Merate: bar chiusi alle 23? Meglio gestori più attenti e maggiori pattugliamenti

Gentile Redazione,
c’è chi rispolvera la carta della chiusura alle 22 dei locali meratesi, come se quell’orario fosse l’ultima trincea tra la civiltà e la barbarie. Da un lato, chi ama la morbidezza di un aperi-cena quieto, chiacchiere soffuse che si perdono nel crepuscolo; dall’altro, i nottambuli che non ne vogliono sapere di tornare a casa e lasciano dietro di sé una scia di decibel e rifiuti. In mezzo ci siamo noi, con la voglia di vivere una città sveglia ma non travolgente, popolata ma non caotica, viva ma non selvaggia. L’obiettivo dichiarato è impedire che certi angoli del Meratese diventino un’arena di gladiatori della movida. Ma c’è da chiedersi se la ricetta di abbassare le saracinesche alle 22 (o 23), non rischi di prendere in contropiede anche il sano divertimento. Spegnere un locale come fosse una lampadina non è forse l’anticamera di un tramonto definitivo? È labile il confine tra l’imporre regole giuste e il tarpare l’entusiasmo di una città che vuol vivere la notte con equilibrio. Forse, prima di cedere alla tentazione di coprifuochi anticipati, dovremmo ricordarci che il bello della libertà è lasciarla fiorire. L’obbligo di chiudere un bar alle dieci o alle undici non fa che spostare il problema un po’ più in là, o più tardi, come accade con i divieti di fumare nei parchi: serve un controllo attento, non solo un cartello con su scritto “Vietato divertirsi oltre le 23”. I ristoratori, poi, dovrebbero sentirsi più responsabili di quei gruppi di avventori che si trasformano in cori da stadio al terzo bicchiere, radunando tutta la collezione di bottiglie e mozziconi sotto i piedi di passanti e residenti. Un contenitore dei rifiuti in più costa meno di una multa, e un cenno di richiamo al cliente un po’ troppo esuberante vale più di un’ordinanza. E qui arriva il ruolo delle forze dell’ordine, che non devono essere solo “i cattivi” mandati a spegnere la festa, ma presenze rassicuranti che ci ricordino – se serve – che la libertà di ciascuno finisce dove inizia la tranquillità altrui. Magari basterebbe un passaggio più frequente delle pattuglie, due parole dette a chi esagera, e il monito agli esercizi di controllare i propri clienti. Chiudere tutto per evitare il peggio è una scelta talvolta necessaria, ma sempre malinconica, perché finisce per punire anche chi dal divertimento cerca solo un ricordo piacevole. E chi desidera un po’ di silenzio, prima di spegnere il lampione, ha il diritto di trovarlo in una città ben gestita, non spenta prima del tempo. In fondo, la soluzione più faticosa è anche la più sensata: impegnarsi tutti, a vari livelli, perché la convivenza non sia una parola retorica. I locali che tengono a freno i loro clienti rumorosi, le pattuglie che sorvegliano, i cittadini che sanno festeggiare senza trasformare la strada in un ring. Il bello di una città viva, alla fine, è proprio questo: riuscire a conciliare chi va a letto presto e chi ama aspettare l’alba. Basta che nessuno pretenda di prendersi la notte per sé, esiliando l’altro fuori dalla porta. Con viva cordialità,
Un cittadino del Centro di Merate
Un buon compromesso, di buon senso, come sempre è stato auspicato. Ma poi l'auspicio si scontra con la realtà. Resta un fatto: con i locali aperti la notte di Natale è stato un incubo; con i locali chiusi la notte di Capodanno è scivolata via quasi senza accorgersene. Qualcosa vorrà pur dire.
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