Il ruolo delle donne nella Chiesa Cattolica: dialogo aperto al mondo esterno
La questione del ruolo delle donne nella Chiesa cattolica è un tema complesso e delicato, che tocca profondamente la teologia, la storia e la pastorale. È naturale che su questo argomento ci siano diverse sensibilità e opinioni, spesso anche molto contrastanti.
Tuttavia, è essenziale che il dibattito si svolga in un clima di rispetto reciproco, evitando generalizzazioni, affermazioni e polarizzazioni che rischiano di rendere sterile il confronto.
L'obiettivo non è quello di creare divisioni, ma di cercare insieme la verità e il bene della Chiesa, poichè questo si riflette poi nelle nostre comunità.
Vorrei sottolineare un aspetto importante: il modo in cui la Chiesa affronta questo dibattito è osservato con attenzione anche da chi non fa parte della comunità. Per il “mondo esterno”, la capacità della Chiesa di dialogare in modo aperto e rispettoso su temi così delicati è un segno di vitalità e di coerenza con i valori che essa stessa promuove.
I tanti articoli della rubrica e le successive risposte ci offrono quindi l'occasione per riflettere su alcuni aspetti cruciali, nello specifico del ruolo delle donne nella Chiesa, in particolare sul significato e sulla possibile necessità di aggiornare le norme.
La complessità e la delicatezza di questi temi rendono indispensabile un'analisi approfondita, che tenga conto delle diverse prospettive e argomentazioni.
Solo attraverso un confronto aperto e rispettoso è possibile giungere a una comprensione più piena della questione e individuare percorsi di cambiamento che siano fedeli al Vangelo e alla Tradizione della Chiesa.
Anche Andrea Grillo (Teologo e professore di Teologia dei sacramenti e Filosofia della Religione) in un articolo pubblicato per la Cittadella Editrice affronta il tema e le sue implicazioni più ampie per la Chiesa: la nomina di una donna (nostra quasi concittadina) a prefetto. Questa figura, che riveste un ruolo di grande importanza è stata da sempre e tradizionalmente ricoperta da uomini.
L'articolo evidenzia citando gli stessi articoli del diritto Canonico usati in rubrica, come nominare prefetto un soggetto “non ordinato” (e affiancargli un pro-prefetto ordinato) crea un problema di certezza del diritto all’interno dell’ordinamento, al quale occorre al più presto porre rimedio normativo.
Ma non si ferma lì, suscita un dibattito sulla necessità di aggiornare la normativa per adeguarla ai cambiamenti sociali e culturali. Le “leggi” riflettono una visione della società che non corrisponde più alla realtà dei fatti, dove le donne sono sempre più presenti e attive in tutti i settori.
Questa conditio sine qua non sembra però superata come afferma Donata Horak (teologa, laureata in giurisprudenza e teologia, dottorato in diritto canonico, materia che insegna presso lo Studio Teologico Alberoni di Piacenza) in un recentemente articolo apparso sul Il Regno (rivista quindicinale di informazione e cultura d’ispirazione cristiana operativa dal 1956) che si concentra sul significato teologico del battesimo. Questo sacramento, secondo l'autrice, è il fondamento dell'uguaglianza tra uomini e donne nella Chiesa. Il battesimo, infatti, conferisce a tutti i cristiani la stessa dignità di figli di Dio e membri del Popolo di Dio.
Horak sottolinea come il battesimo sia un elemento cruciale per superare le discriminazioni di genere all'interno della Chiesa. Se uomini e donne sono uguali davanti a Dio in virtù del battesimo, allora non ci sono ragioni teologiche valide per escludere le donne da ruoli di leadership e ministero.
Il suo ragionamento si basa inoltre sulla costituzione apostolica Praedicate Evangelium (2022), che afferma che l’aggiornamento della Curia romana “deve prevedere il coinvolgimento di laiche e laici, anche in ruoli di governo e di responsabilità. La loro presenza e partecipazione è imprescindibile, perché essi cooperano al bene di tutta la Chiesa e, per la loro vita familiare, per la loro conoscenza delle realtà sociali e per la loro fede che li porta a scoprire i cammini di Dio nel mondo, possono apportare validi contributi…”.
Cito testualmente dall’articolo:
“Nessuna confusione normativa, e nessuna rivoluzione copernicana; una donna, in forza del munus regendi conferitole nel Battesimo e della missio canonica data dal Pontefice, assume il ruolo di Prefetta: non è una quota rosa, né una supplente, bensì una fedele che vive il suo Battesimo.”
Un invito al cambiamento
Gli articoli di Horak e di Grillo, pur affrontando tematiche diverse, sono accomunati da un filo conduttore: l'invito al cambiamento. Entrambi auspicano che la Chiesa sappia superare le resistenze e i pregiudizi che ancora ostacolano la piena partecipazione delle donne alla vita ecclesiale.
Nel contesto teologico è necessario un aggiornamento per riconoscere il contributo fondamentale delle donne alla Chiesa. Il battesimo, nel caso specifico, e i principi di uguaglianza e non discriminazione, nel caso più generale, ritengo siano dei punti di partenza importanti per promuovere una Chiesa più inclusiva e paritaria.
Inclusiva e soprattutto meno banale. Perchè sempre da Fazio, riferendosi a quello che lei definisce colpo di scena, il Pontefice si è lasciato andare in un “le donne sono più brave ad organizzare” ed un altro che riassumo in “è suora e ha due lauree”. Perché anche se pronunciate in buonissima fede, queste dovrebbero essere degne di scandalo.
Chiudo quindi con una domanda sul ruolo allora del Teologo e del Divulgatore. Se ultimamente la Teologia si rifà al Magistero e non osa più "interpretare", che senso ha la Teologia stessa? E se quando il Magistero precede quindi la Teologia, perchè non provare a dibatterne in senso costruttivo e provare a spiegare anche il senso stesso del dibattito?
Lascio di seguito i link ai due articoli sopra citati:
https://www.ilregno.it/regno-delle-donne/blog/la-prefetta-e-il-battesimo-donata-horak
https://www.cittadellaeditrice.com/munera/una-donna-prefetto-al-prezzo-di-una-confusione-n
ormativa/
Tuttavia, è essenziale che il dibattito si svolga in un clima di rispetto reciproco, evitando generalizzazioni, affermazioni e polarizzazioni che rischiano di rendere sterile il confronto.
L'obiettivo non è quello di creare divisioni, ma di cercare insieme la verità e il bene della Chiesa, poichè questo si riflette poi nelle nostre comunità.
Vorrei sottolineare un aspetto importante: il modo in cui la Chiesa affronta questo dibattito è osservato con attenzione anche da chi non fa parte della comunità. Per il “mondo esterno”, la capacità della Chiesa di dialogare in modo aperto e rispettoso su temi così delicati è un segno di vitalità e di coerenza con i valori che essa stessa promuove.
I tanti articoli della rubrica e le successive risposte ci offrono quindi l'occasione per riflettere su alcuni aspetti cruciali, nello specifico del ruolo delle donne nella Chiesa, in particolare sul significato e sulla possibile necessità di aggiornare le norme.
La complessità e la delicatezza di questi temi rendono indispensabile un'analisi approfondita, che tenga conto delle diverse prospettive e argomentazioni.
Solo attraverso un confronto aperto e rispettoso è possibile giungere a una comprensione più piena della questione e individuare percorsi di cambiamento che siano fedeli al Vangelo e alla Tradizione della Chiesa.
Anche Andrea Grillo (Teologo e professore di Teologia dei sacramenti e Filosofia della Religione) in un articolo pubblicato per la Cittadella Editrice affronta il tema e le sue implicazioni più ampie per la Chiesa: la nomina di una donna (nostra quasi concittadina) a prefetto. Questa figura, che riveste un ruolo di grande importanza è stata da sempre e tradizionalmente ricoperta da uomini.
L'articolo evidenzia citando gli stessi articoli del diritto Canonico usati in rubrica, come nominare prefetto un soggetto “non ordinato” (e affiancargli un pro-prefetto ordinato) crea un problema di certezza del diritto all’interno dell’ordinamento, al quale occorre al più presto porre rimedio normativo.
Ma non si ferma lì, suscita un dibattito sulla necessità di aggiornare la normativa per adeguarla ai cambiamenti sociali e culturali. Le “leggi” riflettono una visione della società che non corrisponde più alla realtà dei fatti, dove le donne sono sempre più presenti e attive in tutti i settori.
Questa conditio sine qua non sembra però superata come afferma Donata Horak (teologa, laureata in giurisprudenza e teologia, dottorato in diritto canonico, materia che insegna presso lo Studio Teologico Alberoni di Piacenza) in un recentemente articolo apparso sul Il Regno (rivista quindicinale di informazione e cultura d’ispirazione cristiana operativa dal 1956) che si concentra sul significato teologico del battesimo. Questo sacramento, secondo l'autrice, è il fondamento dell'uguaglianza tra uomini e donne nella Chiesa. Il battesimo, infatti, conferisce a tutti i cristiani la stessa dignità di figli di Dio e membri del Popolo di Dio.
Horak sottolinea come il battesimo sia un elemento cruciale per superare le discriminazioni di genere all'interno della Chiesa. Se uomini e donne sono uguali davanti a Dio in virtù del battesimo, allora non ci sono ragioni teologiche valide per escludere le donne da ruoli di leadership e ministero.
Il suo ragionamento si basa inoltre sulla costituzione apostolica Praedicate Evangelium (2022), che afferma che l’aggiornamento della Curia romana “deve prevedere il coinvolgimento di laiche e laici, anche in ruoli di governo e di responsabilità. La loro presenza e partecipazione è imprescindibile, perché essi cooperano al bene di tutta la Chiesa e, per la loro vita familiare, per la loro conoscenza delle realtà sociali e per la loro fede che li porta a scoprire i cammini di Dio nel mondo, possono apportare validi contributi…”.
Cito testualmente dall’articolo:
“Nessuna confusione normativa, e nessuna rivoluzione copernicana; una donna, in forza del munus regendi conferitole nel Battesimo e della missio canonica data dal Pontefice, assume il ruolo di Prefetta: non è una quota rosa, né una supplente, bensì una fedele che vive il suo Battesimo.”
Un invito al cambiamento
Gli articoli di Horak e di Grillo, pur affrontando tematiche diverse, sono accomunati da un filo conduttore: l'invito al cambiamento. Entrambi auspicano che la Chiesa sappia superare le resistenze e i pregiudizi che ancora ostacolano la piena partecipazione delle donne alla vita ecclesiale.
Nel contesto teologico è necessario un aggiornamento per riconoscere il contributo fondamentale delle donne alla Chiesa. Il battesimo, nel caso specifico, e i principi di uguaglianza e non discriminazione, nel caso più generale, ritengo siano dei punti di partenza importanti per promuovere una Chiesa più inclusiva e paritaria.
Inclusiva e soprattutto meno banale. Perchè sempre da Fazio, riferendosi a quello che lei definisce colpo di scena, il Pontefice si è lasciato andare in un “le donne sono più brave ad organizzare” ed un altro che riassumo in “è suora e ha due lauree”. Perché anche se pronunciate in buonissima fede, queste dovrebbero essere degne di scandalo.
Chiudo quindi con una domanda sul ruolo allora del Teologo e del Divulgatore. Se ultimamente la Teologia si rifà al Magistero e non osa più "interpretare", che senso ha la Teologia stessa? E se quando il Magistero precede quindi la Teologia, perchè non provare a dibatterne in senso costruttivo e provare a spiegare anche il senso stesso del dibattito?
Lascio di seguito i link ai due articoli sopra citati:
https://www.ilregno.it/regno-delle-donne/blog/la-prefetta-e-il-battesimo-donata-horak
https://www.cittadellaeditrice.com/munera/una-donna-prefetto-al-prezzo-di-una-confusione-n
ormativa/
Marco Colombo