Church pocket/38. L’Avvento a quattro voci: la melodia dell’attesa – la Redenzione/2
Dicembre è il mese dei desideri. Desideriamo la neve – non io che ho sempre freddo - un Natale perfetto e – ammettiamolo – che il regalo sotto l’albero sia esattamente quello che avevamo in mente. Ma, nel profondo, c’è un desiderio ancora più grande, uno che magari non esprimiamo a voce alta: il bisogno di essere rinnovati. Ed è qui che entra in scena la Redenzione.
Ma cosa vuol dire redenzione? Per capirlo, partiamo dall’essenziale. Redimere significa “riscattare” o “liberare”. È l’azione di qualcuno che paga il prezzo per salvarci da una situazione difficile, un po’ come l’amico che ci tira fuori da un primo appuntamento imbarazzante con una telefonata strategica. Solo che qui il Salvatore non si limita a tirarci fuori dai guai: ci trasforma, ci dona una vita nuova. Cristo non è venuto solo per “aggiustarci” o per fare una passata di vernice sopra i nostri difetti. La Redenzione non è un lifting spirituale, ma un rifacimento totale, una vera rinascita. Con la sua morte e resurrezione, Gesù ci ha liberati dal peccato e dalla morte, offrendoci una possibilità inedita: vivere come figli di Dio, liberi di amare senza paura.
A vent’anni, non capivo bene cosa fosse questa redenzione. Il mio padre spirituale, un povero milanese venuto a Napoli, in seminario, in un pomeriggio di maggio, lungo via Petrarca, me l’ha spiegata così: “Immagina di avere una vecchia bicicletta, un po' arrugginita e malandata, che usi da anni. Un giorno la bici si rompe: la catena si stacca, la ruota è piegata, e sembrano esserci troppi danni per ripararla. La metti da parte, rassegnato, pensando che non ci sia più nulla da fare. Ma poi arriva qualcuno che vede il potenziale in quella bici. Un amico esperto, che non solo sa come aggiustarla, ma che ha una passione speciale per far rivivere le cose rotte. Ti chiede di lasciargliela, e mentre tu guardi incredulo, lui comincia a lavorarci sopra con calma e dedizione. Pulisce ogni angolo, sostituisce i pezzi danneggiati e rinforza i punti deboli. Quando finisce, la bici non è più quella di prima: è nuova, funzionante, brillante, pronta per portarti dove vuoi andare. La redenzione è proprio questo: l'intervento di qualcuno che, pur vedendo tutte le tue imperfezioni e i tuoi fallimenti, ti prende e ti trasforma. Non ti rimette a posto solo superficialmente, ma ti rinnova dall'interno, dandoti la possibilità di "partire" di nuovo, più forte di prima. È un atto d'amore che non cancella il passato, ma lo trasforma, restituendo speranza e una nuova direzione”. Da quel giorno ho capito che, a volte, tutti abbiamo bisogno di una lucidata, di una riparata.
Questa ricerca di redenzione e rinascita è raccontata in modo toccante anche nella serie Netflix “Tutto chiede salvezza”. Qui, il giovane Daniele si ritrova in un reparto psichiatrico, costretto a confrontarsi con i suoi fantasmi interiori e con un’umanità ferita ma sorprendente. Le sue giornate, all’inizio scandite da rabbia e incomprensioni, si trasformano in un percorso di scoperta: scoperta di sé, del valore dell’amicizia e della capacità di dare e ricevere amore. La serie ci ricorda che tutti, in fondo, abbiamo bisogno di salvezza. Non perché siamo “sbagliati”, ma perché siamo umani, con le nostre fragilità, le nostre paure e quel desiderio di essere compresi e amati. Daniele, in modo imperfetto e sincero, incarna l’attesa di qualcosa di più grande: una redenzione che non cancella le ferite, ma le trasforma in possibilità di rinascita.
La storia della Redenzione inizia con l’attesa. Gli ebrei attendevano un Messia che portasse giustizia, pace e libertà. Noi oggi non aspettiamo un Re guerriero, ma qualcosa di altrettanto profondo: una speranza concreta, un senso per la nostra vita, un raggio di luce che squarci le ombre delle nostre paure. E la Buona Notizia è che il Salvatore non si fa attendere inutilmente. La sua venuta – a Natale e ogni volta nei nostri cuori – è la risposta a quel desiderio profondo di ricominciare. La redenzione di Cristo non è solo un atto passato, ma un regalo che si rinnova continuamente. Pensiamo alle luci natalizie: ogni anno, appena le vediamo, il cuore si scalda un po’, e iniziamo a sentire quel brivido di festa. Ecco, Cristo è quella luce che brilla dentro di noi, tutto l’anno, ma che spesso dimentichiamo di accendere. Essere redenti significa vivere nella speranza, sapendo che non importa quanto siano pesanti i nostri errori o le nostre ferite: c’è sempre una strada per la guarigione, per la pace, per la gioia. Guardando la serie, vediamo come anche Daniele viva la sua redenzione nei piccoli gesti quotidiani: una parola gentile, un abbraccio sincero, il coraggio di affrontare il dolore senza fuggire. Allo stesso modo, la nostra redenzione non si realizza in eventi spettacolari, ma nella scelta di fare spazio all’amore, alla misericordia e alla speranza, anche quando ci sentiamo stanchi o indegni.
E poi c’è l’attesa. L’Avvento ci invita a riscoprire la bellezza dell’attendere con fiducia, senza fretta. Non è facile in un mondo che vuole tutto subito, ma aspettare ci prepara a ricevere con gioia. La redenzione è come un regalo incartato con cura: non basta guardarlo, bisogna scartarlo e accoglierlo. Cristo ci offre una nuova vita, una speranza che non delude.
E proprio come Daniele alla fine del suo viaggio, anche noi possiamo scoprire che la salvezza non è qualcosa di lontano, ma una presenza vicina, pronta a illuminare le nostre ombre e a trasformarle in luce. Quindi, mentre accendiamo la seconda candela dell’Avvento, ricordiamoci: ogni piccolo gesto di amore e apertura può essere l’inizio di una nuova vita. La redenzione è già qui, basta accoglierla.
Ma cosa vuol dire redenzione? Per capirlo, partiamo dall’essenziale. Redimere significa “riscattare” o “liberare”. È l’azione di qualcuno che paga il prezzo per salvarci da una situazione difficile, un po’ come l’amico che ci tira fuori da un primo appuntamento imbarazzante con una telefonata strategica. Solo che qui il Salvatore non si limita a tirarci fuori dai guai: ci trasforma, ci dona una vita nuova. Cristo non è venuto solo per “aggiustarci” o per fare una passata di vernice sopra i nostri difetti. La Redenzione non è un lifting spirituale, ma un rifacimento totale, una vera rinascita. Con la sua morte e resurrezione, Gesù ci ha liberati dal peccato e dalla morte, offrendoci una possibilità inedita: vivere come figli di Dio, liberi di amare senza paura.
A vent’anni, non capivo bene cosa fosse questa redenzione. Il mio padre spirituale, un povero milanese venuto a Napoli, in seminario, in un pomeriggio di maggio, lungo via Petrarca, me l’ha spiegata così: “Immagina di avere una vecchia bicicletta, un po' arrugginita e malandata, che usi da anni. Un giorno la bici si rompe: la catena si stacca, la ruota è piegata, e sembrano esserci troppi danni per ripararla. La metti da parte, rassegnato, pensando che non ci sia più nulla da fare. Ma poi arriva qualcuno che vede il potenziale in quella bici. Un amico esperto, che non solo sa come aggiustarla, ma che ha una passione speciale per far rivivere le cose rotte. Ti chiede di lasciargliela, e mentre tu guardi incredulo, lui comincia a lavorarci sopra con calma e dedizione. Pulisce ogni angolo, sostituisce i pezzi danneggiati e rinforza i punti deboli. Quando finisce, la bici non è più quella di prima: è nuova, funzionante, brillante, pronta per portarti dove vuoi andare. La redenzione è proprio questo: l'intervento di qualcuno che, pur vedendo tutte le tue imperfezioni e i tuoi fallimenti, ti prende e ti trasforma. Non ti rimette a posto solo superficialmente, ma ti rinnova dall'interno, dandoti la possibilità di "partire" di nuovo, più forte di prima. È un atto d'amore che non cancella il passato, ma lo trasforma, restituendo speranza e una nuova direzione”. Da quel giorno ho capito che, a volte, tutti abbiamo bisogno di una lucidata, di una riparata.
Questa ricerca di redenzione e rinascita è raccontata in modo toccante anche nella serie Netflix “Tutto chiede salvezza”. Qui, il giovane Daniele si ritrova in un reparto psichiatrico, costretto a confrontarsi con i suoi fantasmi interiori e con un’umanità ferita ma sorprendente. Le sue giornate, all’inizio scandite da rabbia e incomprensioni, si trasformano in un percorso di scoperta: scoperta di sé, del valore dell’amicizia e della capacità di dare e ricevere amore. La serie ci ricorda che tutti, in fondo, abbiamo bisogno di salvezza. Non perché siamo “sbagliati”, ma perché siamo umani, con le nostre fragilità, le nostre paure e quel desiderio di essere compresi e amati. Daniele, in modo imperfetto e sincero, incarna l’attesa di qualcosa di più grande: una redenzione che non cancella le ferite, ma le trasforma in possibilità di rinascita.
La storia della Redenzione inizia con l’attesa. Gli ebrei attendevano un Messia che portasse giustizia, pace e libertà. Noi oggi non aspettiamo un Re guerriero, ma qualcosa di altrettanto profondo: una speranza concreta, un senso per la nostra vita, un raggio di luce che squarci le ombre delle nostre paure. E la Buona Notizia è che il Salvatore non si fa attendere inutilmente. La sua venuta – a Natale e ogni volta nei nostri cuori – è la risposta a quel desiderio profondo di ricominciare. La redenzione di Cristo non è solo un atto passato, ma un regalo che si rinnova continuamente. Pensiamo alle luci natalizie: ogni anno, appena le vediamo, il cuore si scalda un po’, e iniziamo a sentire quel brivido di festa. Ecco, Cristo è quella luce che brilla dentro di noi, tutto l’anno, ma che spesso dimentichiamo di accendere. Essere redenti significa vivere nella speranza, sapendo che non importa quanto siano pesanti i nostri errori o le nostre ferite: c’è sempre una strada per la guarigione, per la pace, per la gioia. Guardando la serie, vediamo come anche Daniele viva la sua redenzione nei piccoli gesti quotidiani: una parola gentile, un abbraccio sincero, il coraggio di affrontare il dolore senza fuggire. Allo stesso modo, la nostra redenzione non si realizza in eventi spettacolari, ma nella scelta di fare spazio all’amore, alla misericordia e alla speranza, anche quando ci sentiamo stanchi o indegni.
E poi c’è l’attesa. L’Avvento ci invita a riscoprire la bellezza dell’attendere con fiducia, senza fretta. Non è facile in un mondo che vuole tutto subito, ma aspettare ci prepara a ricevere con gioia. La redenzione è come un regalo incartato con cura: non basta guardarlo, bisogna scartarlo e accoglierlo. Cristo ci offre una nuova vita, una speranza che non delude.
E proprio come Daniele alla fine del suo viaggio, anche noi possiamo scoprire che la salvezza non è qualcosa di lontano, ma una presenza vicina, pronta a illuminare le nostre ombre e a trasformarle in luce. Quindi, mentre accendiamo la seconda candela dell’Avvento, ricordiamoci: ogni piccolo gesto di amore e apertura può essere l’inizio di una nuova vita. La redenzione è già qui, basta accoglierla.
Rubrica a cura di Pietro Santoro