Merate: il virus dell'apprensività nella conferenza del dottor Osvaldo Poli con Dietrolalavagna
Genitori sempre più confusi, mamme preda dei sensi di colpa: è un quadro allarmante quello tracciato dallo psicologo e psicoterapeuta Osvaldo Poli intervenuto alla serata organizzata in auditorium a Merate venerdì sera dall’associazione Dietrolalavagna in collaborazione con la cooperativa onlus Specchio Magico nell’ambito dell’iniziativa “Centri per la famiglia”.
Il relatore, esperienza quarantennale alle spalle, ha tuttavia cercato di alleggerire il clima con una performance che pur non mancando di autorevolezza è riuscita a divertire e coinvolgere i numerosi genitori presenti grazie a una buona dose di ironia.

E quindi ecco materializzarsi, attraverso i racconti delle sue pazienti, mamme che per aiutare il pargolo nello studio imparano a memoria gli affluenti dei fiumi e le guerre puniche, mentre “il tatone” se ne sta tranquillamente a giocherellare o a pensare ai fatti suoi. Mamme che conoscono a memoria tutte le verifiche della settimana, mamme che se lui prende 5 in un compito stanno male, mamme che di notte non chiudono occhio sopraffatte dal timore di non aver fatto abbastanza. “Mamme sclerate”, per le quali la liberazione arriva non nel canonico 25 aprile ma il 15 di giugno quando finalmente la scuola chiude i battenti.

Ma perché parlare di madri e non di genitori? Perché, sostiene lo psicoterapeuta, sono soprattutto loro ad essere afflitte dal virus dell’apprensività e dal conseguente senso di colpa.
Come se ne esce?
“Ci si accorge che si sta superando il limite da due segnali: il primo è lo sfinimento, la fatica cronica; il secondo è la sensazione di dare fastidio ai figli, di risultare pesanti”, ha affermato Poli. La “stufetta”, così ha definito quella sensazione di non farcela più, è un’alleata perché interrompe quella spirale da cui diversamente non si riuscirebbe a evadere. Quanto alla sensazione di dare fastidio, spesso viene esplicitata dai ragazzi in modi a volte anche rudi (“lasciami perdere”, “dimenticati di me”) anche se purtroppo possono ottenere un esito negativo andando a incidere ulteriormente sul senso di inadeguatezza della madre.
“Importante è la misura nelle cose”, ha dichiarato l’esperto, “essere disponibili va bene ma senza esagerare. Ci deve essere un limite, non è giusto farsi fagocitare. Così come è sbagliato ‘pompare’ fin dall’infanzia i propri figli per paura che crescano privi di autostima, timore molto diffuso tra i genitori oggi”.
E se il ragazzo o la ragazza non studia non serve insistere, occorre responsabilizzare. Il che presuppone il taglio di quel cordone ombelicale non fisico ma psicologico che viene troppo spesso dilazionato nel tempo.

Le paure – di commettere errori educativi o di ripetere quelli subiti dai propri genitori, che i figli non si sentano amati, che si sentano abbandonati o non capiti, che si sentano infelici – sono altrettanti virus da cui i genitori dovrebbero tenersi lontani.
Anche perché “i figli non sono un foglio bianco, nascono con un corredo genetico che ne determina almeno in parte il carattere, insomma sono già difettati” e non tutto quindi dipende dall’educazione impartita dai genitori. Mentre attualmente spopola quello che il dottor Poli ha definito “determinismo educativo”, ovvero la credenza che la capacità dei genitori sia determinante nella crescita dei figli. Una tendenza questa spesso favorita dagli insegnanti, che tendono a par pesare sulle madri (chissà perché non anche sui padri) la causa degli insuccessi scolastici degli studenti.
Attenzione però, perché i ragazzi sono bravissimi nell’intercettare le paure e i sensi di colpa materni e con essi giocano a proprio vantaggio.
“Se lo stile educativo manca di risolutezza, ci si lascia facilmente abbindolare dai figli”, ha affermato senza troppi giri di parole il terapeuta.
Un aiuto può venire dal padre, sia a livello pratico per esempio andando ai colloqui con gli insegnanti al posto della madre, sia per un’interlocuzione necessaria tra i genitori sullo stile educativo messo in atto.

“Il dialogo di coppia per l’educazione dei figli è un dovere reciproco, occorre aiutarsi per comprendere gli errori commessi, ma anche valorizzarsi reciprocamente quando qualcosa funziona”, è il suggerimento dell’esperto che esorta ad “amare più la verità che il figlio stesso”.
Il prossimo incontro riguarderà la competenza emotiva e si terrà venerdì 4 aprile alle 20,45 sempre in auditorium. Interverranno la dottoressa Valentina Bianchi, psicologa, counselor e coach, e la dottoressa Silvia Columpsi, pedagogista, educatrice professionale e tutor Dsa.
Il relatore, esperienza quarantennale alle spalle, ha tuttavia cercato di alleggerire il clima con una performance che pur non mancando di autorevolezza è riuscita a divertire e coinvolgere i numerosi genitori presenti grazie a una buona dose di ironia.

E quindi ecco materializzarsi, attraverso i racconti delle sue pazienti, mamme che per aiutare il pargolo nello studio imparano a memoria gli affluenti dei fiumi e le guerre puniche, mentre “il tatone” se ne sta tranquillamente a giocherellare o a pensare ai fatti suoi. Mamme che conoscono a memoria tutte le verifiche della settimana, mamme che se lui prende 5 in un compito stanno male, mamme che di notte non chiudono occhio sopraffatte dal timore di non aver fatto abbastanza. “Mamme sclerate”, per le quali la liberazione arriva non nel canonico 25 aprile ma il 15 di giugno quando finalmente la scuola chiude i battenti.

Ma perché parlare di madri e non di genitori? Perché, sostiene lo psicoterapeuta, sono soprattutto loro ad essere afflitte dal virus dell’apprensività e dal conseguente senso di colpa.
Come se ne esce?
“Ci si accorge che si sta superando il limite da due segnali: il primo è lo sfinimento, la fatica cronica; il secondo è la sensazione di dare fastidio ai figli, di risultare pesanti”, ha affermato Poli. La “stufetta”, così ha definito quella sensazione di non farcela più, è un’alleata perché interrompe quella spirale da cui diversamente non si riuscirebbe a evadere. Quanto alla sensazione di dare fastidio, spesso viene esplicitata dai ragazzi in modi a volte anche rudi (“lasciami perdere”, “dimenticati di me”) anche se purtroppo possono ottenere un esito negativo andando a incidere ulteriormente sul senso di inadeguatezza della madre.
“Importante è la misura nelle cose”, ha dichiarato l’esperto, “essere disponibili va bene ma senza esagerare. Ci deve essere un limite, non è giusto farsi fagocitare. Così come è sbagliato ‘pompare’ fin dall’infanzia i propri figli per paura che crescano privi di autostima, timore molto diffuso tra i genitori oggi”.
E se il ragazzo o la ragazza non studia non serve insistere, occorre responsabilizzare. Il che presuppone il taglio di quel cordone ombelicale non fisico ma psicologico che viene troppo spesso dilazionato nel tempo.

Le paure – di commettere errori educativi o di ripetere quelli subiti dai propri genitori, che i figli non si sentano amati, che si sentano abbandonati o non capiti, che si sentano infelici – sono altrettanti virus da cui i genitori dovrebbero tenersi lontani.
Anche perché “i figli non sono un foglio bianco, nascono con un corredo genetico che ne determina almeno in parte il carattere, insomma sono già difettati” e non tutto quindi dipende dall’educazione impartita dai genitori. Mentre attualmente spopola quello che il dottor Poli ha definito “determinismo educativo”, ovvero la credenza che la capacità dei genitori sia determinante nella crescita dei figli. Una tendenza questa spesso favorita dagli insegnanti, che tendono a par pesare sulle madri (chissà perché non anche sui padri) la causa degli insuccessi scolastici degli studenti.
Attenzione però, perché i ragazzi sono bravissimi nell’intercettare le paure e i sensi di colpa materni e con essi giocano a proprio vantaggio.
“Se lo stile educativo manca di risolutezza, ci si lascia facilmente abbindolare dai figli”, ha affermato senza troppi giri di parole il terapeuta.
Un aiuto può venire dal padre, sia a livello pratico per esempio andando ai colloqui con gli insegnanti al posto della madre, sia per un’interlocuzione necessaria tra i genitori sullo stile educativo messo in atto.

“Il dialogo di coppia per l’educazione dei figli è un dovere reciproco, occorre aiutarsi per comprendere gli errori commessi, ma anche valorizzarsi reciprocamente quando qualcosa funziona”, è il suggerimento dell’esperto che esorta ad “amare più la verità che il figlio stesso”.
Il prossimo incontro riguarderà la competenza emotiva e si terrà venerdì 4 aprile alle 20,45 sempre in auditorium. Interverranno la dottoressa Valentina Bianchi, psicologa, counselor e coach, e la dottoressa Silvia Columpsi, pedagogista, educatrice professionale e tutor Dsa.
A.Vi.