Church pocket/54. Volti di Quaresima: il Vangelo della notte (del cuore). Nicodemo
C'è un aspetto della fede di cui si parla poco: il buio. Siamo abituati a pensare alla fede come una luce chiara, una certezza senza ombre. Eppure, ci sono momenti in cui la fede assomiglia più a una lanterna fioca che a un faro luminoso. In questi momenti ci si avvicina a Dio non con la sicurezza dei “già arrivati”, ma con il cuore inquieto di chi cerca. Nicodemo, il protagonista di questa storia, è uno di noi. Un uomo che non ha perso la voglia di fare domande, anche se le fa di notte, quando il buio copre le esitazioni e protegge i dubbi. Come scrive Calvino ne Il Barone Rampante: “Le notti senza luna sono le più luminose per chi sa guardare dentro di sé”. Una frase che ci ricorda come, talvolta, è proprio nell'oscurità che possiamo autenticamente trovare quella luce interiore. Anche Santa Teresa d'Avila, nel suo Castello Interiore, di cui consiglio la lettura, ci guida in un viaggio attraverso le stanze dell'anima, ricordandoci che “l'interiorità è un castello di cristallo dove la luce entra e si rifrange in modi diversi”. Un cammino che non elimina le ombre, ma le attraversa per poi ritornare nell luce più profonda.

Ma veniamo al personaggio di oggi. Nicodemo è un fariseo, un uomo rispettabile, un maestro in Israele. Eppure, qualcosa lo spinge a cercare Gesù. Lo fa di notte. Forse per paura di essere sorpreso, forse perché è di notte che la coscienza bussa al nostro cuore, che in tanto è in guerra con la mente. “Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui”. (Gv 3,2) Gesù non risponde con una spiegazione rassicurante. Anzi, spiazza Nicodemo con una frase misteriosa: “In verità, in verità ti dico: se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio”. Nicodemo rimane sconcertato: “Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?” Ma Gesù sta parlando di un altro tipo di nascita: quella del cuore, dello spirito, infatti continua dicendo “Ciò che è nato dalla carne è carne, e ciò che è nato dallo Spirito è spirito”. Non ci sono formule magiche o ricette semplici. Solo un invito: lasciarsi trasformare, accettare di non avere tutto sotto controllo, fidarsi dello Spirito che soffia dove vuole.
Papa Paolo VI, parlando della fede, ebbe a dire che è “un incontro personale con Gesù Cristo, un cammino che comporta anche la fatica di dubitare, di interrogarsi e di cercare”. Non un pacchetto preconfezionato di risposte, ma una relazione viva che cresce e si trasforma. Come quella risposta: totalmente spiazzante. Chi non ha mai vissuto una notte come quella di Nicodemo? Quelle notti in cui le certezze vacillano, le domande si fanno più grandi delle risposte e Dio sembra lontano. Ma è proprio in queste notti che la ricerca diventa autentica. La fede non è l'assenza di dubbi, ma il coraggio di non smettere di cercare. Nicodemo non ottiene risposte semplici, ma riceve qualcosa di più: un invito a rinascere, a lasciarsi cambiare. Karl Rahner scriveva: “Il cristiano del futuro o sarà un mistico, cioè una persona che ha fatto esperienza di Dio, o non sarà affatto”, consapevole che in un mondo che andava sempre più verso la tecnologia e la materialità, la ricerca di un “oltre” era l’unica ancora che ci può tenere saldi a Cristo. E questa esperienza spesso nasce proprio nelle notti interiori, dove le domande non trovano subito risposta. Anche io ho vissuto una notte della fede, nel periodo in cui il cammino sembrava portarmi verso una meta chiara: il sacerdozio. Il seminario era il luogo dove speravo di trovare risposte, ma col tempo ho scoperto che era invece il luogo dove le domande si facevano più pressanti, più intime, più scomode, come quelle fatte a Nicodemo. Non è stato facile accettare che il percorso che avevo scelto con tanto entusiasmo non fosse quello in cui Dio mi chiamava davvero a fiorire. È stato un periodo di silenzio interiore, di lotta con l'immagine che avevo costruito della mia vocazione. La decisione di interrompere quel cammino non è stata una resa, ma un atto di onestà verso Dio e verso di me. Ho imparato che la fede non è sempre un viaggio lineare. A volte è un labirinto dove non ci capisci nulla, un castello interiore dove bisogna attraversare stanze buie per trovare la finestra che si apre sulla luce. E proprio come Nicodemo, ho scoperto che anche nel buio più profondo, la ricerca di Dio può diventare il segno più autentico della Sua presenza.
Nicodemo non diventa un discepolo perfetto in quel momento. Non lascia tutto per seguire Gesù. Ma qualcosa in lui cambia. In quella notte. Lo ritroveremo più avanti, quando difende Gesù davanti ai farisei (Gv 7,50-51) e, infine, quando partecipa alla sepoltura di Gesù, alla luce del sole di quel venerdì, dove uno moriva e l’altro rinasceva. La fede di Nicodemo, quindi, cresce nel silenzio, nei dubbi, nella notte. Nonostante le domande o forse proprio grazie a esse. Perché la fede non è una meta da raggiungere, ma una montagna da scalare. Non è la certezza assoluta, come il tempo in montagna che repentinamente cambia. In fondo, anche la notte ha il suo Vangelo. "La pazienza ottiene tutto; chi possiede Dio non manca di nulla. Solo Dio basta". Un promemoria di Teresa D’Avila, una gigante donna della fede, silenzioso per ricordarci che, nelle notti più oscure, la presenza di Dio è la luce che non si spegne mai.
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Ma veniamo al personaggio di oggi. Nicodemo è un fariseo, un uomo rispettabile, un maestro in Israele. Eppure, qualcosa lo spinge a cercare Gesù. Lo fa di notte. Forse per paura di essere sorpreso, forse perché è di notte che la coscienza bussa al nostro cuore, che in tanto è in guerra con la mente. “Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui”. (Gv 3,2) Gesù non risponde con una spiegazione rassicurante. Anzi, spiazza Nicodemo con una frase misteriosa: “In verità, in verità ti dico: se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio”. Nicodemo rimane sconcertato: “Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?” Ma Gesù sta parlando di un altro tipo di nascita: quella del cuore, dello spirito, infatti continua dicendo “Ciò che è nato dalla carne è carne, e ciò che è nato dallo Spirito è spirito”. Non ci sono formule magiche o ricette semplici. Solo un invito: lasciarsi trasformare, accettare di non avere tutto sotto controllo, fidarsi dello Spirito che soffia dove vuole.
Papa Paolo VI, parlando della fede, ebbe a dire che è “un incontro personale con Gesù Cristo, un cammino che comporta anche la fatica di dubitare, di interrogarsi e di cercare”. Non un pacchetto preconfezionato di risposte, ma una relazione viva che cresce e si trasforma. Come quella risposta: totalmente spiazzante. Chi non ha mai vissuto una notte come quella di Nicodemo? Quelle notti in cui le certezze vacillano, le domande si fanno più grandi delle risposte e Dio sembra lontano. Ma è proprio in queste notti che la ricerca diventa autentica. La fede non è l'assenza di dubbi, ma il coraggio di non smettere di cercare. Nicodemo non ottiene risposte semplici, ma riceve qualcosa di più: un invito a rinascere, a lasciarsi cambiare. Karl Rahner scriveva: “Il cristiano del futuro o sarà un mistico, cioè una persona che ha fatto esperienza di Dio, o non sarà affatto”, consapevole che in un mondo che andava sempre più verso la tecnologia e la materialità, la ricerca di un “oltre” era l’unica ancora che ci può tenere saldi a Cristo. E questa esperienza spesso nasce proprio nelle notti interiori, dove le domande non trovano subito risposta. Anche io ho vissuto una notte della fede, nel periodo in cui il cammino sembrava portarmi verso una meta chiara: il sacerdozio. Il seminario era il luogo dove speravo di trovare risposte, ma col tempo ho scoperto che era invece il luogo dove le domande si facevano più pressanti, più intime, più scomode, come quelle fatte a Nicodemo. Non è stato facile accettare che il percorso che avevo scelto con tanto entusiasmo non fosse quello in cui Dio mi chiamava davvero a fiorire. È stato un periodo di silenzio interiore, di lotta con l'immagine che avevo costruito della mia vocazione. La decisione di interrompere quel cammino non è stata una resa, ma un atto di onestà verso Dio e verso di me. Ho imparato che la fede non è sempre un viaggio lineare. A volte è un labirinto dove non ci capisci nulla, un castello interiore dove bisogna attraversare stanze buie per trovare la finestra che si apre sulla luce. E proprio come Nicodemo, ho scoperto che anche nel buio più profondo, la ricerca di Dio può diventare il segno più autentico della Sua presenza.
Nicodemo non diventa un discepolo perfetto in quel momento. Non lascia tutto per seguire Gesù. Ma qualcosa in lui cambia. In quella notte. Lo ritroveremo più avanti, quando difende Gesù davanti ai farisei (Gv 7,50-51) e, infine, quando partecipa alla sepoltura di Gesù, alla luce del sole di quel venerdì, dove uno moriva e l’altro rinasceva. La fede di Nicodemo, quindi, cresce nel silenzio, nei dubbi, nella notte. Nonostante le domande o forse proprio grazie a esse. Perché la fede non è una meta da raggiungere, ma una montagna da scalare. Non è la certezza assoluta, come il tempo in montagna che repentinamente cambia. In fondo, anche la notte ha il suo Vangelo. "La pazienza ottiene tutto; chi possiede Dio non manca di nulla. Solo Dio basta". Un promemoria di Teresa D’Avila, una gigante donna della fede, silenzioso per ricordarci che, nelle notti più oscure, la presenza di Dio è la luce che non si spegne mai.
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Rubrica a cura di Pietro Santoro