Ma in Lombardia è ancora un diritto l’assistenza sanitaria?

Mark Carney, il nuovo premier canadese, nel suo primo intervento per ribadire che il Canada mai e poi mai sarà americano ha detto: in America l’assistenza sanitaria è un grande business. In Canada, è un diritto.

Ecco ci è tornata in mente questa frase, di una potenza deflagrante, raccontando una storia di ordinaria disorganizzazione, improvvisazione, errata programmazione, oppure, più scientificamente, provocata dal preciso obiettivo di trasformare l’assistenza sanitaria lombarda in un grande business.

Protagonista una signora di 90 anni, ormai sostanzialmente incapace di deambulare autonomamente, lucida, attenta, a tratti aspramente spiritosa.

Si comincia con la consueta visita davanti ai tre esperti per accertarne l’incapacità di muoversi senza un accompagnatore. Una umiliazione che un sistema assistenziale serio eviterebbe. Del resto, ci sia consentita una parentesi personale, chi scrive ebbe la madre, anche lei novantenne, con una gamba amputata. E nonostante ciò ogni anno doveva essere trasportata in ospedale per la visita in modo da avere conferma che nel frattempo la gamba non fosse ricresciuta.

Dunque, la signora in questione necessita di fisioterapia. Tramite il Ciad, si passa al centro assistenza privata . Si deve attendere la visita del fisiatra a fine mese, sempre che abbia abbastanza utenti-pazienti che consentono la giornata intera di visite (ca una ventina) altrimenti se , esempio ci fossero solo due pazienti, si deve attendere la fine del mese successivo. Esce il fisiatra che non rilascia alcuna relazione al paziente o ai famigliari, ma la stessa deve essere successivamente richiesta. Si richiede quindi la relazione che serve da inserire nel faticoso percorso per ottenere l'accompagnamento della signora invalida al 100%. Purtroppo , nonostante la relazione  dei medici dopo il ricovero e quella del fisiatra non accreditato dalla regione, si deve richiedere altra impegnativa specifica per questa pratica.
Il medico di famiglia predispone l’impegnativa  entro 72 ore con l’opzione a domicilio. Viceversa, occorrono braccia forti per scendere le scale e mettere la donna in auto, la carrozzina, raggiungere l’ospedale ecc. ecc.

Ma, sorpresa, non ci sono fisiatri che effettuano prestazioni a domicilio. Mettere al corrente della circostanza, da parte della direzione sanitaria;  i medici di famiglia sarebbe il minimo sindacale. L'impegnativa non va bene, bisogna rifarla togliendo a domicilio. In realtà non si capisce a che cosa dovrebbe servire questo certificato, dato che la necessità della fisioterapia è già stata acclarata. Ma la burocrazia pretende il certificato di un fisiatra accredidato  per consentire che la pratica possa proseguire.

Dunque si procede con la telefonata alla palestra. La prima data disponibile per la vista è Dicembre 2025. E, ma è un po’ in là, la signora avrebbe bisogno in tempi più ragionevoli.

Nessun problema, la si può fare anche dopodomani: il fisiatra effettua dentro l’ospedale prestazioni a pagamento dopo l’orario di lavoro al contenuto costo di 130 euro.

Quindi oltre al disagio del trasporto ci sono anche 130 euro da pagare. Ma a domicilio invece? Si è possibile, c’è una dottoressa che non lavora per l’ASST Lecco ma è convenzionata e viene anche a domicilio. Costo? 200 euro più 2 di bollo.

A questo punto al paziente che necessita del certificato per ottenere l'attestazione dalla Commissione non resta che o  pagare  200 euro alla fisiatra a domicilio o ricorrere alla prestazione d'urgenza immaginando le rimostranze del primario secondo il quale l'urgenza non c'è.

Poi, siccome la necessità di riattivare le articolazioni per migliorare la deambulazione, non resta che ricorrere per almeno altre due sedute la settimana a un  fisioterapista privato al costo minimo di 50 euro a seduta. Il fisiatra del centro assistenza privata, ha dato la possibilità di 20 sedute per 2 mesi, ecco perché bisogna reintegrare con una professionista privata  .....

A Attilio Fontana, che ha definito puttanate la classifica del Ministero della Salute che ha collocato al settimo posto la Regione quanto a offerta pubblica ospedaliera, non c’è molto da dire. Recita la sua parte. Nessuno dei leghisti presenti in auditorium speriamo debba subire le inefficienze del sistema per poi ricredersi sulla validità della classifica. A Salvini, fanatico estimatore di Trump (e Putin e Orban) si può solo ricordare le parole prima di Trudeau e ora di Carney: in America l’assistenza sanitaria è un business. E in Italia e in Lombardia? E’ ancora un diritto o uno dopo l'altro dovremo rinunciare a curarci?
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