Parco, Mascheroni: decidano i Comuni, la provincia stia fuori. Cambio di passo? Una critica a ciò che è stato fatto

Caro Claudio,

mi hai detto che diversi cittadini hanno richiesto di sapere il parere sulla attuale “vicenda Parco” di chi per più tempo ha ricoperto la carica di presidente.

Non voglio entrare nella discussione sui due nomi circolanti e sul ritiro di Molgora (anche se a questo punto mi sarei aspettato il ritiro anche di Giovanni Zardoni) ma vorrei in poche parole innanzitutto ripercorrere la storia del Parco o, meglio, della sua “governance”. Una premessa necessaria, spero non troppo noiosa, che ritengo però utile per comprendere che il Parco è sempre stato considerato dei Comuni e dei loro cittadini.
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È noto che i Parchi Regionali sono nati con la legge regionale 86 del 1983. Tuttavia, vorrei far presente che il Parco di Montevecchia e Valle del Curone si può dire sia nato sostanzialmente prima di quella data per due motivi: il primo perché i sindaci di allora (in costante collegamento fra di loro) avevano già dotato gli strumenti urbanistici dei propri comuni per proteggere quelle aree che vennero poi inserite nel Parco e mantenendo su tale determinazione un costante controllo. Il secondo perché il sindaco di Montevecchia e quello di Triuggio (Mascheroni per il Parco di Montevecchia e Valle del Curone e Mattavelli per quello della Valle del Lambro) seguirono in numerosi incontri con il dirigente regionale Ing. Di Fidio tutto l’iter di formazione della legge regionale 86del 1983.

In queste costanti interlocuzioni i due sindaci ebbero modo di pre-esaminare vincoli ed obiettivi delle future aree Parco e contribuirono all’impostazione di una legge che dava ai comuni il compito della costituzione di un Consorzio fra gli stessi per la gestione delle aree a Parco.

 I comuni discussero a lungo lo statuto del Consorzio, che prevedeva un’assemblea in cui ogni Comune doveva nominare due membri della maggioranza ed uno della minoranza.

L’Assemblea a sua volta nominava il Consiglio di amministrazione, quindi con il coinvolgimento non solo di tutti i comuni, ma anche delle minoranze al loro interno.

Non fu un percorso breve, perché ogni Comune volle dare un’impronta estremamente legata al controllo da parte di ciascun Comune, pur rispettando la L.R. 86/83. Lo statuto del Consorzio venne approvato all’unanimità dai comuni che ne facevano parte.

(A margine di ciò, in origine solo il Comune di Osnago non volle entrare nel Consorzio perché non voleva contribuire con il modesto contributo capitario che i Comuni avrebbero versato al Consorzio, in quanto il contributo regionale non era sufficiente alla gestione.  Il Comune di Osnago entrò solo successivamente, nel 1995, con il sindaco Marco Molgora.)

Nel 2011 (L.R. n.28) la Regione sciolse i Consorzi di gestione, ed istituì degli Enti regionali, la cui gestione prevedeva una “Comunità del Parco” costituita dai Sindaci dei comuni interessati, ed un consiglio di gestione eletto dalla Comunità del Parco, con la presenza tuttavia di un membro nominato dalla regione. Nel 2018 (L.R.28) la Regione impose inoltre che un ulteriore membro del Consiglio di amministrazione fosse designato in accordo fra le associazioni agricole.

Ogni novità nella gestione derivante dalle leggi regionali, dai successivi ingressi di nuovi Comuni per l’ampliamento delle aree comprese nel Parco, e per l’ingresso della Provincia (proposto soprattutto per avere un contributo economico dalla stessa calcolato sulla media contributi comunali), comportò modifiche allo statuto dell’Ente Parco.

Venendo a tempi più recenti la prossima riunione nella Comunità Parco dovrà nominare il Presidente, tre consiglieri, e prendere atto della designazione del consigliere indicato dalla regione e del consigliere indicato dalle associazioni agricole: in tutto sei membri che comporranno il nuovo Consiglio di gestione.  

Nello statuto dell’Ente Parco Montevecchia e Valle del Curone, proprio per sottolineare la volontà dei cittadini facenti parte dei comuni del Parco, venne inserita una doppia maggioranza: la delibera di nomina del Presidente e del Consiglio di gestione doveva essere effettuata a maggioranza dei voti attribuiti a ciascun Comune in funzione degli abitanti e del territorio compreso nel Parco, e a maggioranza comunque degli Enti, proprio per significare che i Parchi erano parte del voto dei cittadini attraverso il loro Sindaco.

L’attenzione rivolta quindi sempre ai Comuni, ritenendo scontato che anche la Provincia (alla quale venne attribuita una percentuale di voto pari al 15%) debba   riconoscere che le scelte per la gestione del Parco sono dei Comuni, e quindi dei cittadini, i quali hanno eletto il loro Sindaco.

Nello statuto di allora, poiché i Comuni erano dieci, venne inserito che almeno sei comuni fossero d’accordo.

Nell’ultima revisione dello statuto che prese atto dell’ingresso di due nuovi Comuni, Airuno e Valgreghentino, (oltre alla revisione delle percentuali determinate come prima indicato), non venne, forse per distrazione, modificato il numero sei in sette, ovvero semplicemente sostituito il numero con un richiamo alla “maggioranza” dei Comuni facente parte dell’Ente.

Con ciò ne è derivato ora che gli Enti che in termini di quote di voto possono avere la maggioranza, grazie al concorso della Provincia non rappresentano la maggioranza numerica degli Enti, che è però necessaria per la validità della riunione.  

In tale situazione la maggioranza degli Enti (che fanno parte della cosiddetta “area di centrosinistra”) potrebbe quindi invalidare qualsiasi riunione semplicemente non presentandosi, ma se si presentassero la maggioranza dei voti andrebbe alla cosiddetta “area di centrodestra”, con uno scarto però modestissimo, che richiederebbe una partecipazione assidua da parte di tutti gli enti della “maggioranza” per quote di voto, con il rischio di una costante situazione di stallo.

Scusami per questa lunga e noiosa premessa, però necessaria per sottolineare che il Parco è sempre stato considerato dei Comuni e dei loro cittadini.

Ne è riprova il fatto che la Regione ha solo un suo rappresentante nel Consiglio di Gestione, ma le decisioni sono sempre prese dai rappresentanti dei Comuni, e quindi dei cittadini del Parco.

Veniamo alle mie considerazioni: tutte le delibere della Comunità del Parco vennero sempre prese all’unanimità (salvo per la nomina del Presidente Molgora ove oltre alla Provincia si astennero due Comuni). L’unanimità però non si raggiunge per appartenenza politica, ma con la condivisione delle proposte presentate dal Consiglio di Gestione.

Posso parlare da ex Presidente e da semplice cittadino quale ora sono, ma anche da ex Sindaco di Montevecchia dove non ho mai ricevuto indicazioni o, peggio, ordini di partito.

Sono convinto che i Sindaci rappresentino realmente le esigenze e le volontà dei propri cittadini, che a loro volta ottengano quella “condivisione” ogni volta che deliberano con l’amore per il proprio paese e il rispetto di ciò che gli stessi cittadini suggeriscono, quando sia stato eseguito una specie di referendum informale con loro.

Il Parco è stato sempre gestito da me e dal mio successore guardando alla salvaguardia del territorio (che abbiamo in prestito ma che abbiamo il dovere consegnare alla successiva generazione, ma tenendo sempre presente che nel parco vivono i nostri cittadini e le loro attività).

Quando leggo che “bisogna cambiare passo”, vedo solo una critica a ciò che è stato fatto, una critica che non capisco, perché tutti noi che abbiamo avuto delle responsabilità abbiamo operato con la condivisione dei nostri amministrati.

Per quanto riguarda il Parco, non mi si dica che sono state tralasciate, per l’obiettivo della salvaguardia del Territorio l’Accoglienza, l’Agricoltura (che nelle aree del Parco può definirsi eroica) e la produzione di prodotti successivi. È sotto l’occhio di tutti che le norme che sono state applicate hanno portato alla ripresa dell’agricoltura, anche con diverse disposizioni ad hoc. Ad esempio, il Parco operò per la costruzione di un Consorzio dei Produttori, favorì la nascita di diversi agriturismi che offrono ospitalità, i ristoranti dei nostri paesi hanno avuto notevoli incrementi di presenze. Certamente abbiamo anche posto restrizioni e difese rispetto ad alcune attività che avrebbero costituito un pericolo per la salvaguardia (no ai motocross, destinazioni di alcuni sentieri solo ai pedoni, restrizioni ai pseudo-agricoltori, società agricole che con le loro attività gestite già fuori dal parco per la legge statale possono essere comunque definite “agricoltori” anche se proprietari, nel parco di un piccolo appezzamento di terreno o di bosco).
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Oggi si delineano quindi due opzioni:

1.      Se il gruppo di Comuni supposti di area centro-sinistra (7 Comuni) non si presenta alla Comunità Parco, la stessa non può deliberare. Conseguenza: la Regione nominerà un Commissario.

2.      Partecipa la maggioranza o la totalità degli Enti, di centro-destra e centro-sinistra, ma il Presidente ed il Consiglio vengono eletti solo dai Comuni aventi la maggioranza di voto e con la probabile astensione dei Comuni cosiddetti di centro-sinistra.

Entrambe le soluzioni mi sembra siano assolutamente da evitare. Nascerebbe così un Ente diviso, senza alcun rispetto di tutto quanto è stato fatto in questi anni per la ricerca della condivisione, ed estremamente fragile, per la mancanza di un fiducioso sostegno da parte dei Comuni, esposto alle tensioni interne ed alle pressioni dall’esterno.

Naturalmente la mia posizione è quindi che i Sindaci abbiano a trovare una soluzione CONDIVISA ed abbiano a nominare INSIEME il Presidente ed i consiglieri di nomina da parte della Comunità Parco, dando al Parco quindi una sua credibilità totale.

Quanto ai miei suggerimenti (come ho anche detto al Giornale di Merate), non credo e non voglio sostituirmi ai Comuni del Parco e ai suoi Sindaci.

Aggiungo un’ultima osservazione: la Regione ha scelto se stessa quale organo superiore per il controllo dei parchi (con la nomina di un membro di Consiglio) e non la Provincia come con diversi Presidenti di Parchi avevamo proposto nelle numerose riunioni pre legge 28 all’Assessore Regionale.

Perché ora la Provincia vuole con la sua percentuale di voto (15%) che è stata attribuita solo in quanto apportatrice di risorse, vuole sostanzialmente ribaltare le proposte della maggioranza dei Comuni?

Nel passato non lo aveva mai fatto.

Mi auguro soltanto che trovino la loro condivisione su un nominativo che rappresenti senza riserve la necessità di tutela del territorio.

Nella tutela del territorio comprendo anche la pacifica politica di consentire attività (come l’agricoltura, la tutela e lo sviluppo delle aree boschive etc.), da parte di un Ente che in primo luogo ha questo compito.

In poche parole, il mio desiderio è che si eviti quanto successo dal dopoguerra in qua a buona parte della nostra Brianza!

Cordiali Saluti,
Eugenio Mascheroni
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