Church pocket/51. Infallibile a Chi? Non tutti gli eroi indossano la mitria

Se pensavate che con la prima parte avessimo messo la parola “fine” sull’infallibilità papale. E no, non siamo qui per distribuire dogmi preconfezionati come fossero caramelle. Oggi si entra nel vivo. Perché se c’è una cosa che la storia della Chiesa ci insegna è questa: l’infallibilità papale non è un superpotere stile Avengers e il Papa non ha bisogno di gridare “Hulk spacca!” per essere ascoltato. Anzi, la Chiesa cresce proprio lì dove si litiga con passione, dove Pietro e Paolo si prendono a parole (e non solo), e dove i santi non hanno paura di alzare la voce per difendere la verità. Sì, anche se questo significa fare un gesto teatrale davanti all’imperatore Costantino. Quindi, allacciate le cinture teologiche. Spoiler: la Chiesa non è un club di yes-men in abito talare. È una comunità viva, dove il confronto è la regola. 
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 L'infallibilità papale, come anticipato nel pezzo della settimana scorsa, è stata esercitata in modo ufficiale in due occasioni molto specifiche: la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione da parte di Papa Pio IX nel 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, e quella dell'Assunzione di Maria da parte di Papa Pio XII nel 1950 con la costituzione apostolica Munificentissimus Deus. Tutto il resto rientra nella vasta gamma del magistero ordinario, che può e deve essere oggetto di riflessione e discernimento. Questo significa che le sue affermazioni possono essere criticate, analizzate e persino messe in discussione, purché ciò avvenga con rispetto e all'interno di un dialogo costruttivo. Tuttavia, tale critica non può mai negare l'autorità della Chiesa o minare la sua unità. Il magistero ordinario offre insegnamenti autorevoli, ma non infallibili, quindi i fedeli hanno il diritto e il dovere di esercitare il proprio giudizio, specialmente quando sorgono questioni complesse o controverse. Padre Enrico Cattaneo, gesuita e mio docente di Tradizione e Magistero, dice che magistero ordinario è l'insegnamento del Papa e dei vescovi in comunione con lui, volto a guidare la Chiesa nelle questioni di fede e di morale. Pur non essendo infallibile, richiede un’assunzione critica e rispettosa da parte dei fedeli, che possono esprimere riserve quando sorgono questioni controverse, purché ciò avvenga in uno spirito di fedeltà ecclesiale e dialogo costruttivo Quando si critica un Papa — che si chiami Francesco, Benedetto o Giovanni Paolo — non si sta necessariamente andando contro lo Spirito Santo. La Chiesa stessa è cresciuta grazie a discussioni accese, a concili, a santi che hanno avuto il coraggio di dissentire quando serviva. Basti pensare al cosiddetto Concilio di Gerusalemme (Atti 15), dove Pietro e Paolo si confrontarono aspramente sulla questione della circoncisione per i pagani convertiti. Non fu una discussione tranquilla e cordiale da salotto, ma un vero e proprio scontro teologico, con opinioni divergenti e tensioni forti. E che dire dei grandi concili ecumenici come Nicea o Calcedonia? Le dispute erano così accese che volavano anatemi come coriandoli e, in alcuni casi, si arrivava persino a scontri fisici. I Padri della Chiesa non avevano certo paura di litigare per la verità. Ma proprio da quei confronti, talvolta ruvidi e appassionati, sono nate le definizioni di fede che ancora oggi professiamo. Attorno al Concilio di Nicea, convocato per affrontare la controversia dell’Arianesimo, si racconta che, mentre Ario esponeva le sue argomentazioni, San Nicola si infuriò così tanto da perdere la pazienza e, incapace di contenere la rabbia, si alzò e gli diede un sonoro schiaffo. Un gesto che lasciò tutti sbalorditi, compreso l’imperatore Costantino, presente all’assemblea.
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E quindi? Amare non significa abbandonare la ragione. Significa camminare su un filo sottile: tra misericordia e verità, tra comprensione e chiarezza dottrinale. La Chiesa non è un club esclusivo per santi perfetti né un talk show dove tutto si riduce a slogan facili. È una comunità in cammino, fatta di santi e peccatori, di teologi e di persone semplici. Se l'infallibilità papale ci insegna qualcosa, è che la verità è più grande di qualsiasi Papa. Quante volte in famiglia capita di non essere d’accorto? Questo non significa che, seppur ci si arrabbi, non ci si ami più o che il legame sia sciolto. La Chiesa non ha paura delle domande, ma deve averne solo delle risposte superficiali. E la sua storia dimostra che il confronto, anche acceso, è spesso il terreno su cui fiorisce la comprensione più profonda della fede. In fondo, come disse Pietro di cui mi onoro di portare il nome, il primo a sedersi su quella famosa cattedra: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68). Tutto il resto è discussione. E, a volte, anche una buona dose di sana ironia non guasta.

“Volti di Quaresima: storie di fragilità e grazia”

La Quaresima non è un gioco a premi spirituale dove vince chi digiuna di più o chi fa penitenze più creative. È un cammino fatto di volti, di storie, di persone reali con dubbi, paure, cadute e rinascite. Quest’anno non seguiremo il solito schema “preghiera-digiuno-elemosina”, che resta sempre valido, ma ci lasceremo guidare da sette personaggi del Vangelo che hanno vissuto la loro personale “quaresima” interiore. Non santi perfetti, ma persone che, tra pentole da lavare, ricchezze da lasciare, notti di dubbi e sassi pronti a volare, ci insegnano che la santità è spesso nascosta nelle crepe. Ogni venerdì, un volto, una storia, una lezione per il cuore. Perché la Quaresima non è solo un tempo da attraversare. È un volto da incontrare. E magari, alla fine, scopriremo che quel volto assomiglia un po’ al nostro.

Pronti a partire? Spoiler: non servono sandali o bastoni. Solo un cuore disposto a farsi domande.

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Rubrica a cura di Pietro Santoro
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