INPS, Rendiconto di Genere '24: continuano discriminazioni
Pochi giorni fa il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (CIV) dell’Inps ha presentato il “Rendiconto di Genere 2024”, un'analisi approfondita sulle disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro, nel sistema previdenziale e nella protezione sociale in Italia. Tutti i dati contenuti nel Rendiconto 2024 segnalano che la componente femminile del nostro Paese, che pure rappresenta più della metà del totale (più di 30 milioni di donne contro i quasi 29 milioni di uomini), si trova in una evidente situazione di svantaggio.
A cominciare dal tasso di occupazione, che nelle donne è bassissimo, ovvero il 52,5%, quasi 18 punti di differenza rispetto a quello degli uomini (al 70,4%). Le donne restano nelle retrovie anche guardando all’aumento di assunzioni di questi ultimi anni: solo il 42,3% del totale dei nuovi contratti hanno riguardato una donna, e di questi meno di 1/5 è stato stipulato a tempo indeterminato, contro il 22,6% dei contratti stabili “maschili”.
E ancora, sono principalmente le donne ad avere rapporti di lavoro part-time, buona parte dei quali è da considerarsi involontario. Tutto ciò si riflette, ovviamente, sulla retribuzione: le buste paga delle donne pesano in media il 20% in meno di quelle degli uomini, con picchi del 32% nelle attività finanziarie e del 23,7% nel commercio; questo divario ha conseguenze importanti anche sugli importi pensionistici, aggravando il rischio di povertà femminile nella terza età.
Le donne sono sottorappresentate nei ruoli dirigenziali, con solo il 21,1% dei dirigenti di sesso femminile, confermando un gender gap significativo nei livelli apicali del mondo del lavoro. Eppure le donne sono la maggioranza non solo tra chi dispone di un diploma di scuola superiore (il 52,6% dei diplomati) ma stravincono tra i laureati, dove costituiscono addirittura il 60% del totale. Dunque, ricapitolando: più numerose e più istruite, ma ancora vittime di discriminazione di genere.
Il rapporto analizza anche il tema della conciliazione vita-lavoro, mostrando come i congedi parentali siano fruiti quasi esclusivamente dalle donne (oltre il 90% delle richieste), che si sobbarcano così in modo sproporzionato il carico della cura familiare. Anche sul tema della violenza di genere, i dati evidenziano un aumento delle richieste di Reddito di Libertà e di congedi per le vittime di violenza, segno di un fenomeno ancora diffuso e della necessità di rafforzare le misure di tutela e protezione.
Interessante, infine, anche l’analisi dei dati sull’immigrazione e l’emigrazione: negli ultimi dieci anni, a fronte di un incremento complessivo dei flussi di immigrazione annua del 9.6%, risulta una crescita degli immigrati maschi del 27% e una riduzione del 5% delle immigrate. Al contrario, l’emigrazione femminile, cioè dall’Italia verso l’estero, aumenta quasi il doppio di quella maschile, 40% rispetto al 24%. In sintesi: in Italia arrivano meno donne da altri Paesi e in compenso sempre più donne italiane se ne vanno a vivere altrove.
Il commento di Diego Riva, Segretario generale della CGIL Lecco: “Il dossier INPS mette nero su bianco una serie di discriminazioni che colpiscono le donne da quando iniziano a lavorare fino alla pensione. Di fronte a questi problemi, il governo rimane immobile; aumentare il congedo obbligatorio di paternità, ad esempio, sarebbe una misura importante, ma la maggioranza si è limitata a dare attuazione al minimo previsto dalla Direttiva europea, portandolo a 10 giorni e dimostrando ancora una volta di non voler davvero fare nulla.
Inoltre, la cronica carenza di asili nido e servizi per l’infanzia nel nostro Paese continua a rappresentare uno dei principali ostacoli alla piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro, spesso costrette a ridurre l’orario o ad abbandonare l’occupazione. Senza un investimento strutturale sui servizi educativi per l’infanzia, qualsiasi discorso sulla parità di genere rischia di rimanere pura retorica”.
A cominciare dal tasso di occupazione, che nelle donne è bassissimo, ovvero il 52,5%, quasi 18 punti di differenza rispetto a quello degli uomini (al 70,4%). Le donne restano nelle retrovie anche guardando all’aumento di assunzioni di questi ultimi anni: solo il 42,3% del totale dei nuovi contratti hanno riguardato una donna, e di questi meno di 1/5 è stato stipulato a tempo indeterminato, contro il 22,6% dei contratti stabili “maschili”.
E ancora, sono principalmente le donne ad avere rapporti di lavoro part-time, buona parte dei quali è da considerarsi involontario. Tutto ciò si riflette, ovviamente, sulla retribuzione: le buste paga delle donne pesano in media il 20% in meno di quelle degli uomini, con picchi del 32% nelle attività finanziarie e del 23,7% nel commercio; questo divario ha conseguenze importanti anche sugli importi pensionistici, aggravando il rischio di povertà femminile nella terza età.
Le donne sono sottorappresentate nei ruoli dirigenziali, con solo il 21,1% dei dirigenti di sesso femminile, confermando un gender gap significativo nei livelli apicali del mondo del lavoro. Eppure le donne sono la maggioranza non solo tra chi dispone di un diploma di scuola superiore (il 52,6% dei diplomati) ma stravincono tra i laureati, dove costituiscono addirittura il 60% del totale. Dunque, ricapitolando: più numerose e più istruite, ma ancora vittime di discriminazione di genere.
Il rapporto analizza anche il tema della conciliazione vita-lavoro, mostrando come i congedi parentali siano fruiti quasi esclusivamente dalle donne (oltre il 90% delle richieste), che si sobbarcano così in modo sproporzionato il carico della cura familiare. Anche sul tema della violenza di genere, i dati evidenziano un aumento delle richieste di Reddito di Libertà e di congedi per le vittime di violenza, segno di un fenomeno ancora diffuso e della necessità di rafforzare le misure di tutela e protezione.
Interessante, infine, anche l’analisi dei dati sull’immigrazione e l’emigrazione: negli ultimi dieci anni, a fronte di un incremento complessivo dei flussi di immigrazione annua del 9.6%, risulta una crescita degli immigrati maschi del 27% e una riduzione del 5% delle immigrate. Al contrario, l’emigrazione femminile, cioè dall’Italia verso l’estero, aumenta quasi il doppio di quella maschile, 40% rispetto al 24%. In sintesi: in Italia arrivano meno donne da altri Paesi e in compenso sempre più donne italiane se ne vanno a vivere altrove.
Il commento di Diego Riva, Segretario generale della CGIL Lecco: “Il dossier INPS mette nero su bianco una serie di discriminazioni che colpiscono le donne da quando iniziano a lavorare fino alla pensione. Di fronte a questi problemi, il governo rimane immobile; aumentare il congedo obbligatorio di paternità, ad esempio, sarebbe una misura importante, ma la maggioranza si è limitata a dare attuazione al minimo previsto dalla Direttiva europea, portandolo a 10 giorni e dimostrando ancora una volta di non voler davvero fare nulla.
Inoltre, la cronica carenza di asili nido e servizi per l’infanzia nel nostro Paese continua a rappresentare uno dei principali ostacoli alla piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro, spesso costrette a ridurre l’orario o ad abbandonare l’occupazione. Senza un investimento strutturale sui servizi educativi per l’infanzia, qualsiasi discorso sulla parità di genere rischia di rimanere pura retorica”.
