Acque più pulite ma a che prezzo? Recuperare ecosistemi acquatici
Caro Direttore, Negli ultimi venti anni, grazie ai progressi nelle tecnologie di depurazione, le acque dei nostri fiumi e laghi sono diventate più pulite. Tuttavia, questo miglioramento ha avuto un costo che forse non avevamo previsto. Se da un lato l’acqua è meno inquinata, dall’altro abbiamo assistito alla scomparsa di molte specie autoctone, come l’alborella, la tinca, il cavedano, il luccio e la scarola, e a un drastico cambiamento negli ecosistemi acquatici che un tempo erano ricchi di vita.
Ciò che non ci è stato detto è che, pur depurando l’acqua, la sua "troppa pulizia" ha creato un ambiente che non è più in grado di sostenere molte delle specie che vi abitavano. Le alghe, i canneti e le piante acquatiche che forniscono rifugio e cibo a numerose specie sono diventati sempre più rari. Le acque, pur essendo diventate adatte al consumo umano, sono ormai prive di quella biodiversità che un tempo ne caratterizzava la salute. La domanda che oggi dobbiamo porci è: come possiamo mantenere acque pulite senza compromettere gli ecosistemi naturali che esse ospitano?
La risposta non sta nell’abbandonare i progressi fatti in termini di depurazione, ma nel trovare un compromesso ecologico che permetta di coniugare la qualità dell’acqua con la protezione della biodiversità. Ad esempio, sarebbe fondamentale adottare una gestione più ecologica dei nutrienti, che non elimini completamente gli elementi essenziali per la crescita delle piante acquatiche, ma che limiti l’eccesso di azoto e fosforo che, se in abbondanza, provoca il deterioramento dell’ecosistema.
Allo stesso tempo, il restauro delle rive naturali e l’introduzione di sistemi di fitodepurazione potrebbero contribuire a mantenere l’equilibrio ecologico, favorendo la crescita di piante autoctone e migliorando la qualità dell’acqua. Il nostro futuro, quello degli ecosistemi acquatici e delle generazioni che verranno, dipende da come riusciremo a conciliare la necessità di acqua pulita con quella di preservare la vita che essa sostiene. È fondamentale adottare politiche di gestione che non solo risolvano i problemi immediati di qualità dell’acqua, ma che guardino anche al lungo termine, ripristinando gli habitat naturali e proteggendo la biodiversità.
Ciò che non ci è stato detto è che, pur depurando l’acqua, la sua "troppa pulizia" ha creato un ambiente che non è più in grado di sostenere molte delle specie che vi abitavano. Le alghe, i canneti e le piante acquatiche che forniscono rifugio e cibo a numerose specie sono diventati sempre più rari. Le acque, pur essendo diventate adatte al consumo umano, sono ormai prive di quella biodiversità che un tempo ne caratterizzava la salute. La domanda che oggi dobbiamo porci è: come possiamo mantenere acque pulite senza compromettere gli ecosistemi naturali che esse ospitano?
La risposta non sta nell’abbandonare i progressi fatti in termini di depurazione, ma nel trovare un compromesso ecologico che permetta di coniugare la qualità dell’acqua con la protezione della biodiversità. Ad esempio, sarebbe fondamentale adottare una gestione più ecologica dei nutrienti, che non elimini completamente gli elementi essenziali per la crescita delle piante acquatiche, ma che limiti l’eccesso di azoto e fosforo che, se in abbondanza, provoca il deterioramento dell’ecosistema.
Allo stesso tempo, il restauro delle rive naturali e l’introduzione di sistemi di fitodepurazione potrebbero contribuire a mantenere l’equilibrio ecologico, favorendo la crescita di piante autoctone e migliorando la qualità dell’acqua. Il nostro futuro, quello degli ecosistemi acquatici e delle generazioni che verranno, dipende da come riusciremo a conciliare la necessità di acqua pulita con quella di preservare la vita che essa sostiene. È fondamentale adottare politiche di gestione che non solo risolvano i problemi immediati di qualità dell’acqua, ma che guardino anche al lungo termine, ripristinando gli habitat naturali e proteggendo la biodiversità.
Mauro Piani