Merate: l’importanza delle emozioni in adulti e ragazzi
Emozioni, queste sconosciute… eppure così importanti, soprattutto nel percorso di crescita.
Ad accompagnare genitori e insegnanti nell’acquisizione di una competenza emotiva Valentina Bianchi, psicologa, counselor e coach, e Silvia Columpsi, pedagogista ed educatrice professionale specializzata in Disturbi specifici dell’apprendimento nel corso di una serata svoltasi venerdì in auditorium a Merate con l’organizzazione di Dietrolalavagna e della cooperativa Specchio Magico.
Premesso che il genitore perfetto non esiste, come affermava Freud, in che modo si può agire per aiutare bambini e ragazzi nel riconoscimento e nella gestione delle proprie emozioni?

“Innanzitutto gli adulti devono fare un lavoro su sé stessi, per acquisire consapevolezza e poter anche porre rimedio a eventuali errori commessi”, ha esordito Silvia Columpsi. “In secondo luogo occorre esercitare nei confronti dei propri figli o dei propri alunni un ascolto attivo, dandogli uno spazio dedicato perché troppo spesso siamo distratti dalle nostre preoccupazioni o da occupazioni di vario tipo come per esempio l’utilizzo del cellulare.”.
Tanti i consigli pratici forniti dalle due esperte, anche con esempi concreti di situazioni critiche che possono verificarsi nella quotidianità. Se per esempio il bambino è in preda a una crisi di rabbia la prima cosa da fare è “sfiammare la situazione”; quindi niente urla, che andrebbero semmai ad aumentare la carica negativa creando una specie di tsunami, l’importante è restare calmi e aiutare il piccolo a riconoscere la propria emozione con un’azione di rispecchiamento. E se non ce la si fa, meglio prendersi una pausa e rimandare l’intervento a un momento più consono.

Importante poi è anche la comunicazione non verbale, perché le parole devono essere coerenti con la postura e l’espressione del viso: pronunciare parole di rassicurazione con un’espressione arrabbiata creerebbe solo confusione.
Ma sbagliato è anche intervenire banalizzando il problema (“non è successo niente”, “adesso ti passa”) o precipitandosi a dare consigli.
Bisogna “stare nelle emozioni” e connettersi con empatia. Solo quando il picco emotivo sarà passato l’adulto potrà intervenire facendo appello alla razionalità e fornendo quindi eventuali suggerimenti e soluzioni del problema.
E’ toccato a Valentina Bianchi fare una carrellata sulle principali emozioni con le differenti sfumature che assumono nelle diverse età: la paura, per esempio, che nei primi anni di vita è causata dal buio o da rumori forti come quelli del temporale, nelle fasi successive riguarda principalmente il proprio corpo o eventi che accadono nel mondo. Quanto all’ansia, la psicologa ha citato un’indagine svolta in una scuola secondaria di primo grado dove è risultato che l’80% dei ragazzi soffriva di ansia prestazionale, non solo per i risultati scolastici ma anche nella pratica dello sport.

Una fase particolarmente difficile è quella della preadolescenza.
“Il preadolescente è controdipendente”, ha spiegato la psicologa, “vuol dire che dipende ancora dall’adulto ma vorrebbe essere autonomo. Questo dà origine a una sorta di ambivalenza perché entra in conflitto con i genitori ma anche con sé stesso. In questa fase si verifica infatti uno sconvolgimento delle strutture cognitive e l’egocentrismo che si riaffaccia dopo una fase di latenza è un modo per recuperare le proprie energie”.
Le due esperte hanno sottolineato l’importanza di dare sia ai bambini che agli adolescenti delle regole, che devono essere poche ma ferme, concrete e precise, positive, motivate in modo semplice e chiaro, condivise con le altre figure di riferimento.
“Non ci sono emozioni negative, ma solo piacevoli e spiacevoli. Però esistono invece comportamenti negativi e gli adulti devono avere una funzione regolatrice”, ha affermato Silvia Columpsi. “Dare dei limiti è fondamentale e le regole sono rassicuranti”.
Nell’adolescenza le prescrizioni andranno affiancate anche dal dialogo, dall’aiuto a sviluppare un pensiero critico e il senso di responsabilità, dal sostegno mantenendo però la giusta distanza, dall’insegnamento a tollerare le frustrazioni.
Un’attenzione particolare va posta all’uso degli strumenti digitali, che non vanno demonizzati ma neppure lasciati usare senza controllo.
“La vita virtuale può dare la sensazione di avere il controllo delle proprie emozioni, ma questo può rendere difficile comprendere le emozioni degli altri nella vita reale”, ha sostenuto l’educatrice. “Inoltre troppi stimoli possono allontanare da sé, dal comprendere chi sono io, che cosa voglio, quali sono le mie passioni”.
Ad accompagnare genitori e insegnanti nell’acquisizione di una competenza emotiva Valentina Bianchi, psicologa, counselor e coach, e Silvia Columpsi, pedagogista ed educatrice professionale specializzata in Disturbi specifici dell’apprendimento nel corso di una serata svoltasi venerdì in auditorium a Merate con l’organizzazione di Dietrolalavagna e della cooperativa Specchio Magico.
Premesso che il genitore perfetto non esiste, come affermava Freud, in che modo si può agire per aiutare bambini e ragazzi nel riconoscimento e nella gestione delle proprie emozioni?

Sedute: a sinistra Silvia Columpsi, a destra Valentina Bianchi. In piedi: a destra Mariarosa Panzera (presidente Dietrolalavagna), a sinistra Chiara Valsecchi (vicepresidente Specchio Magico)
“Innanzitutto gli adulti devono fare un lavoro su sé stessi, per acquisire consapevolezza e poter anche porre rimedio a eventuali errori commessi”, ha esordito Silvia Columpsi. “In secondo luogo occorre esercitare nei confronti dei propri figli o dei propri alunni un ascolto attivo, dandogli uno spazio dedicato perché troppo spesso siamo distratti dalle nostre preoccupazioni o da occupazioni di vario tipo come per esempio l’utilizzo del cellulare.”.
Tanti i consigli pratici forniti dalle due esperte, anche con esempi concreti di situazioni critiche che possono verificarsi nella quotidianità. Se per esempio il bambino è in preda a una crisi di rabbia la prima cosa da fare è “sfiammare la situazione”; quindi niente urla, che andrebbero semmai ad aumentare la carica negativa creando una specie di tsunami, l’importante è restare calmi e aiutare il piccolo a riconoscere la propria emozione con un’azione di rispecchiamento. E se non ce la si fa, meglio prendersi una pausa e rimandare l’intervento a un momento più consono.

Importante poi è anche la comunicazione non verbale, perché le parole devono essere coerenti con la postura e l’espressione del viso: pronunciare parole di rassicurazione con un’espressione arrabbiata creerebbe solo confusione.
Ma sbagliato è anche intervenire banalizzando il problema (“non è successo niente”, “adesso ti passa”) o precipitandosi a dare consigli.
Bisogna “stare nelle emozioni” e connettersi con empatia. Solo quando il picco emotivo sarà passato l’adulto potrà intervenire facendo appello alla razionalità e fornendo quindi eventuali suggerimenti e soluzioni del problema.
E’ toccato a Valentina Bianchi fare una carrellata sulle principali emozioni con le differenti sfumature che assumono nelle diverse età: la paura, per esempio, che nei primi anni di vita è causata dal buio o da rumori forti come quelli del temporale, nelle fasi successive riguarda principalmente il proprio corpo o eventi che accadono nel mondo. Quanto all’ansia, la psicologa ha citato un’indagine svolta in una scuola secondaria di primo grado dove è risultato che l’80% dei ragazzi soffriva di ansia prestazionale, non solo per i risultati scolastici ma anche nella pratica dello sport.

Una fase particolarmente difficile è quella della preadolescenza.
“Il preadolescente è controdipendente”, ha spiegato la psicologa, “vuol dire che dipende ancora dall’adulto ma vorrebbe essere autonomo. Questo dà origine a una sorta di ambivalenza perché entra in conflitto con i genitori ma anche con sé stesso. In questa fase si verifica infatti uno sconvolgimento delle strutture cognitive e l’egocentrismo che si riaffaccia dopo una fase di latenza è un modo per recuperare le proprie energie”.
Le due esperte hanno sottolineato l’importanza di dare sia ai bambini che agli adolescenti delle regole, che devono essere poche ma ferme, concrete e precise, positive, motivate in modo semplice e chiaro, condivise con le altre figure di riferimento.
“Non ci sono emozioni negative, ma solo piacevoli e spiacevoli. Però esistono invece comportamenti negativi e gli adulti devono avere una funzione regolatrice”, ha affermato Silvia Columpsi. “Dare dei limiti è fondamentale e le regole sono rassicuranti”.
Nell’adolescenza le prescrizioni andranno affiancate anche dal dialogo, dall’aiuto a sviluppare un pensiero critico e il senso di responsabilità, dal sostegno mantenendo però la giusta distanza, dall’insegnamento a tollerare le frustrazioni.
Un’attenzione particolare va posta all’uso degli strumenti digitali, che non vanno demonizzati ma neppure lasciati usare senza controllo.
“La vita virtuale può dare la sensazione di avere il controllo delle proprie emozioni, ma questo può rendere difficile comprendere le emozioni degli altri nella vita reale”, ha sostenuto l’educatrice. “Inoltre troppi stimoli possono allontanare da sé, dal comprendere chi sono io, che cosa voglio, quali sono le mie passioni”.
A.Vi.