S. Maria: la storia della Palestina e i rapporti con Israele. Il lungo racconto dal 1897 a oggi del console Hani Gaber
Nella serata di venerdì 28 febbraio tanti cittadini si sono riuniti presso l'aula Consiliare di Santa Maria Hoé per riflettere sulla situazione in Palestina con Fulvio Magni del direttivo Anpi Brianza Meratese, il sindaco di Santa Maria Efrem Brambilla e il console rappresentante per il Nord Italia della Palestina Hani Gaber.

Santa Maria è stato il primo comune del meratese a firmare l'ordine del giorno sul riconoscimento dello stato di Palestina, ancora negato a livello nazionale e perciò è stato scelto da Anpi per ospitare questo primo incontro per non voltare le spalle a ciò che sta accadendo in Medio Oriente. Il console ha compiuto un breve excursus storico per spiegare come la “questione palestinese” non sia iniziata dopo il 7 ottobre 2023, bensì abbia le sue origini nel primo congresso sionista del 1897, che ha dato inizio alla migrazione ebraica in terra palestinese. Una situazione peggiorata nel 1917 con la dichiarazione di Balfour, con la quale il Regno Unito metteva a disposizione del movimento sionista dei territori in Palestina per costituire un "focolare nazionale". La migrazione ebraica toccò un forte picco e portò alla confisca della terra dei palestinesi, 27.000 chilometri quadrati popolati per il 6% da gente di religione ebraica, per il 33% da cristiani e la restante percentuale da musulmani, comunità che vivevano in pace e armonia. Con l'avvento del sionismo, dello stato di Israele e dell'Apartheid, la situazione si è sbilanciata con un aumento esponenziale degli ebrei, che ha portato ad una spartizione della Palestina storica in due stati: uno ebraico e uno Palestinese, ai quali si aggiungevano le Nazioni Unite che controllavano Gerusalemme. I palestinesi hanno però rifiutato la disgregazione e ridistribuzione della loro patria tra gli invasori, una posizione che li ha messi in cattiva luce per non aver accettato questo accordo proposto dall'ONU.

Nel frattempo Israele si era auto proclamato stato nel 1948 occupando il 78% della Palestina, mentre la Cisgiordania fu affidata alla Giordania e la Striscia di Gaza momentaneamente all'Egitto. Un'operazione che portò all'espulsione di 1 milione di palestinesi, oggi diventati 7 milioni, ancora erranti per il mondo senza una terra da chiamare casa. La Palestina propose così la creazione di un proprio stato laico e democratico, con la convivenza pacifica di popoli che vigeva prima della disgregazione. Uno stato in Cisgiordania, Gaza e la parte araba di Gerusalemme, situato dunque al fianco di Israele e non al suo posto, ufficializzato il 15 novembre 1988.
Nel 1993, con gli Accordi di Oslo, sembrava essersi posata la base giusta per risolvere il conflitto tra i due popoli: Israele ha riconosciuto la squadra negoziale dell' Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) come "rappresentante del popolo palestinese", in cambio del riconoscimento da parte dell'OLP del diritto di Israele a esistere in pace, l'accettazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU 242 e 338 ed il rifiuto di "violenza e terrorismo", un patto però mantenuto solo dalla Palestina ha commentato Gaber, mentre Israele ha continuato sulla sua mira espansionistica per avere un “Grande Israele”.

Arrivando alla situazione attuale, la Palestina ha cercato di rafforzare il dialogo con le forze ebraiche, laiche e democratiche per trovare supporto. Un'azione che non ha funzionato: la Cisgiordania rischia di essere confiscata, i palestinesi sono discriminati in tutto, l'unico stato democratico è Israele nonostante non riconosca interi popoli. Nella Striscia di Gaza vivono più di due milioni di palestinesi in maniera disumana, una terra che negli anni è sempre stata attaccata e che oggi è invivibile. “Israele ha lasciato che Hamas attaccasse per trovare un pretesto per acuire il genocidio in atto ancora oggi mentre il mondo guarda. Israele risulta intoccabile per la questione dell'olocausto, bisogna cessare le aggressioni verbali e prendere azioni concrete, perché io sono sempre stato ottimista di natura, però vedendo i fatti credo che Israele non abbia intenzione di arrivare alla pace e al dialogo, soprattutto finché è protetta dalle armi e dall'America” ha concluso il console, stanco del trattamento riservato al suo popolo. Una guerra che ha portato alla completa distruzione di Gaza, una terra che sarà quasi impossibile ricostruire in futuro e alla perpetrazione di un massacro e persecuzione dei palestinesi in atto da più di 100 anni.
A chiudere la serata sono stati numerosi interventi dei presenti, che hanno dialogato con i tre relatori con esperienze, domande e ragionamenti per inquadrare la reale situazione del popolo palestinese, andando oltre le notizie che da più di un anno vengono trasmesse da televisioni e giornali.

Fulvio Magni, Hani Gaber, Efrem Brambilla
Santa Maria è stato il primo comune del meratese a firmare l'ordine del giorno sul riconoscimento dello stato di Palestina, ancora negato a livello nazionale e perciò è stato scelto da Anpi per ospitare questo primo incontro per non voltare le spalle a ciò che sta accadendo in Medio Oriente. Il console ha compiuto un breve excursus storico per spiegare come la “questione palestinese” non sia iniziata dopo il 7 ottobre 2023, bensì abbia le sue origini nel primo congresso sionista del 1897, che ha dato inizio alla migrazione ebraica in terra palestinese. Una situazione peggiorata nel 1917 con la dichiarazione di Balfour, con la quale il Regno Unito metteva a disposizione del movimento sionista dei territori in Palestina per costituire un "focolare nazionale". La migrazione ebraica toccò un forte picco e portò alla confisca della terra dei palestinesi, 27.000 chilometri quadrati popolati per il 6% da gente di religione ebraica, per il 33% da cristiani e la restante percentuale da musulmani, comunità che vivevano in pace e armonia. Con l'avvento del sionismo, dello stato di Israele e dell'Apartheid, la situazione si è sbilanciata con un aumento esponenziale degli ebrei, che ha portato ad una spartizione della Palestina storica in due stati: uno ebraico e uno Palestinese, ai quali si aggiungevano le Nazioni Unite che controllavano Gerusalemme. I palestinesi hanno però rifiutato la disgregazione e ridistribuzione della loro patria tra gli invasori, una posizione che li ha messi in cattiva luce per non aver accettato questo accordo proposto dall'ONU.

Nel frattempo Israele si era auto proclamato stato nel 1948 occupando il 78% della Palestina, mentre la Cisgiordania fu affidata alla Giordania e la Striscia di Gaza momentaneamente all'Egitto. Un'operazione che portò all'espulsione di 1 milione di palestinesi, oggi diventati 7 milioni, ancora erranti per il mondo senza una terra da chiamare casa. La Palestina propose così la creazione di un proprio stato laico e democratico, con la convivenza pacifica di popoli che vigeva prima della disgregazione. Uno stato in Cisgiordania, Gaza e la parte araba di Gerusalemme, situato dunque al fianco di Israele e non al suo posto, ufficializzato il 15 novembre 1988.
Nel 1993, con gli Accordi di Oslo, sembrava essersi posata la base giusta per risolvere il conflitto tra i due popoli: Israele ha riconosciuto la squadra negoziale dell' Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) come "rappresentante del popolo palestinese", in cambio del riconoscimento da parte dell'OLP del diritto di Israele a esistere in pace, l'accettazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU 242 e 338 ed il rifiuto di "violenza e terrorismo", un patto però mantenuto solo dalla Palestina ha commentato Gaber, mentre Israele ha continuato sulla sua mira espansionistica per avere un “Grande Israele”.

Arrivando alla situazione attuale, la Palestina ha cercato di rafforzare il dialogo con le forze ebraiche, laiche e democratiche per trovare supporto. Un'azione che non ha funzionato: la Cisgiordania rischia di essere confiscata, i palestinesi sono discriminati in tutto, l'unico stato democratico è Israele nonostante non riconosca interi popoli. Nella Striscia di Gaza vivono più di due milioni di palestinesi in maniera disumana, una terra che negli anni è sempre stata attaccata e che oggi è invivibile. “Israele ha lasciato che Hamas attaccasse per trovare un pretesto per acuire il genocidio in atto ancora oggi mentre il mondo guarda. Israele risulta intoccabile per la questione dell'olocausto, bisogna cessare le aggressioni verbali e prendere azioni concrete, perché io sono sempre stato ottimista di natura, però vedendo i fatti credo che Israele non abbia intenzione di arrivare alla pace e al dialogo, soprattutto finché è protetta dalle armi e dall'America” ha concluso il console, stanco del trattamento riservato al suo popolo. Una guerra che ha portato alla completa distruzione di Gaza, una terra che sarà quasi impossibile ricostruire in futuro e alla perpetrazione di un massacro e persecuzione dei palestinesi in atto da più di 100 anni.
A chiudere la serata sono stati numerosi interventi dei presenti, che hanno dialogato con i tre relatori con esperienze, domande e ragionamenti per inquadrare la reale situazione del popolo palestinese, andando oltre le notizie che da più di un anno vengono trasmesse da televisioni e giornali.
I.Bi.