Paderno: Bassani e Matteotti, due storie contro il fascismo
Due storie di antifascismo, di due italiani, il padernese Pierino Bassani e Giacomo Matteotti, vittime delle violenze del regime. Due personaggi dal peso politico diverso, ma uniti nella condivisione di un destino collettivo segnato da oppressione di libertà e dalla brutalità delle squadracce, una totale sopraffazione dei diritti dell'uomo istituzionalizzata dello stato totalitario.
Nella serata di sabato 30 novembre, il sindaco Gianpaolo Torchio, Andrea Colleoni, Alberto Magni e Marisa Bandini di A.N.P.I. sezione Brianza Meratese, insieme alla Consulta Giovani, hanno catapultato i numerosi presenti nella tragica situazione del primo conflitto mondiale e l'immediato dopoguerra, con l'ascesa di Benito Mussolini e del suo partito. Dopo l'appello lanciato alla popolazione lo scorso gennaio, durante un precedente incontro della rassegna “I percorsi della memoria”, di recuperare e perpetuare le storie degli avi, Angelo Bassani ha contattato Colleoni per raccontare un pezzo di memoria tramandata dallo zio.
È il maggio del 1923 quando un gruppo di uomini armati, fascisti, bussa alla porta di una corte di Paderno. Non è la prima volta che si presentano: stanno cercando Piero Bassani, conosciuto da tutti come Pierino, ma lui non c'è. Nemmeno i famigliari sanno dove sia, forse è riuscito a scappare in qualche osteria o trovando riparo sui tetti, nonostante sia un mutilato di guerra.
L'Italia dalla fine dell'800 si trova in una situazione economica e sociale difficile, con un forte aumento della disoccupazione. Le donne scendono nelle strade per rivendicare il pane, troppo costoso per gli stipendi elargiti, ma immediatamente vengono zittite dalle cannonate dal generale Bava Beccaris. Nel maggio del 1898 viene istituito a Milano per quattro giorni lo stato d'assedio, che poco dopo raggiunge provincia. Paderno ne è particolarmente interessata: era giunta al sindaco una comunicazione, che informava che da Carate Brianza sarebbero arrivati 750 soldati, 250 cavalli e 37 ufficiali. Una iattura per il mondo contadino, siccome i soldati non si fanno scrupoli ad approvvigionarsi nei campi e abusare delle giovani del posto. I contadini erano già rassegnati allo sfruttamento negli appezzamenti e nelle filande, alla malattia, soprattutto la pellagra, causata dall'alto consumo di polenta e alla denutrizione. Condizioni che causano un vero e proprio sterminio, soprattutto di giovani, che non viene riconosciuto e al quale le vittime non possono opporsi per mancanza di istruzione, che non lascia alternative di sopravvivenza.
Questo è il contesto in cui nasce e cresce Pierino, lavorando la terra. Nel 1915, quando è già in corso la Grande Guerra, Bassani è uno dei primi a partire dopo la chiamata del 22 maggio con l'entrata in scena dell'Italia. Il 24 è già in viaggio verso Tolmino, dove si scatenerà un sanguinoso scontro, per il passaggio dell'esercito, Guidato dal generale Cadorna, che punta a raggiungere l'Isonzo e ottenere l'accesso a Vienna. Gli Italiani però vengono sbaragliati dagli austriaci, che avevano fortificato le montagne. Il soldato viene ferito per la prima volta al piede ed entrambe le ginocchia il 12 giugno. Poi però riparte e partecipa alla prima battaglia dell'Isonzo, che si conclude il 4 luglio con il padernese ferito sulla guancia destra. Il 9 settembre a Monte Santa Lucia, Pierino riporta ferite per bomba a mano alla mano destra, alla gamba sinistra e all'occhio sinistro, viene ricoverato all'ospedale di Verona, dove gli tolgono l'occhio. Nel giungo del 1916 riceve il congedo pensionistico e rientra a casa, a differenza di trenta concittadini che non torneranno più.
Questi primi anni di conflitto sul fronte sono caratterizzati da vittorie per gli italiani, che guadagnano però pochi chilometri. La colpa viene attribuita ai soldati, ai disfattisti che sono per la maggior parte socialisti, tra cui figura Giacomo Matteotti. Al tempo ventinovenne, il giovane non viene mandato al fronte perché aveva contratto la tubercolosi. Nel 1916 viene chiamato alle armi e spedito in esilio a Messina come artigliere, dove non può nuocere con i suoi scritti. Lì, notando l'analfabetismo dei soldati, decide di istituire una scuola, per trasmettere attraverso l'istruzione la possibilità di scelta.
Il dopoguerra è caratterizzato nella nazione da una forte violenza, rimasta nei reduci, impossibile da spegnere come un interruttore. Il 23 marzo 1919 nascono i “Fasci di combattimento” e presto iniziano gli scontri con il partito socialista, nel quale Matteotti operava, mantenendo tre istituzioni come riferimento per il suo agire politico: la scuola, il Comune e la Lega, quest'ultima intesa come federazione dei lavoratori. Matteotti gira nel Polesine e nel marzo del 1921 viene sequestrato da un manipolo di fascisti, invitato a smentire ciò che aveva dichiarato in camera dei deputati, ma lui rifiuta. Viene quinti percosso, diviene oggetto del tiro al bersaglio e viene sodomizzato con una candela. Un preannuncio della fine che lo aspetterà nel 1924, accoltellato da una squadra fascista.
L'incontro è stato accompagnato da brani e canti popolari, che hanno fatto percepire l'atmosfera di malcontento e ingiustizia che ha caratterizzato gli anni della prima Guerra Mondiale, così come quelli successivi. Il sindaco Gianpaolo Torchio ha sottolineato l'importanza della pratica del ricordo collettivo, per omaggiare, in un mondo trasformato, chi ha posto le premesse dello stato di libertà attuale. La resistenza personale e la volontà di non piegare il diritto a difendere le proprie idee, rappresentano le radici della democrazia, valori che hanno portato al progressivo rinascimento della libertà dell'uomo e al riconoscimento dei diritti sociali fino a livelli mai raggiunti prima, con la stipulazione della Costituzione. “Praticare la memoria è riportare all'oggi tanti insegnamenti per verificare quanti principi tengono ancora, tutelando la libertà dell'uomo”. Il Comune continuerà, proponendo altri appuntamenti, a coltivare e tramandare la storia nazionale e soprattutto, quella del piccolo paese di Paderno, alle generazioni future.
Nella serata di sabato 30 novembre, il sindaco Gianpaolo Torchio, Andrea Colleoni, Alberto Magni e Marisa Bandini di A.N.P.I. sezione Brianza Meratese, insieme alla Consulta Giovani, hanno catapultato i numerosi presenti nella tragica situazione del primo conflitto mondiale e l'immediato dopoguerra, con l'ascesa di Benito Mussolini e del suo partito. Dopo l'appello lanciato alla popolazione lo scorso gennaio, durante un precedente incontro della rassegna “I percorsi della memoria”, di recuperare e perpetuare le storie degli avi, Angelo Bassani ha contattato Colleoni per raccontare un pezzo di memoria tramandata dallo zio.
È il maggio del 1923 quando un gruppo di uomini armati, fascisti, bussa alla porta di una corte di Paderno. Non è la prima volta che si presentano: stanno cercando Piero Bassani, conosciuto da tutti come Pierino, ma lui non c'è. Nemmeno i famigliari sanno dove sia, forse è riuscito a scappare in qualche osteria o trovando riparo sui tetti, nonostante sia un mutilato di guerra.
L'Italia dalla fine dell'800 si trova in una situazione economica e sociale difficile, con un forte aumento della disoccupazione. Le donne scendono nelle strade per rivendicare il pane, troppo costoso per gli stipendi elargiti, ma immediatamente vengono zittite dalle cannonate dal generale Bava Beccaris. Nel maggio del 1898 viene istituito a Milano per quattro giorni lo stato d'assedio, che poco dopo raggiunge provincia. Paderno ne è particolarmente interessata: era giunta al sindaco una comunicazione, che informava che da Carate Brianza sarebbero arrivati 750 soldati, 250 cavalli e 37 ufficiali. Una iattura per il mondo contadino, siccome i soldati non si fanno scrupoli ad approvvigionarsi nei campi e abusare delle giovani del posto. I contadini erano già rassegnati allo sfruttamento negli appezzamenti e nelle filande, alla malattia, soprattutto la pellagra, causata dall'alto consumo di polenta e alla denutrizione. Condizioni che causano un vero e proprio sterminio, soprattutto di giovani, che non viene riconosciuto e al quale le vittime non possono opporsi per mancanza di istruzione, che non lascia alternative di sopravvivenza.
Questo è il contesto in cui nasce e cresce Pierino, lavorando la terra. Nel 1915, quando è già in corso la Grande Guerra, Bassani è uno dei primi a partire dopo la chiamata del 22 maggio con l'entrata in scena dell'Italia. Il 24 è già in viaggio verso Tolmino, dove si scatenerà un sanguinoso scontro, per il passaggio dell'esercito, Guidato dal generale Cadorna, che punta a raggiungere l'Isonzo e ottenere l'accesso a Vienna. Gli Italiani però vengono sbaragliati dagli austriaci, che avevano fortificato le montagne. Il soldato viene ferito per la prima volta al piede ed entrambe le ginocchia il 12 giugno. Poi però riparte e partecipa alla prima battaglia dell'Isonzo, che si conclude il 4 luglio con il padernese ferito sulla guancia destra. Il 9 settembre a Monte Santa Lucia, Pierino riporta ferite per bomba a mano alla mano destra, alla gamba sinistra e all'occhio sinistro, viene ricoverato all'ospedale di Verona, dove gli tolgono l'occhio. Nel giungo del 1916 riceve il congedo pensionistico e rientra a casa, a differenza di trenta concittadini che non torneranno più.
Questi primi anni di conflitto sul fronte sono caratterizzati da vittorie per gli italiani, che guadagnano però pochi chilometri. La colpa viene attribuita ai soldati, ai disfattisti che sono per la maggior parte socialisti, tra cui figura Giacomo Matteotti. Al tempo ventinovenne, il giovane non viene mandato al fronte perché aveva contratto la tubercolosi. Nel 1916 viene chiamato alle armi e spedito in esilio a Messina come artigliere, dove non può nuocere con i suoi scritti. Lì, notando l'analfabetismo dei soldati, decide di istituire una scuola, per trasmettere attraverso l'istruzione la possibilità di scelta.
Il dopoguerra è caratterizzato nella nazione da una forte violenza, rimasta nei reduci, impossibile da spegnere come un interruttore. Il 23 marzo 1919 nascono i “Fasci di combattimento” e presto iniziano gli scontri con il partito socialista, nel quale Matteotti operava, mantenendo tre istituzioni come riferimento per il suo agire politico: la scuola, il Comune e la Lega, quest'ultima intesa come federazione dei lavoratori. Matteotti gira nel Polesine e nel marzo del 1921 viene sequestrato da un manipolo di fascisti, invitato a smentire ciò che aveva dichiarato in camera dei deputati, ma lui rifiuta. Viene quinti percosso, diviene oggetto del tiro al bersaglio e viene sodomizzato con una candela. Un preannuncio della fine che lo aspetterà nel 1924, accoltellato da una squadra fascista.
L'incontro è stato accompagnato da brani e canti popolari, che hanno fatto percepire l'atmosfera di malcontento e ingiustizia che ha caratterizzato gli anni della prima Guerra Mondiale, così come quelli successivi. Il sindaco Gianpaolo Torchio ha sottolineato l'importanza della pratica del ricordo collettivo, per omaggiare, in un mondo trasformato, chi ha posto le premesse dello stato di libertà attuale. La resistenza personale e la volontà di non piegare il diritto a difendere le proprie idee, rappresentano le radici della democrazia, valori che hanno portato al progressivo rinascimento della libertà dell'uomo e al riconoscimento dei diritti sociali fino a livelli mai raggiunti prima, con la stipulazione della Costituzione. “Praticare la memoria è riportare all'oggi tanti insegnamenti per verificare quanti principi tengono ancora, tutelando la libertà dell'uomo”. Il Comune continuerà, proponendo altri appuntamenti, a coltivare e tramandare la storia nazionale e soprattutto, quella del piccolo paese di Paderno, alle generazioni future.
I.Bi.