Parco: programmi secretati. Ma è sul Distretto del cibo la sfida, ovvero, sviluppo economico o tutela dell’ambiente

Ci sono prese di posizione cui si fatica a credere tanto sono assurde. Eppure arrivano da persone ritenute serie, al punto da essere state elette alla massima carica locale, quella di sindaco. Siamo ancora a Cascina Butto, quella che sta sotto il santuario della Madonna del Carmelo, a circa 450 metri sul livello del mare, un terrazzo, il più bello della Brianza, che spazia a 360 gradi. Luogo di pace che riconcilia l’uomo con l’infinito. O dovrebbe riconciliarlo, perché a giudicare da quanto sta succedendo nelle ultime settimane, tutto regna in quei locali che furono case di contadini, allevatori e artigiani e ora ospitano il Parco di Montevecchia e della Valle del Curone, fuorché pace e concordia.
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Chi scrive ebbe la fortuna di seguire le vicende della costituzione dell’Ente regionale sin dai primi anni ottanta e fino alla definitiva consacrazione nel 1986 del Parco, a seguito dell’emanazione della Legge Regionale nr.77 del 16 settembre 1983. Ci furono confronti accesi, anche scontri tra gli oppositori, per lo più agricoltori, cacciatori e tenutari di imprese dentro quelli che sarebbero diventati i confini e i sostenitori della necessità di tutelare quel che restava della verde Brianza, diventata grazie ai versi di Lucio Battista, veritieri, la Brianza velenosa.
C’era in ballo un pezzo di territorio da lasciare integro per le generazioni che verranno. Una posta in palio di straordinaria importanza.
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Oggi i sindaci litigano per il posto di presidente. E’ vero che ottant’anni senza una guerra è il periodo più lungo vissuto dal nostro Paese per cui, assecondando la natura umana, ci si accapiglia per poco. Ma qui si sta sfiorando il ridicolo.
E se ne superano i limiti quando, a domanda diretta, “potete far conoscere a tutti, i punti essenziali dei programmi di Marco Molgora e di Giovanni Zardoni?”, la risposta è: “Gli Enti coinvolti (i Comuni ndr) non vogliono divulgare le "linee programmatiche".
Cioè tradotto: siccome a decidere sono i 12 sindaci, tutti gli altri cittadini non hanno diritto di conoscere quale futuro avranno i 3.800 ettari di area protetta in base a chi sarà eletto. Posto che Molgora si è chiamato fuori e quindi restano Zardoni e il non noto “terzo candidato”.
Dalla metà del 700 a oggi sembra che tutto sia cambiato. Ad eccezione della fulminante battuta del marchese del Grillo ri-declinata: noi siamo noi e voi non siete un cazzo!
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 Ma detto tutto ciò e per confermare la tesi che dopo 40 anni si vuole mettere a reddito l’area a discapito della tutela ambientale, ecco l’estratto di una domanda (insidiosa) e la risposta data da Marco Molgora (ormai fuori dai giochi quindi svincolato dal segreto d’ufficio) durante il confronto verbale. Giova ricordare che, al contrario, Giovanni Zardoni ha potuto presentare un programma articolato in 20 punti distribuito a tutti i sindaci.
 

DOMANDA/RILIEVO DEI SINDACI:
 

RAPPORTO CON I PRODUTTORI AGRICOLI E LE ATTIVITÀ AGRITURISTICHE
Lo studio di fattibilità promosso per la creazione del Distretto del Cibo ha purtroppo evidenziato che le
realtà imprenditoriali che operano nel settore agricolo e gastronomico vedono il Parco di Montevecchia
solamente come un ostacolo, tanto da richiedere espressamente che non fosse coinvolto nella creazione del Distretto. Questo è un aspetto su cui riflettere attentamente e che presuppone un deciso cambio di rotta nell’ottica della collaborazione, dell’ascolto e della valorizzazione reciproca.
 

RISPOSTA DI MARCO MOLGORA
La questione è nota, da quasi 30 anni, sin dall’approvazione del primo piano agricolo del Parco, che portò alcune associazioni agricole a scrivere articoli con insulti pesantissimi e personali all’indirizzo dei sindaci che lo approvarono. In quella sede si arrivò a paventare la scomparsa dell’agricoltura dalle aree interne al parco, a distanza di 30 anni risultano presenti circa 100 attività di tipo agricolo.
Appare evidente che c’è un’insofferenza nei confronti delle regole e delle norme che regolano le attività
all’interno dei parchi, così come c’è un’insofferenza diffusa verso gli interventi sanzionatori delle Gev, che vengono percepiti come persecutori.
La realizzazione di grandi superfici coperte da serre, avvenuta negli scorsi anni, che centinaia di cittadini dei lamentano come insostenibili e vergognose all’interno di un’area protetta, dimostra che senza regole, vincoli, limiti, i parchi non potrebbero tutelare il territorio e il paesaggio.
Se si lasciasse mano libera e venissero realizzate coperture di notevoli superfici nelle zone più belle e
delicate o interventi che snaturano il territorio si perderebbero i valori di attrattività che portano i fruitori nel parco, con grave nocumento per le attività ricettive esistenti.
Occorre evidenziare che le legge sui parchi regionali prevede la presenza di un rappresentante degli agricoltori nel Consiglio di gestione e il rappresentante locale non ha mai evidenziato situazioni di forte
criticità nei confronti del nostro parco, confermando che le lamentele non sono legate a specifiche modalità gestionali ma a vincoli e procedure che sono fissati per legge.
L’Ente Parco affida ogni qualvolta possibile attività di manutenzione alle aziende agricole del territorio, ad esempio la gestione delle aree prossime alla sede di Cascina Butto con il pascolo bovino (in precedenza ovino), azioni di cura dei prati magri; mentre per altre attività richieste dal parco non si è trovata disponibilità a causa delle limitate risorse economiche in gioco. 
Claudio Brambilla
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