanno dati per scontati, con un pensiero particolare ai giovani (la mostra è stata presentata agli studenti del Liceo Agnesi e dell’Istituto tecnico Viganò), i quali spesso non hanno cognizione del passato.
“Ciò che abbiamo conquistato è frutto di un percorso di uomini e donne che hanno combattuto per poter esercitare diritti e doveri. Sono i nostri punti di riferimento ed è importante che ci siano anche nella nostra città”, ha affermato il primo cittadino.
La mostra resterà aperta fino al 27 aprile, nei giorni infrasettimanali con gli orari di apertura degli uffici comunali e nel week end dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 18.


Sono loro le protagoniste della mostra “La storia siamo anche noi. Donne della Resistenza del territorio lecchese” inaugurata sabato mattina nell’atrio del municipio di Merate.
L’apertura dell’evento è stata affidata a Chiara Consonni, in assenza dell’assessora alla Cultura e in rappresentanza dell’Amministrazione comunale presente con una folta delegazione.


Al centro la consigliera Chiara Consonni
“Le donne della Resistenza non sono state semplici spettatrici degli eventi che segnarono la storia d'Italia. Al contrario, sono state protagoniste, con il loro coraggio, la loro determinazione e la loro resilienza: hanno preso parte attiva nella lotta contro l'occupazione nazi-fascista, non solo come supporto logistico o come infermiere, ma anche come combattenti, come spie, come organizzatrici. Il loro ruolo è stato cruciale in un momento storico in cui, oltre alla lotta armata, era necessario combattere contro pregiudizi e stereotipi di genere. Le donne partigiane, infatti, non solo si sono opposte al regime fascista e all'invasione tedesca, ma hanno dovuto anche sfidare le convenzioni sociali del loro tempo, che relegavano la donna a un ruolo subalterno.
Abbiamo il dovere di non dimenticare il sacrificio, l’impegno e la lotta di queste donne, molte delle quali hanno perso la vita per un'idea di libertà e giustizia di cui oggi tutte e tutti possiamo godere”, ha esordito manifestando la propria emozione la giovane consigliera.


“La storia delle donne che si sono impegnate nella Resistenza con modalità varie è stata per troppi anni rimossa, o perché troppo dolorosa da ricordare per alcune di loro o perché troppo diversa dal quotidiano in cui molte donne si sono ritrovate dopo la Liberazione”, ha affermato Liliana Rota, del direttivo della sezione Anpi Brianza meratese e dell’associazione culturale Puntorosso-Rete delle Alternative di Cernusco Lombardone. Lei stessa, figlia di un partigiano che combattè in una delle Divisioni dell’Ossola sulle montagne che sovrastano la sponda piemontese del lago Maggiore.


Liliana Rota
“Per molti anni la Resistenza è stata considerata anche dall’Anpi solo quella della lotta armata, ma poi, grazie alle storiche, si è cominciato a parlare anche di Resistenza civile”, ha dichiarato la vice-presidente dell’Anpi provinciale di Lecco, Patrizia Milani.
In realtà, come ha raccontato anche Benedetta Tobagi nel suo libro “La Resistenza delle donne”, non mancò una componente femminile nelle brigate partigiane che combattevano la lotta armata. Ma molte di più furono le donne che parteciparono alla cosiddetta Resistenza civile, svolgendo ruoli di supporto e di copertura, con mansioni rischiose quali il trasporto di armi o di informazioni riservate.
“Senza di loro la Resistenza non sarebbe stata possibile”, ha chiosato Liliana Rota.


Erano donne comuni, molte lavoravano nelle fabbriche come operaie, avevano marito e figli. Ma non rispecchiavano lo stereotipo della donna così come il fascismo l’avrebbe voluta: angelo del focolare, moglie devota e madre prolifica. E, come ricordano i primi pannelli della mostra, in quel periodo storico le donne non avevano alcun diritto politico e civile, non avevano neppure il diritto di voto e molte carriere erano loro precluse.
Nei pannelli successivi viene illustrata la situazione economica dopo l’entrata in guerra nel 1940, una situazione economicamente difficile e che con l’andata al fronte degli uomini ha fatto sì che le mogli prendessero il loro posto nelle fabbriche acquisendo una maggiore coscienza di sé e della necessità di opporsi al regime fascista e all’occupazione nazista.
“Dopo l’8 settembre 1943 si formarono i Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della Libertà. I gruppi vennero ufficialmente riconosciuti dal Cln Alta Italia nel 1944: a fine guerra si contarono e le donne aderenti erano 70.000”, ha sottolineato Liliana Rota.
Dal pannello 7 iniziano le storie delle donne della Resistenza nel nostro territorio. La mostra, frutto di un lavoro collettivo, era già stata allestita a Cernusco lo scorso anno in occasione del 25 aprile, ma successivamente si è arricchita con le storie di Giovanna Valtolina e delle tre vimercatesi.
Una vicenda, quella della Valtolina, che, ha raccontato ancora l’esponente dell’Anpi Brianza meratese, “poteva essere come tante. Sposata con figli, si era trasferita a Monza e lavorava alla Breda di Sesto San Giovanni come operaia. Ha scioperato e per questo è stata incarcerata e deportata nei campi di concentramento nazisti”.


Era invece sarta Teresina Bonfanti di Cernusco Lombardone, appartenente a una famiglia antifascista di origine contadina. Affiancò il fratello Carlo e il futuro marito Decimo Capelli della 104° Brigata Garibaldi “Gianni Citterio”, ottenendo dal Cln medaglia e diploma in riconoscimento del suo contributo alla lotta di Liberazione.
“Leggete questi pannelli e vi troverete cose straordinarie nella ‘normalità’ e quotidianità con cui queste donne hanno affrontato situazioni drammatiche, difficili e hanno compiuto scelte che hanno avuto ripercussioni e ricadute che arrivano sino ai giorni nostri. Noi donne abbiamo avuto diritto al voto, a eleggere e a essere elette e l’Italia libera e repubblicana ha avuto la sua Costituzione. Ma tutti dobbiamo ricordarci che queste conquiste devono essere custodite e difese sempre in ogni fase storica che la nostra società attraversa”, ha concluso Liliana Rota.
In chiusura il sindaco Mattia Salvioni ha voluto ribadire che i diritti acquisiti non vanno dati per scontati, con un pensiero particolare ai giovani (la mostra è stata presentata agli studenti del Liceo Agnesi e dell’Istituto tecnico Viganò), i quali spesso non hanno cognizione del passato.
“Ciò che abbiamo conquistato è frutto di un percorso di uomini e donne che hanno combattuto per poter esercitare diritti e doveri. Sono i nostri punti di riferimento ed è importante che ci siano anche nella nostra città”, ha affermato il primo cittadino.
La mostra resterà aperta fino al 27 aprile, nei giorni infrasettimanali con gli orari di apertura degli uffici comunali e nel week end dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 18.
A.Vi.