Parco del Curone: i retroscena di uno scontro che affonda le sue radici in un vertice di 2 anni fa con un consigliere regionale
Egr. direttore
per comprendere meglio le attuali vicissitudini che vedono suo malgrado protagonista il nostro Parco di Montevecchia e Valle del Curone bisogna fare un salto temporale di due anni.
Portarci una sera autunnale presso la sede del Parco, a Cascina Butto dove è stato programmato un incontro tra un consigliere regionale (poi vedremo chi) e diversi agricoltori.
La proposta è quella di dare vita a un distretto del cibo, coinvolgendo alcuni produttori locali. Un gruppo di partecipanti decide di affidare uno studio sulla possibilità di dare vita a questo distretto in una parte ben precisa del Parco, nella Valle del Curone, evitando però di chiamare in causa sia il Parco medesimo sia altri agricoltori e allevatori che operano nella grande riserva. L’ipotesi su cui lavorare si concentra attorno a tre comuni: Montevecchia, Olgiate Molgora e La Valletta Brianza in veste di ente promotore.
Si procede quindi con l’affidamento dell’incarico a un tecnico che sonda parecchi operatori, ne raccoglie istanze e lamentele e, alla fine, predispone un programma di intervento. Il documento dovrebbe costituire la base per la creazione del Consorzio Produttori Valle del Curone, distretto del cibo. Documento che viene presentato alla Regione attraverso il consigliere di cui sopra.
Il testo “scivola” verso la redazione di alcuni giornali, si dice a opera proprio del comune della Valletta Brianza che intende intestarsi l’intera operazione. Il quadro diventa ancora più chiaro quando le lamentele di agricoltori storici raccolte durante l’indagine conoscitiva finiscono ai giornali allo scopo preciso di costituire un atto di accusa nei confronti dei vertici del Parco, Presidente e Direttore.
La strumentalizzazione finisce rapidamente per diventare richiesta: richiesta di rimuovere i dirigenti in carica, di cambiare passo, di modificare la gestione, di aprire e nuove possibilità di sviluppo. In testa sempre il comune di La Valletta Brianza. Che, la storia di questi giorni lo racconta, diventa capofila della destra che spinge per la sostituzione del Presidente (cui si sa che farà immediatamente seguito l’uscita del Direttore) e lancia una candidatura, di per sé credibile: quella di Giovanni Zardoni, responsabile delle GEV, non insensibile alle sirene dei comuni e di una parte di produttori.
L’obiettivo è assecondare l’operazione Distretto del cibo, rimuovere gli ostacoli rappresentati da Marco Molgora e dal direttore Cereda e sostituirli con dirigenti più disponibili. Uno è Zardoni l’altro uscirà a breve. Tutto sta filando per il verso giusto.
Ma qualche granello nel meccanismo pure perfettamente oliato c’è: diversi agricoltori tagliati fuori dal progetto ora si stanno rivoltando perché temono che per favorire una parte di operatori si dovrà inevitabilmente penalizzarne un’altra, bloccando o bocciando i micro progetti di ciascuno. Peraltro tutti, chi più chi meno esplicitamente, temono che forzando la mano possa scatenare la reazione della gente comune, la stessa che sfidò l’australiana Po Valley contro le trivellazioni nel parco.
E l’attenzione inaspettata della stampa sta rendendo più concreto questo rischio.
per comprendere meglio le attuali vicissitudini che vedono suo malgrado protagonista il nostro Parco di Montevecchia e Valle del Curone bisogna fare un salto temporale di due anni.
Portarci una sera autunnale presso la sede del Parco, a Cascina Butto dove è stato programmato un incontro tra un consigliere regionale (poi vedremo chi) e diversi agricoltori.
La proposta è quella di dare vita a un distretto del cibo, coinvolgendo alcuni produttori locali. Un gruppo di partecipanti decide di affidare uno studio sulla possibilità di dare vita a questo distretto in una parte ben precisa del Parco, nella Valle del Curone, evitando però di chiamare in causa sia il Parco medesimo sia altri agricoltori e allevatori che operano nella grande riserva. L’ipotesi su cui lavorare si concentra attorno a tre comuni: Montevecchia, Olgiate Molgora e La Valletta Brianza in veste di ente promotore.
Si procede quindi con l’affidamento dell’incarico a un tecnico che sonda parecchi operatori, ne raccoglie istanze e lamentele e, alla fine, predispone un programma di intervento. Il documento dovrebbe costituire la base per la creazione del Consorzio Produttori Valle del Curone, distretto del cibo. Documento che viene presentato alla Regione attraverso il consigliere di cui sopra.
Il testo “scivola” verso la redazione di alcuni giornali, si dice a opera proprio del comune della Valletta Brianza che intende intestarsi l’intera operazione. Il quadro diventa ancora più chiaro quando le lamentele di agricoltori storici raccolte durante l’indagine conoscitiva finiscono ai giornali allo scopo preciso di costituire un atto di accusa nei confronti dei vertici del Parco, Presidente e Direttore.
La strumentalizzazione finisce rapidamente per diventare richiesta: richiesta di rimuovere i dirigenti in carica, di cambiare passo, di modificare la gestione, di aprire e nuove possibilità di sviluppo. In testa sempre il comune di La Valletta Brianza. Che, la storia di questi giorni lo racconta, diventa capofila della destra che spinge per la sostituzione del Presidente (cui si sa che farà immediatamente seguito l’uscita del Direttore) e lancia una candidatura, di per sé credibile: quella di Giovanni Zardoni, responsabile delle GEV, non insensibile alle sirene dei comuni e di una parte di produttori.
L’obiettivo è assecondare l’operazione Distretto del cibo, rimuovere gli ostacoli rappresentati da Marco Molgora e dal direttore Cereda e sostituirli con dirigenti più disponibili. Uno è Zardoni l’altro uscirà a breve. Tutto sta filando per il verso giusto.
Ma qualche granello nel meccanismo pure perfettamente oliato c’è: diversi agricoltori tagliati fuori dal progetto ora si stanno rivoltando perché temono che per favorire una parte di operatori si dovrà inevitabilmente penalizzarne un’altra, bloccando o bocciando i micro progetti di ciascuno. Peraltro tutti, chi più chi meno esplicitamente, temono che forzando la mano possa scatenare la reazione della gente comune, la stessa che sfidò l’australiana Po Valley contro le trivellazioni nel parco.
E l’attenzione inaspettata della stampa sta rendendo più concreto questo rischio.
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