Sanità: forse serve ripensare il sistema
Da decenni assistiamo a una progressiva riduzione delle risorse pubbliche destinate alla sanità, con fondi statali che vengono trasferiti alle regioni senza un’effettiva capacità di gestione efficiente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: ospedali pubblici sempre più in difficoltà, liste d’attesa interminabili e un servizio che si sgretola anno dopo anno, nonostante le tasse che continuiamo a pagare. In questo scenario, ci troviamo a versare enormi somme in tasse per finanziare un sistema sanitario pubblico che spesso non garantisce cure adeguate, costringendoci a rinunciare alle cure o a rivolgerci al privato, pagando due volte per lo stesso diritto. È una situazione assurda e insostenibile. Forse è il momento di ripensare il modello di gestione della sanità pubblica. Appaltare la gestione diretta degli ospedali a privati, come avviene per i centri sportivi, potrebbe garantire un servizio più efficiente, meno costoso e più accessibile. Le regioni avrebbero comunque il compito di garantire gli standard di qualità e di accesso, ma senza l’inefficienza del sistema attuale. Questa soluzione permetterebbe di risparmiare miliardi di euro, eliminando il peso di una dirigenza pubblica spesso incompetente, nominata solo per logiche politiche, e consentirebbe ai cittadini di pagare meno tasse. In questo modo, ognuno potrebbe decidere se e come investire in un’assicurazione sanitaria privata, garantendosi cure tempestive e di qualità senza dipendere da un sistema pubblico in costante declino. Pagare le tasse per vedere ogni anno la sanità pubblica peggiorare è un paradosso che dobbiamo risolvere. Meglio non pagare le tasse e usare questo denaro risparmiato per assicurarsi privatamente, È tempo di soluzioni nuove, pragmatiche e libere da logiche burocratiche che hanno dimostrato il loro fallimento. E non si dica che questo non è democratico perchè trovo molto poco democratico illudermi che siamo in un paese socialmente evoluto quando la gente deve pagare per curarsi o non curarsi affatto.
Luca