Novate: gli adolescenti incontrano don Marco cappellano a San Vittore

Un incontro carico di riflessioni e testimonianze profonde si è svolto domenica 23 marzo nel salone sottostante la Chiesa di Novate, dove gli adolescenti della parrocchia hanno avuto l'opportunità di dialogare con don Marco Recalcati, cappellano carcerario a San Vittore. Dopo la Messa delle 18, il sacerdote ha condiviso la sua esperienza maturata in otto anni di servizio tra le mura del carcere, offrendo spunti di riflessione sulla realtà dei detenuti e sul significato dell'ascolto e della misericordia.
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Don Marco e don Eugenio

Ad aprire l'incontro è stato don Eugenio, alla guiuda della comunità della frazione meratese, che ha invitato i giovani a riflettere sulla fragilità umana e sull'importanza dell'umiltà. Con le parole del Papa, spesso rivolte ai detenuti di Rebibbia, ha ricordato come la domanda "Perché loro e non io?" sia una provocazione necessaria per riconoscere la comune condizione di vulnerabilità.
Don Marco ha poi fornito una visione concreta della vita all'interno di San Vittore, un luogo che ospita circa 1100 detenuti, di cui 80 donne. La struttura, caratterizzata dalla forma ad asterisco, suddivide i reclusi in diverse sezioni in base alle loro condizioni, tra cui giovani, tossicodipendenti e sottoposti a protezione. Il cappellano ha sfatato alcuni pregiudizi legati al mondo carcerario. Se l'immaginario collettivo tende a rappresentare la prigione come un luogo che separa i ‘buoni’ dai ‘cattivi’, la realtà raccontata da don Marco è ben diversa. A San Vittore, l’80% dei detenuti proviene da contesti di grave fragilità economica e sociale, mentre solo il 20% appartiene a classi più agiate. La criminalità, dunque, si lega spesso a condizioni di povertà e marginalizzazione.
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Durante l’incontro, don Marco ha sottolineato come uno degli aspetti più significativi del suo servizio sia l’ascolto. Ogni giorno incontra persone che portano con sé storie di dolore e rimorso, cercando un appiglio per ritrovare speranza. Con un tocco di ironia, ha raccontato che il suo strumento pastorale più utilizzato sono i fazzoletti di carta, sempre pronti per asciugare le lacrime di chi si confida con lui. Questo gesto semplice ma sincero rappresenta un primo passo verso la riconciliazione interiore. Nel suo racconto, don Marco ha portato anche testimonianze di detenuti che hanno trovato nel carcere uno spazio per riflettere e riscoprire legami affettivi. Per alcuni, il passaggio tra le sbarre ha rivelato la presenza di persone che continuano a voler loro bene nonostante gli errori commessi, come i familiari o i cappellani stessi.
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Le parole del Vangelo, ha raccontato don Marco, assumono un significato straordinario tra le mura del carcere. In quel contesto, la Parola di Dio diventa un balsamo capace di lenire ferite profonde e di aprire nuove prospettive. E non solo i detenuti hanno bisogno di conforto: anche il personale che lavora all’interno del carcere, dagli educatori agli agenti di polizia penitenziaria, porta con sé un carico emotivo che necessita di sostegno.
L’esperienza carceraria, ha spiegato don Marco, dimostra come le grandi scelte della vita siano poche, ma decisive. Tuttavia, le microscelte quotidiane, se fondate su sentimenti negativi come rabbia e odio, possono condurre a conseguenze drammatiche. Attraverso la condivisione di storie personali, come quella di un giovane detenuto che ha commesso un omicidio nei confronti della sua compagna, il cappellano ha invitato i ragazzi a riflettere sull’importanza di coltivare valori positivi.
Uno degli insegnamenti più profondi che don Marco ha tratto dalla sua esperienza è la consapevolezza che le differenze tra lui e i detenuti sono spesso legate unicamente alle circostanze di vita. "Se fossi nato in un contesto diverso e privo del sostegno della mia famiglia, la mia storia avrebbe potuto essere la loro", ha confessato. Questa riflessione lo ha portato a vivere il proprio ministero non con atteggiamento giudicante, ma con una sincera vicinanza umana.
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L’incontro si è concluso con un vivace scambio di domande tra i ragazzi e don Marco, che ha risposto con disponibilità e profondità. Anche don Eugenio ha condiviso alcune sue esperienze legate al mondo carcerario, arricchendo ulteriormente il dibattito.
Il messaggio lasciato da don Marco è chiaro: ognuno di noi, attraverso le proprie scelte, ha il potere di trasformare la realtà. Che si tratti di percorrere la strada dello studio, di costruire una famiglia o di dedicarsi a una vocazione, siamo tutti chiamati a contribuire a un mondo più giusto e misericordioso. Un invito, quello del cappellano di San Vittore, che gli adolescenti della parrocchia di Novate porteranno con sé come prezioso spunto di riflessione nel loro cammino di crescita personale e spirituale.
M.Pen.
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