Retesalute: analisi della sentenza della ‘Corte dei Conti’. Il CdA può agire contro chi causò grave danno all’Azienda
La pronuncia della Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti di Milano in merito alla vicenda “Retesalute” offre più di uno spunto per fare chiarezza in merito al tentativo di archiviare l’esperienza meratese-casatese in tema di gestione associata dei servizi sociali con un occhio di riguardo alla prospettiva di maggiore integrazione con il settore sociosanitario di competenza della ASST.
Vicenda che ha preso il via sei anni fa quando si iniziò a discutere sulla opportunità di proseguire e potenziare con altri Comuni interessati del milanese e anche del lecchese il modello in essere nell’ambito del Distretto della vecchia USSL di Merate, con in servizi affidati a una Azienda speciale partecipata al 100% dagli Enti locali. Modello diverso da quello del Distretto lecchese basato sulla collaborazione tra pubblico e privati che vede questi ultimi in maggioranza.
Il dibattito si trasferisce all’interno dell’Assemblea consortile quando nel mese di ottobre 2018 arriva all’ordine del giorno il Piano di Rilancio dell’Azienda proposto dal Consiglio di Amministrazione che elenca le misure essenziali alla messa in sicurezza dell’Azienda sul versante patrimoniale e organizzativo per favorire anche l’ingresso dei nuovi soci. In particolare il Piano prevedeva interventi mirati al potenziamento della struttura amministrativa e l’introduzione di un diverso sistema della contabilità, per addebitare ai Comuni, attraverso il supporto della contabilità analitica, il costo effettivo dei servizi richiesti in termini di quantità e qualità.
A sorpresa, senza preavviso, arriva in quella sede la proposta di non mettere in votazione il Piano di Rilancio proposto dal CDA a firma dei rappresentanti dei Comuni di Airuno, Calco, Unione dei Comuni della Valletta, Paderno d’Adda, Robbiate, Osnago, Missaglia, Sirtori e Viganò. Messa ai voti la richiesta passa per un solo millesimo (433 favorevoli e 432 contrari).
Piano di rilancio bocciato!
Messo in minoranza il Consiglio di amministrazione si dimette e garantisce la normale amministrazione fino alla nomina del Consiglio di Amministrazione presieduto da Alessandra Colombo che invece di riprendere i contenuti del Piano di rilancio apre la campagna contro Amministratori e i Dirigenti che si sono alternati alla guida dell’Azienda. Obiettivo sottointeso la liquidazione dell’Azienda stessa, risultato che avrebbe favorito l’estensione a tutto il territorio provinciale del modello lecchese.
Diversamente non sarebbero comprensibili le mosse sbagliate compiute, con l’avvallo dell’Assemblea dei comuni soci, presieduta dall’allora sindaco di Merate Massimo Augusto Panzeri.
Invece che puntare su provvedimenti in grado di rimettere in sicurezza Retesalute con il contributo dei Comuni come ha saputo fare successivamente il Consiglio presieduto da Antonio Colombo, la avvocata Alessandra Colombo ha privilegiato la campagna” scandalistica” basata su un ipotetico “danno erariale” di oltre quattro milioni di euro, soldi da recuperare per restituirli ai Comuni che nel frattempo si sono impegnati a coprire quello che definivano come il “buco”.
Trovando in questa campagna terreno fertile nella stampa locale cartacea.
Un primo tentativo di recupero di questa somma, senza un minimo di risultato, è stato fatto nei confronti del Consiglio di Amministrazione in carica nel 2018. Richiesta nemmeno presa in considerazione dagli interessati
Successivamente il Collegio dei liquidatori, di cui la stessa Alessandra Colombo faceva parte, ha fatto ricorso alle norme penali e civili contro la direttrice Simona Milani e la responsabile dell’Ufficio economico Anna Ronchi, rimediando in sede processuale davanti alla Giudice Federica Trovò e poi al collegio giudicante, una sonora sconfitta. Le sentenze hanno addirittura condannato Retesalute – in realtà i denuncianti, cioè i liquidatori nei fatti - per l’uso improprio dell’azione giudiziaria.
Il terzo tentativo per recuperate i presunti 4 milioni e più a favore dei Comuni ha visto la chiamata in causa della Corte dei Conti per un’azione risarcitoria. Azione sollecitata in particolare dal Sindaco di Merate, Presidente dell’Assemblea, Massimo Panzeri e da un gruppo di Segretari Comunali. Un tentativo che sembrava potesse avere qualche chance in più degli altri.
La richiesta del Sostituto Procuratore Generale Francesco Foggia al Presidente delle Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti della Lombardia ridimensionava le aspettative dei liquidatori dimezzando da quattro a due milioni la somma risarcitoria a titolo di “danno erariale”, e poneva a carico dell’ex Presidente Salvioni, di Simona Milani e del Revisore dei Conti Giovanni Perego un onere ciascuno di 439.074,60 e a carico di Anna Ronchi addirittura un addebito di 879.948,00 euro.
In un passaggio della relazione annuale della Corte, la richiesta veniva segnalata come “fattispecie di occultamento di perdite di Azienda Speciale-Danno erariale di circa due milioni di euro” che lasciava spazio a diverse interpretazioni. Nonché alla pubblicizzazione di una sentenza di condanna, come, ad esempio, è avvenuto a seguito dell’improvvida illustrazione di una slide in consiglio comunale a Merate, portata dal Panzeri a sostegno della propria tesi.
La sentenza del 26 novembre scorso mette in evidenza quanto di strumentale vi è stato in tutta questa assurda vicenda. La Corte dei Conti ha stabilito che relativamente alle tariffe sottostimate, che hanno determinato la quasi totalità dei disavanzi: “I Comuni hanno corrisposto ora per allora il giusto compenso all’Azienda ed il relativo esborso giustificato da un correlato vantaggio non è configurabile come danno erariale”.
Stesse conclusioni per le spese di gestione generali, seconda causa dei disavanzi:” poiché dagli atti di accusa non emergono episodi di mala gestio che abbiano determinato anomalo o ingiustificato aumento dei costi di gestione o funzionamento dell’Azienda i contributi dei Comuni erano del tutto inadeguati a coprire gli esborsi contestati non corrispondono un danno erariale”.
Pronunciamenti, questi della Corte, che fanno riflettere su come è stata condotta l’intera vicenda. E’ legittimo dubitare in merito alla volontà, nel 2018, di favorire un rilancio dell’Azienda. Gli strumenti indicati dal Piano di riorganizzazione quali la possibilità di ricapitalizzare Retesalute, come di fatto è avvenuto, avrebbero evitato la perdita di nuovi soci, del personale qualificato e i disservizi a carico degli utenti per parecchio tempo.
Alla fine il danno erariale posto a carico di Salvioni, Milani, Ronchi e Perego raggiunge complessivamente la somma di 105.365,67 euro, pari al 50% di 210.731,34 cifra che la Corte ritiene” avvinte da un nesso eziologico diretto e prevalente con la condotta illecita per la quale si agisce”.
Resta da capire a chi potrebbe essere addebitato il restante 50% atteso che la Corte giustamente sottolinea che agisce con riferimento ai convenuti.
Il Collegio giudicante non ha posto a carico dei convenuti una serie di spese contestate in quanto meri costi di gestione non collegate al disavanzo quali incarichi e diritti e onorari collegati al contenzioso nei confronti delle dottoresse Milani e Ronchi. Con riferimento a queste ultime spese il Collegio non ha potuto non rilevare alla base degli esiti ampiamente sfavorevoli a Retesalute del giudizio civile e del processo penale, che le azioni intraprese sono state deliberate senza le dovute cautele e gli approfondimenti giuridico- fattuali necessari a formare il convincimento di una qualche fondatezza della pretesa azionata.
Il Consiglio di Amministrazione in carica, presieduto dall’avvocato Roberto Corbetta potrebbe cogliere questo “spunto” individuando quanti hanno operato in tutta questa vicenda causando danni enormi all’Azienda Speciale Pubblica. Per chiederne adeguato conto!
Vicenda che ha preso il via sei anni fa quando si iniziò a discutere sulla opportunità di proseguire e potenziare con altri Comuni interessati del milanese e anche del lecchese il modello in essere nell’ambito del Distretto della vecchia USSL di Merate, con in servizi affidati a una Azienda speciale partecipata al 100% dagli Enti locali. Modello diverso da quello del Distretto lecchese basato sulla collaborazione tra pubblico e privati che vede questi ultimi in maggioranza.
Il dibattito si trasferisce all’interno dell’Assemblea consortile quando nel mese di ottobre 2018 arriva all’ordine del giorno il Piano di Rilancio dell’Azienda proposto dal Consiglio di Amministrazione che elenca le misure essenziali alla messa in sicurezza dell’Azienda sul versante patrimoniale e organizzativo per favorire anche l’ingresso dei nuovi soci. In particolare il Piano prevedeva interventi mirati al potenziamento della struttura amministrativa e l’introduzione di un diverso sistema della contabilità, per addebitare ai Comuni, attraverso il supporto della contabilità analitica, il costo effettivo dei servizi richiesti in termini di quantità e qualità.
A sorpresa, senza preavviso, arriva in quella sede la proposta di non mettere in votazione il Piano di Rilancio proposto dal CDA a firma dei rappresentanti dei Comuni di Airuno, Calco, Unione dei Comuni della Valletta, Paderno d’Adda, Robbiate, Osnago, Missaglia, Sirtori e Viganò. Messa ai voti la richiesta passa per un solo millesimo (433 favorevoli e 432 contrari).
Piano di rilancio bocciato!
Messo in minoranza il Consiglio di amministrazione si dimette e garantisce la normale amministrazione fino alla nomina del Consiglio di Amministrazione presieduto da Alessandra Colombo che invece di riprendere i contenuti del Piano di rilancio apre la campagna contro Amministratori e i Dirigenti che si sono alternati alla guida dell’Azienda. Obiettivo sottointeso la liquidazione dell’Azienda stessa, risultato che avrebbe favorito l’estensione a tutto il territorio provinciale del modello lecchese.
Diversamente non sarebbero comprensibili le mosse sbagliate compiute, con l’avvallo dell’Assemblea dei comuni soci, presieduta dall’allora sindaco di Merate Massimo Augusto Panzeri.
Invece che puntare su provvedimenti in grado di rimettere in sicurezza Retesalute con il contributo dei Comuni come ha saputo fare successivamente il Consiglio presieduto da Antonio Colombo, la avvocata Alessandra Colombo ha privilegiato la campagna” scandalistica” basata su un ipotetico “danno erariale” di oltre quattro milioni di euro, soldi da recuperare per restituirli ai Comuni che nel frattempo si sono impegnati a coprire quello che definivano come il “buco”.
Trovando in questa campagna terreno fertile nella stampa locale cartacea.
Un primo tentativo di recupero di questa somma, senza un minimo di risultato, è stato fatto nei confronti del Consiglio di Amministrazione in carica nel 2018. Richiesta nemmeno presa in considerazione dagli interessati
Successivamente il Collegio dei liquidatori, di cui la stessa Alessandra Colombo faceva parte, ha fatto ricorso alle norme penali e civili contro la direttrice Simona Milani e la responsabile dell’Ufficio economico Anna Ronchi, rimediando in sede processuale davanti alla Giudice Federica Trovò e poi al collegio giudicante, una sonora sconfitta. Le sentenze hanno addirittura condannato Retesalute – in realtà i denuncianti, cioè i liquidatori nei fatti - per l’uso improprio dell’azione giudiziaria.
Il terzo tentativo per recuperate i presunti 4 milioni e più a favore dei Comuni ha visto la chiamata in causa della Corte dei Conti per un’azione risarcitoria. Azione sollecitata in particolare dal Sindaco di Merate, Presidente dell’Assemblea, Massimo Panzeri e da un gruppo di Segretari Comunali. Un tentativo che sembrava potesse avere qualche chance in più degli altri.
La richiesta del Sostituto Procuratore Generale Francesco Foggia al Presidente delle Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti della Lombardia ridimensionava le aspettative dei liquidatori dimezzando da quattro a due milioni la somma risarcitoria a titolo di “danno erariale”, e poneva a carico dell’ex Presidente Salvioni, di Simona Milani e del Revisore dei Conti Giovanni Perego un onere ciascuno di 439.074,60 e a carico di Anna Ronchi addirittura un addebito di 879.948,00 euro.
In un passaggio della relazione annuale della Corte, la richiesta veniva segnalata come “fattispecie di occultamento di perdite di Azienda Speciale-Danno erariale di circa due milioni di euro” che lasciava spazio a diverse interpretazioni. Nonché alla pubblicizzazione di una sentenza di condanna, come, ad esempio, è avvenuto a seguito dell’improvvida illustrazione di una slide in consiglio comunale a Merate, portata dal Panzeri a sostegno della propria tesi.
La sentenza del 26 novembre scorso mette in evidenza quanto di strumentale vi è stato in tutta questa assurda vicenda. La Corte dei Conti ha stabilito che relativamente alle tariffe sottostimate, che hanno determinato la quasi totalità dei disavanzi: “I Comuni hanno corrisposto ora per allora il giusto compenso all’Azienda ed il relativo esborso giustificato da un correlato vantaggio non è configurabile come danno erariale”.
Stesse conclusioni per le spese di gestione generali, seconda causa dei disavanzi:” poiché dagli atti di accusa non emergono episodi di mala gestio che abbiano determinato anomalo o ingiustificato aumento dei costi di gestione o funzionamento dell’Azienda i contributi dei Comuni erano del tutto inadeguati a coprire gli esborsi contestati non corrispondono un danno erariale”.
Pronunciamenti, questi della Corte, che fanno riflettere su come è stata condotta l’intera vicenda. E’ legittimo dubitare in merito alla volontà, nel 2018, di favorire un rilancio dell’Azienda. Gli strumenti indicati dal Piano di riorganizzazione quali la possibilità di ricapitalizzare Retesalute, come di fatto è avvenuto, avrebbero evitato la perdita di nuovi soci, del personale qualificato e i disservizi a carico degli utenti per parecchio tempo.
Alla fine il danno erariale posto a carico di Salvioni, Milani, Ronchi e Perego raggiunge complessivamente la somma di 105.365,67 euro, pari al 50% di 210.731,34 cifra che la Corte ritiene” avvinte da un nesso eziologico diretto e prevalente con la condotta illecita per la quale si agisce”.
Resta da capire a chi potrebbe essere addebitato il restante 50% atteso che la Corte giustamente sottolinea che agisce con riferimento ai convenuti.
Il Collegio giudicante non ha posto a carico dei convenuti una serie di spese contestate in quanto meri costi di gestione non collegate al disavanzo quali incarichi e diritti e onorari collegati al contenzioso nei confronti delle dottoresse Milani e Ronchi. Con riferimento a queste ultime spese il Collegio non ha potuto non rilevare alla base degli esiti ampiamente sfavorevoli a Retesalute del giudizio civile e del processo penale, che le azioni intraprese sono state deliberate senza le dovute cautele e gli approfondimenti giuridico- fattuali necessari a formare il convincimento di una qualche fondatezza della pretesa azionata.
Il Consiglio di Amministrazione in carica, presieduto dall’avvocato Roberto Corbetta potrebbe cogliere questo “spunto” individuando quanti hanno operato in tutta questa vicenda causando danni enormi all’Azienda Speciale Pubblica. Per chiederne adeguato conto!
Claudio Brambilla