Church pocket/45. Il Fuoco della Speranza: Sant'Antonio Abate

Quando immagino la speranza la vedo come una finestra aperta su un orizzonte ancora nascosto, una mano tesa nel buio che aiuta a non perdere il sentiero quando tutto sembra perduto. Sembra un ponte sospeso tra ciò che siamo e ciò che siamo chiamati a diventare, una corda tesa che ci sostiene mentre attraversiamo i burroni più profondi della vita. Uno dei grandi maestri della speranza cristiana è sicuramente San Paolo. Nelle sue raccolte epistolari, descrive la speranza non come una vaga aspettativa, ma come una certezza fondata sulla risurrezione di Cristo. Nella Lettera ai Romani, scrive: «La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). La speranza paolina quindi non è un'illusione, ma una promessa che affonda le sue radici e ha come evento fondatore la Pasqua di Resurrezione, intesa come compimento di tutte le promesse. È una speranza che guarda oltre l’eventuale sofferenza presente, sapendo che «le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Rm 8,18).  Papa Francesco, nella bolla Spes non Confundit, con cui ha indetto il Giubileo Ordinario 2025, ci ricorda che la speranza cristiana è una speranza concreta, capace di trasformare non solo il cuore dei credenti ma anche le strutture della società, che spesso antepongono i consumi all’umanità. Il Giubileo è un tempo in cui la speranza si traduce in azioni tangibili: remissione dei debiti, riconciliazione tra i popoli, cura dei più fragili, opere di misericordia suggerite. 
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Sant'Antonio Abate: la speranza nel silenzio del deserto

Sant'Antonio Abate, padre del monachesimo, rappresenta un modello straordinario di speranza vissuta nella solitudine e nella lotta spirituale. Ritiratosi nel deserto per cercare Dio, Antonio affrontò numerose prove e tentazioni, mantenendo salda la speranza nel Signore. Il suo vissuto, per certi versi, è simile a quello del già menzionato Giobbe, di biblica memoria. Protettore degli animali e simbolo di resilienza spirituale, Sant'Antonio è celebrato ogni anno oggi, il 17 gennaio, con riti e tradizioni secolari. La sua festa è spesso accompagnata dalla benedizione degli animali e dei campi, un gesto che affonda le radici nella cultura agricola e pastorale di queste regioni. I falò di Sant'Antonio, accesi nella notte della vigilia, rappresentano il fuoco purificatore che allontana il male e rinnova la speranza nella protezione divina. Chiese, cappelle e affreschi dedicati a Sant'Antonio Abate punteggiano i territori del Nord Italia, testimoniando una devozione che va oltre il semplice rito religioso. Lombardo è il primato della presenza dei comuni di cui Sant’Antonio Abate è il patrono e alcuni anche nella nostra provincia come Valmadrera, Santa Maria Hoè, Introbio, Ello, Crandola Valsassina e La Valletta Brianza. Nei comuni di La Valletta Brianza e Santa Maria Hoè, la devozione a Sant'Antonio Abate si manifesta con celebrazioni solenni e tradizioni radicate nel tessuto sociale e culturale. Ogni anno, il 17 gennaio, queste comunità si riuniscono per la celebrazione della Santa Messa, seguita dalla benedizione degli animali e dei mezzi agricoli. I falò di Sant'Antonio, simbolo di luce e purificazione, illuminano le piazze dei comuni, richiamando antiche tradizioni che uniscono fede e folklore. La festa diventa così un momento di incontro, di rinnovamento della fede e di riscoperta delle proprie radici culturali. Al Sud invece è famosa la festa dedicata al santo che ha luogo a Macerata Campania, diventata patrimonio dell’UNESCO. Questa celebrazione, conosciuta anche come "I Carri di Sant'Antuono", unisce fede, folklore e tradizione popolare. Ogni anno, la cittadina si anima con carri allegorici, sfilate e musica tradizionale, in un mix unico di devozione e gioia comunitaria. La particolarità legata ai Bottari di Macerata Campania e alla Pastellessa è dovuta alla tipologia di strumenti musicali: sono sostituiti con botti, tini e falci, cioè con strumenti di uso contadino che assumono una nuova veste di natura musicale. Questo suono ancestrale, più antico del culto cristiano, ha il compito di allontanare il maligno e di risvegliare la terra, dormiente nei mesi invernali.
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Sant'Antonio è percepito come un compagno di viaggio, un santo vicino alla gente comune, capace di comprendere le loro fatiche e di infondere coraggio nei momenti di difficoltà. La vita di Sant'Antonio ci insegna che la speranza non è assenza di difficoltà, ma una forza interiore che ci sostiene anche nei momenti di totale isolamento. Nel silenzio del deserto, Antonio trovò nella speranza il coraggio di perseverare, di superare le tentazioni e di diventare una guida per molti. Il deserto di Antonio diventa metafora delle aridità spirituali che tutti possiamo attraversare. La speranza è come un seme piantato nel terreno arido dell'incertezza. Invisibile all'inizio, fragile nel suo germoglio, ma destinato a crescere con forza e a fiorire sotto il sole della promessa divina. È come una lanterna nella notte che illumina i nostri passi quando la strada si fa incerta, come un filo d'oro che intreccia i momenti di smarrimento con quelli di gioia.
Rubrica a cura di Pietro Santoro
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