Parco Curone: si va alla conta, Rosa vuole un posto per il suo 4%. Il CSX unito può bloccare le nomine

Per chi segue le vicende del Parco di Montevecchia e Valle del Curone dalla sua nascita quello che sta accadendo ha del surreale. Per lunghi anni – a parte una breve parentesi affidata a Riccardo Piccolo, già direttore del Mandic – Eugenio Mascheroni ha retto le sorti della Riserva naturale. E solo di problemi del parco si parlava, non di poltrone. E’ stato così anche con la nomina di Marco Molgora, succeduto all’ex sindaco di Montevecchia (due sole astensioni).
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Giovanni Zardoni e Marco Molgora
Ora invece è battaglia. Battaglia politica con imprevisti ribaltamenti di fronte. Il più clamoroso è quello di Marco Panzeri, sindaco de La Valletta Brianza. Sin dal suo scendere nell’agone politico locale ha subito preso posizione nel centrosinistra raggiungendo il grado di responsabile provinciale sanità del Partito Democratico. Ora, invece, appare come il necessario collante per sindaci del centrodestra piuttosto riottosi a muoversi unitariamente. Avendo ciascuno specifiche necessità e priorità. Ci pensa il Marco di Rovagnate a mettere tutti assieme. Si dice che sia diventato grande amico di Mauro Piazza, il politico più in vista del centrodestra cui Giovanni Battista Bernocco (Olgiate), Gennaro Toto (Cernusco) e Ivan Pendeggia (Montevecchia) fanno riferimento. Superfluo dire che la presidente della provincia Alessandra Hofmann è schierata. Lo sappiamo da sempre. Resta il sindaco di Sirtori, Matteo Giovanni Rosa, in quota a Fratelli d’Italia che col suo 4 e rotti per cento può fare la differenza. Lui lo sa e se la gioca.

Dall’altra parte restano piuttosto disorientati per la piega che ha preso la situazione i sette sindaci di centrosinistra, Merate incluso. Pensavano a un percorso tradizionale con la conferma di Marco Molgora, ambientalista da sempre, prima che esponente del centrosinistra. Invece hanno dovuto fare i conti con un blitz di Giovanni Zardoni, responsabile delle Guardie Ecologiche Volontarie che, diversamente da Molgora, si è presentato con un programma articolato da sottoporre ai “grandi elettori”. Molgora si era limitato ai dodici punti programmatici con l’analisi del fatto, come fatto, non fatto. Zardoni ha giocato d’anticipo scodellando venti pagine di programma.

Ma non saranno quelle a consentirgli, molto probabilmente, di diventare presidente del Parco. Sarà la politica di parte a portarlo in cima al Butto. Un brutto inizio.

Anche perché il centrosinistra potrebbe far scattare la regola del rivisto art. 6, cioè la “…Comunità del parco è validamente costituita con l’intervento della maggioranza assoluta dei componenti che rappresentino almeno il 51% delle quote di partecipazione all’Ente”. Siccome valgono entrambi i requisiti il centrodestra con La Valletta potrebbe disporre del 51% ma la maggioranza assoluta è sette su tredici. Proprio i sette comuni del centrosinistra.
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E qui parte la peggiore trattativa della storia del Parco: il centrodestra oltre al presidente vorrebbe due dei tre membri del Consiglio di gestione. In più avrebbe il rappresentante nominato dalla regione (probabilmente il leghista Sesana di Missaglia).

Ovviamente il centrosinistra non ci sta e di membri ne vuole due. Ne resterebbe uno al centrodestra reclamato da Montevecchia che ha l’intero territorio nel Parco. Ma Sirtori per concedere il suo 4 e rotti per cento pretende come riconoscimento il posto. Cernusco reclama mentre Montevecchia potrebbe cedere lo scranno a condizione che sia nominato Fabio Tamandi di Merate. Ma Mattia Salvioni non è dello stesso avviso. Insomma un rebus mai visto che mette in ombra i temi veri del Parco.

Peraltro come sarà possibile per il presidente, chiunque esso sia, gestire l’assemblea quando ogni volta basta un’assenza per cambiare le maggioranze? C’è anche da dire che, errore del passato cui mai è stato posto rimedio, si è lasciato alla provincia il 15% quando il suo rappresentante in questi anni si sarà fatto vedere 3-4 volte al massimo.

La prima seduta è convocata per il 2 dicembre. Se non si troverà un accordo prima e a condizione che il centrosinistra resti unito (Lomagna, Merate, Missaglia, Osnago, Viganò, Airuno e Valgreghentino) è probabile che si dovrà rinviarla ad altra data.

Ma è possibile, per la bulimia di potere di pochissimi soggetti, calpestare le tradizioni della nostra grande area protetta (3800 ettari) e mettere a rischio 40 anni di lavoro?
Claudio Brambilla
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