“Retesalute”, sentenza Corte dei Conti. Intervista all’avv. Fortunato Riva. "Per noi finisce qui ma altri possono agire"

La sentenza con la quale la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti della Regione Lombardia ha condannato l’ex Presidente Dott. Salvioni, l’ex Direttore Generale Dott.ssa Milani, l’ex Responsabile Area Amministrativa Dott.ssa Ronchi e l’ex Revisore dei Conti Dott. Perego ha forse posto la parola fine alla vicenda RETESALUTE chiarendo le varie responsabilità sia dei soggetti citati a giudizio che degli altri soggetti, politici e tecnici coinvolti.
Per chiarire se effettivamente siamo alla fine della vicenda abbiamo nuovamente chiesto chiarimenti all'Avv. Fortunato Riva, legale della Dott.ssa Milani.
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Avv. Riva, la sentenza della Corte dei Conti ha posto la parola fine alla vicenda o dobbiamo aspettarci ulteriori azioni giudiziarie o politiche?

Ad oggi la sentenza non è ancora definitiva, non solo perché, come tutte le sentenze di primo grado può essere appellata dalle parti soccombenti (e quindi sia dalla Procura – che non ha ottenuto la condanna richiesta – che le parti private), ma anche e soprattutto perché le motivazioni lasciano molto spazio alla impugnazione.
Le sentenze della Corte dei Conti in primo grado possono essere impugnate con l’appello entro un anno dal deposito o entro 60 giorni dalla notifica che della stessa sentenza una parte fa all’altra.
Oggi pertanto la vicenda può ritenersi chiusa solo per il Presidente Salvioni, il quale ha definito la propria posizione con una applicazione del rito abbreviato e quindi con un’altra sentenza.


Quali parti della motivazione della sentenza sono discutibili e quindi appellabili?
Occorre premettere che la Corte dei Conti ha ritenuto sussistere solo la responsabilità conseguente alla mancata separazione dei due bilanci dell’Ambito e dell’Ente strumentale.
Dopo la ricostruzione della normativa in materia di bilancio riportata dal Testo Unico Enti Locali e dalla normativa collegata e richiamata dallo stesso, la Corte dei Conti precisa infatti che “… E, infatti, la confusione contabile dei flussi finanziari delle due aree di attività non solo osta ad una trasparente rendicontazione, necessaria per la valutazione sullo stato di attuazione del Piano di Zona, ma impedisce la rappresentazione veritiera e corretta dei risultati gestionali dell’attività svolta da Retesalute, inficiando così ogni attendibile valutazione circa il raggiungimento dell’equilibrio economico richiesto dall’art. 114, c.4 del TUEL. Salvo quanto poi si rileverà in punto di sussistenza dei danni contestati dalla Procura, va qui, indubbiamente, accertato che – nel caso di specie – il modello contabile utilizzato da Retesalute fino al 2018-2019, con imputazione promiscua dei flussi finanziari delle due attività tra i ricavi, ha comportato l’artificiosa sopravvalutazione del valore della produzione occultando i reali risultati economici negativi dell’Azienda. …”.
A questa contestazione tutte le difese dei convenuti avevano replicato ricordando che la scelta della unificazione dei due bilanci risaliva addirittura al primo bilancio della Azienda Speciale e non era imputabile ai convenuti (in realtà solo la Dott.ssa Ronchi era presente in Azienda sin dalla sua costituzione; la Dott.ssa Milani era stata nominata Direttore Generale nel 2013 ed il Dott. Perego ha ricevuto l’incarico di Revisore dei Conti nel 2012).
Inoltre, il Dott. Perego aveva depositato una ricerca effettuata sulla base dei bilanci depositati presso il Registro delle Imprese dalla quale risultavano che ben 18 Aziende Speciali lombarde (circa un terzo di quelle esistenti in Regione Lombardia) redigono ancora oggi i bilanci senza distinzione tra Ambito e Ente strumentale.
La Corte ha ritenuto che tali fatti (non contestati dalla Procura) non sono sufficienti ad escludere la responsabilità dei convenuti e pertanto li ha condannati.


Quindi un eventuale appello si baserebbe sulla diversa interpretazione delle norme relative alla redazione del bilancio ?

Non solo. Tenga conto che, per espressa previsione di legge, si è responsabili del danno erariale solo per dolo o colpa grave; è espressamente esclusa la responsabilità per colpa lieve (nel nostro caso è anche escluso il dolo, non sussistendo alcuna appropriazione di denaro da parte dei convenuti).
La Corte ha escluso che la circostanza che i bilanci sono stati unificati sin dalla costituzione della Azienda Speciale RETESALUTE e che un numero rilevante di Aziende Speciali della Regione Lombardia interpretano la normativa come RETESALUTE possa annullare la responsabilità dei convenuti, ma non ha valutato tali fatti sotto il profilo della gravità della colpa.
In un eventuale appello sosterrei che la colpa del Direttore Generale che non ha modificato le modalità di redazione del bilancio in essere presso l’Azienda da oltre 10 anni (ammesso che ne avesse il potere, cosa che escludo), non può certamente essere ritenuta colpa grave, ma al massimo una colpa lieve, se non lievissima, e come tale non in grado di integrare la responsabilità erariale.
In altre parole, la Dott.ssa MILANI non aveva il potere di modificare le modalità di redazione del bilancio e non era così evidente che la unificazione fosse in violazione della legge (come dimostra il fatto che altre numerose Aziende Speciali lombarde adottano le stesse modalità di redazione del bilancio) e quindi non può essere ritenuta sussistente a suo carico una colpa grave. 


Ma Lei parla di “eventuale appello”: non intende proporlo?
La decisione della mia assistita è di non proporre appello e mi ha chiesto di notificare la sentenza alle altre parti per far decorrere il termine breve per l’impugnazione; cosa che ho ovviamente fatto: le altre parti dovranno proporre appello entro i primi giorni di febbraio 2025, altrimenti la sentenza passerà in giudicato.
In tal caso la Dott.ssa MILANI pagherà per una scelta (unificazione dei due bilanci) che non ha fatto e alla quale non ha concorso, scelta effettuata da altri e che lei ha subito senza consapevolezza della erroneità e senza possibilità di modificarla.
La scelta della Dott.ssa MILANI, dal punto di vista professionale, mi lascia sinceramente sconfortato, perché avvalora una ingiustizia nei suoi confronti e diminuisce la fiducia nella certezza del diritto e nella giustizia umana. Comprendo tuttavia il desiderio di chiudere una parentesi dolorosa della propria vita professionale, ritenendo di avere dato molto in trent’anni di attività rispetto alle proprie competenze nello sviluppo di servizi sociali nell’ambito di Merate e di avere ricevuto accuse diffamatorie e denigratorie.
Non a caso la mia assistita ha scelto consapevolmente di abbandonare definitivamente il sistema dei servizi sociali del nostro territorio e la pubblica amministrazione.


Però il danno quantificato dalla Corte dei Conti è estremamente ridotto rispetto al passivo della Azienda evidenziato dal Collegio dei Liquidatori.
Verissimo. In effetti, anche la Corte dei Conti, come il Tribunale di Lecco, ha respinto la tesi sostenuta dal Collegio dei Liquidatori (e poi anche dalla Procura Regionale presso la Corte dei Conti) che il danno erariale conseguente alla unificazione dei due bilanci è dato dalla somma dei passivi non evidenziati nei bilanci degli anni 2015-2018. La Corte ha ritenuto sussistente come danno erariale, solo le spese della liquidazione, o meglio solo parte di queste spese, quelle legittimamente assunte dalla liquidazione mentre ha “scartato” le spese che il Collegio ha sostenuto non correttamente.
Ciò porta a concludere che, ove l'Azienda non fosse stata posta in liquidazione, non si sarebbe verificato alcun danno e non vi sarebbe stata alcuna condanna al risarcimento.
Dalla sentenza emerge, in conclusione, un giudizio della Corte dei Conti gravemente negativo sull’operato dei Comuni e del Collegio dei Liquidatori.


In che senso giudizio negativo sull’operato dei Comuni ?
La Procura Regionale ha sostenuto che i Comuni dovevano considerarsi parte danneggiata dal comportamento dei convenuti perché erano stati tratti in inganno dai dati (cioè i bilanci) sottoposti alla deliberazione dei Comuni stessi, quali soci della Azienda Speciale; la stessa Procura, tuttavia, riconosceva che i controlli sull’operato degli organi di RETESALUTE da parte dei Comuni erano stati deficitari e pertanto dimezzava la quantificazione del danno, ritenendo la mancanza o la inadeguatezza dei controlli da parte dei Comuni soci una sorta di concorso nella formazione del danno.
La Corte dei Conti ha evidenziato che “L’adozione di un modello contabile aziendale caratterizzato da gravissimi e lampanti profili di incompatibilità con basilari principi giuridico-contabili, ma soprattutto la comprovata consapevolezza, da parte di tutti i soggetti coinvolti nel settore contabile dell’Azienda (responsabile finanziario, direttore generale, revisore, consiglio di amministrazione) e finanche dell’Assemblea dei Comuni soci, che vi erano difficoltà finanziarie e di liquidità di cassa nonché problematiche legate alla non congruità delle tariffe e dei contributi di funzionamento stabiliti dall’Assemblea e alla necessità di non aumentare i costi per i Comuni, inducono a ritenere che in sostanza su tale modus operandi (consolidato nel tempo) vi fosse una sostanziale condivisione di vedute e di conseguente scelta da parte di tutti. […] Alla luce della complessa ricostruzione del danno effettuata dalla Procura, il Collegio ritiene che questa prima parte di danno vada esclusa per le stesse ragioni che hanno indotto, condivisibilmente, il PM a ritenere che le perdite di esercizio qualificate come “costi variabili”, ovvero quei costi dei servizi socioassistenziali erogati ai Comuni soci e non coperti dalle tariffe vigenti, a causa del loro mancato adeguamento da parte dell’Assemblea dei soci, non configurino danno erariale. […] , sicché in questo caso i Comuni hanno corrisposto, ora per allora, il giusto compenso all’Azienda ed il relativo esborso, giustificato da un correlato vantaggio, non è configurabile come danno erariale. […] Tale soluzione è desumibile da una pluralità di elementi gravi, precisi e concordanti dai quali risulta che anche l’entità dei contributi di funzionamento era inadeguata e che i Comuni ritardassero il loro versamento con gravi problematiche di liquidità per l’Azienda. […]”.
Quindi la Corte non solo riconosce che i controlli da parte dei Comuni non erano sufficienti ma anche che gli stessi Enti hanno versato successivamente (per ripianare i passivi di bilancio) importi che avrebbero dovuto versare in precedenza come contributi di funzionamento e per i servizi resi loro con tariffe non coerenti e quindi per correggere le conseguenze del loro stesso comportamento.
È evidente che, nell’ottica della Corte, ove i Comuni avessero per tempo e correttamente versato i contributi e tariffe corrette non si sarebbero verificati i passivi di bilancio, con tutte le conseguenze.
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E per quanto riguarda il Collegio dei Liquidatori ?
La Procura Regionale ha quantificato in 457.187,50.= euro il costo sostenuto da RETESALUTE per l’emersione delle irregolarità contabili e la successiva fase di liquidazione (fino alla rimessione in bonis), che ha chiesto porsi a carico dei convenuti. La Corte dei Conti ha ridotto a soli 105.365,67.= euro gli importi costituenti danno erariale.
Ciò in quanto una notevole mole di spese e costi (soprattutto quelli legali per i procedimenti civili e penali) sostenuti da RETESALUTE non sono stati ritenuti coerenti e legittimamente sostenuti per il fine liquidatorio.
Illuminante è il passo della sentenza ove la Corte dei Conti espressamente statuisce che: “[…] Con riferimento a queste ultime spese, il Collegio non può non rilevare, alla luce delle motivazioni poste a base degli esiti ampiamente sfavorevoli a Retesalute del giudizio civile e del processo penale, che le azioni intraprese (anche mediante un ricorso cautelare in corso di causa) siano state deliberate senza le dovute cautele e gli approfondimenti giuridico-fattuali necessari a formare il convincimento di una qualche fondatezza della pretesa azionata. […]”.

Lei ritiene che la sentenza della Corte dei Conti possa costituire l’inizio di altre azioni giudiziarie?
A prescindere da un eventuale appello, ritengo che alcuni elementi ribaditi dalla sentenza della Corte dei Conti potrebbero essere utilizzati in altre azioni giudiziarie ad integrazione di altri fatti estranei agli atti amministrativi.
Sussistono elementi per ritenere che le contestazioni e gli addebiti rivolti ad alcuni soggetti, pubblicamente ed in proposte di atti amministrativi, chiaramente e consapevolmente non veritieri, possono essere invocati come fonte di danno per gli accusati.
Il Suo giornale ha dato atto di dichiarazioni, rilasciate anche nel corso di assemblee dei soci, che attribuivano non solo comportamenti politici non corretti, ma anche veri e propri reati a carico di amministratori e funzionari di Retesalute precedenti la liquidazione, quando in realtà non vi è mai stata alcuna appropriazione di soldi pubblici. Le sentenze hanno accertato che la sola responsabilità rinvenuta è una responsabilità amministrativa: chi ha parlato di appropriazione e di “comportamento delittuoso intenzionale e doloso diretto a mistificare ed occultare le gravi perdite” dovrebbe ragionevolmente temere di essere chiamato a rispondere di tali affermazioni.
La Dott.ssa MILANI ha deciso di non agire in giudizio contro coloro che hanno rilasciato tali dichiarazioni, ma altri amministratori potrebbero farlo.
C.B.
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