Verderio: Papa Benedetto XVI nei ricordi di monsignor Martinelli

“È stato per più di vent'anni per me un fedelissimo e molto capace collaboratore nella Congregazione per la Dottrina della Fede, dove ha lavorato soprattutto nel settore del catechismo e della catechesi con grande silenzio e discrezione. Ha contribuito al Catechismo della Chiesa Cattolica e al Compendio del Catechismo: in questa grande sinfonia della fede anche la sua voce è molto presente”: così Giovanni Scotti del Centro Culturale Benedetto XVI, utilizzando le stesse parole del Papa Emerito, ha introdotto il relatore dell'incontro tenutosi ieri sera nei locali dell'oratorio di Verderio, ovvero sua eccellenza Monsignor Raffaello Martinelli, Vescovo emerito di Frascati.
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Monsignor Martinelli e Giovanni Scotti

La serata – dal titolo “Ricordando Papa Benedetto XVI”- era la seconda della rassegna dedicata all'eredità spirituale di Papa Ratzinger in occasione del 25° anno di attività dell'associazione culturale di Cornate d'Adda. La prima, incentrata sul testo dell'enciclica “Spe Salvi” si era tenuta la scorsa settimana a Cornate.
Sacerdote della diocesi di Bergamo, Monsignor Martinelli, dopo aver conseguito il dottorato in Sacra Teologia presso l'Università Lateranense di Roma e la laurea in Pedagogia all'Università Cattolica di Milano, è stato dal 1980 al 2009 a servizio della Congregazione per la Dottrina della Fede, dove per oltre 23 anni ha collaborato con l'allora Cardinale Joseph Ratzinger.
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In tale Congregazione, ha coordinato i lavori di preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, ed è stato poi impegnato, come redattore della segreteria, nella elaborazione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica.
“Ricordo ancora il suo primo incontro con noi collaboratori quando fu nominato prefetto della Congregazione da Papa Giovanni Paolo II: “ma siete tutti qui?” ci chiese “a Monaco avevo 400 collaboratori” e noi lì eravamo una quarantina” ha iniziato il proprio racconto Monsignor Martinelli “Aveva un modo di procedere che ci suscitava grande meraviglia: per ogni tema chiedeva prima pareri agli ultimi arrivati, fino ai collaboratori con più esperienza. Lui ascoltava tutti, poi alla fine faceva un riassunto: aveva una capacità di sintesi incredibile”.
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Seppur puntualissimo nel suo lavoro (“in Congregazione arrivava sempre in orario ed era sempre l'ultimo ad andarsene”), ligio nelle forme procedurali, i suoi collaboratori ebbero modo di frequentare il loro prefetto anche al di fuori delle riunioni in assemblea per qualche compleanno e onomastico: in quelle occasioni soprattutto il Cardinal Ratzinger si dimostrava una persona semplice, cordiale e spontanea.
“Era molto affabile: quando i giornali hanno iniziato a descriverlo come arcigno, a chiamarlo “pastore tedesco” noi collaboratori ci chiedevamo da dove arrivassero quelle critiche”.
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Della sua esperienza fianco a fianco con Benedetto XVI Monsignor Martinelli ha voluto condividere con i presenti qualche aneddoto che riflettesse la grande dedizione al lavoro che il futuro Papa gli aveva trasmesso all'epoca: “quando lavoravo in Congregazione mi avevano offerto un appartamento lì vicino, in Vaticano, ma non mi piaceva l'idea: io volevo stare in una parrocchia per esercitare il servizio pastorale” così il teologo si era trasferito in San Giovanni Laterano, non senza le raccomandazioni del Cardinale (“però ricordati che tu sei qui per la Congregazione” gli aveva rammentato). Dopo qualche tempo gli fu poi chiesto di trasferirsi nuovamente per diventare responsabile della Basilica di San Carlo al Corso, un compito che richiedeva di occuparsi anche di un collegio per sacerdoti studenti e della Confraternita dei Santi Ambrogio e Carlo: “chiesi quindi al Cardinale se potessi saltare un pomeriggio in Congregazione alla settimana per potermi dedicare ai giovani sacerdoti studenti e alla confraternita” concessione che fu data da Ratzinger, ma in cambio di mezz'ora di ingresso anticipato in Congregazione ogni giorno, per recuperare le ore pomeridiane di lavoro perse.
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In ultimo il prelato ha voluto concludere la propria testimonianza lasciando ai presenti un principio a cui Papa Benedetto XVI, da grande esperto e cultore di teologia, è sempre stato fedele, cioè quello che lui chiamava la “dottrina dell'ermeneutica della riforma nella continuità”: “si parla sì di una riforma, di un miglioramento di quello che conosciamo, però sempre nella continuità di quello in cui noi crediamo e preghiamo: non dobbiamo rinunciare alla nostra identità per far un piacere al mondo”.
Al termine dell'incontro è stato lasciato spazio a domande e curiosità del numeroso pubblico.
F.F.
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