Severino Colombo: 50 anni di fedeltà assoluta al Karate nel ricordo del grande Maestro Shirai. Il 24 stage e esami
1. SHIN : CREDERE, NON TRADIRE ALTRI, FEDELTA'
2. AI : AMARE TUTTI
3. JIN : SPIRITO AMICHEVOLE
4. TOKU : PENSIERO POSITIVO, FARE COSE CHE PENSI SIANO BENE PER GLI ALTRI
5. GHI: NON DIMENTICARE CHI TI HA AIUTATO, RETTITUDINE
6. CHU : SERVIRE DAL CUORE UNA PERSONA
7. KO : SERVIZIO MASSIMO PER I GENITORI
8. YU : ENERGIA MENTALE ( KI ). NON AVER PAURA DI MORIRE
9. JYO : DARE AGLI ALTRI, ALTRUISMO
10. NIN : GRANDE PAZIENZA QUANDO SI DEVE SUPERARE UNA DIFFICOLTA'.
Sono i 10 “fondamenti” del grande maestro Hiroshi Shirai, scomparso a Milano il 9 ottobre scorso all’età di 87 anni. Hiroshi Shirai è stato maestro di karate, decimo dan, considerato il maestro giapponese che ha maggiormente contribuito a sviluppare lo Stile Shotokan in Italia. Al suo funerale nella chiesa di Sant’Andrea a Milano c’era una moltitudine di persone tanto da far dire all’Officiante: mi sono meravigliato di vedere così tante persone tutte composte, silenziose, educate. Del resto la parola d’ordine del grande Maestro era “Rispetto”. Con lui è cresciuto Severino Colombo, settimo dan, maestro indiscusso del karate Shotokan Ryu, fondatore dei corsi oggi frequentate da oltre 300 allievi addestrati da 26 tra istruttori e maestri. Al suo fianco Piera Motta, sesto dan – uno dei gradi più alti raggiunti in campo femminile – che ancora oggi, superati i 70 anni, come spiega con orgoglio Severino, insegna con grande passione e tenacia non solo alle cinture colorate ma anche agli istruttori di grado elevato. Oltre cinquant’anni di fedeltà assoluta al karate, allievi cresciuti nelle scuole di Severino e Piera che hanno conquistato i podi mondiali, Europei e Italiani. Un racconto lungo una vita intera. Che per Severino Colombo inizia nel 1972.
“Un po’ già ci pensavo, poi incontro un amico, Gianni Guizzetti e mi dice di essersi iscritto a una palestra a Milano dove si pratica karate. Era la scintilla che aspettavo. Torno a casa, dico a Piera che allora era la mia fidanzata, andiamo a iscriverci, c’è una palestra a Sesto col maestro Gennaro Infiume. Da allora allenamenti sette giorni su sette, a parte la settimana del viaggio di nozze, quattro giorni in palestra, tre in un locale dentro un cascinale. Nel ’74 l’esame di marrone 1° kyu (il più alto dei tre gradi di cintura marrone). In Commissione i maestri Shirai, Kase, Sumi e Miura. Terminata la prova il maestro Shirai mi si avvicina e chiede da quanto tempo pratico il karate: un anno e 8 mesi rispondo. Pochi per la nera, dice, ma i voti sono 8 nei fondamentali, 8 nel combattimento e 10 nel kata (forma): 26 un punteggio eccezionale. Lì ho conosciuto il grande Maestro che diventerà il punto di riferimento, l’esempio che il rigore è metodo, che il confronto è rispetto, che le regole sono valori, che la disciplina è educazione, e viceversa. Il 30 dicembre 1974 l’esame di cintura nera I° dan, sempre con accanto Piera Motta, nera I° dan anche lei nella medesima sezione di esame”.
Un percorso rapido garantito dall’impegno totalizzante.
“Sì ormai il karate era diventato parte della mia giornata. Tanto allenamento al punto che già nel 1976 il maestro Shirai concede l’accesso all’esame di istruttore: l’ammissione prevedeva 36 tecniche fondamentali, sinistro e destro, tutti i tipi di kumite (combattimento) e 11 kata, eseguite senza interruzione; 76 presenti, 16 ammessi all’esame e solo 9 promossi istruttori federali. Io tra quelli. Una soddisfazione enorme”.
Da allora una crescita costante con la fondazione della scuola Shotokan ryu a Verderio, Merate, Concorezzo, Calolziocorte, Medolago e corsi presso e il Collegio Sant’Antonio di Busnago.
“Sì dalla scuola sono usciti tanti istruttori, maestri e campioni: l‘oro ai mondiali di Manuela Pancaro in Canada e Brasile, l’argento di Alice Pischedda negli Stati Uniti, tantissimi ori agli Europei, il bronzo a squadre in Polonia ancora con Alice e Silvia Perego. Tantissime soddisfazioni a tutti i livelli”.
E anche numerosi eventi diciamo a sfondo sociale come il trofeo dell’amicizia e i corsi per atleti diversamente abili.
“Sì il trofeo dell’amicizia è ormai un appuntamento tradizionale che riunisce tutti i nostri atleti e sulle tribune genitori e parenti in una grande famiglia. Lo sosteniamo come associazione perché è uno dei momenti più alti del nostro lavoro annuale. Così come seguire i piccoli che piano piano imparano le regole e anche un po’ di disciplina; o gli atleti diversamente abili quelli con cui i miei istruttori maggiormente amano lavorare”.
Con Shirai il rapporto di stima è diventato anche di amicizia.
“Shirai era un uomo molto corretto ma molto rigido. O si o no, o scappo o affronto, se non sai cosa fare sei morto. Quando i nostri successi hanno generato qualche gelosia con azioni di boicottaggio sia nei miei confronti che in quelli dei miei atleti, il maestro Shirai con la sua calma, i suoi lunghi silenzi ha voluto capire. Parliamone, mi disse. Vengo da lei Maestro. No vengo io. Piera e io non ci potevamo credere, abbiamo preparato una cena per un’occasione straordinaria. Poi venire a trovarci è diventato frequente. Abbiamo avuto nel corso di questi cinquant’anni momenti difficili ma con la pazienza e la costanza siamo riusciti a superarli. Preferisco non pensare ai problemi dentro e fuori la federazione ma a dove siamo arrivati ora, a 77 anni con Piera che a 71 insegna ancora con passione, entusiasmo e amorevolezza soprattutto verso i piccoli e i giovanissimi che grazie al karate rafforzano il proprio carattere, acquisiscono la consapevolezza di sé, dei propri valori perché come ci insegnava il maestro Shirai, non sei un guerriero perché non hai paura, sei un guerriero perché nonostante la paura continui a lottare. E questo vale per tantissimi giovani che cercano nel karate di migliorare sé stessi. L’esame per le cinture colorate deve servire alla crescita della persona prima ancora che dell’atleta”.
Il percorso vero inizia con la cintura nera, un punto di partenza, non di arrivo.
“Assolutamente sì. Solo quando si arriva all’esame della cintura nera si capisce cos’è il karate. La “nera” è il punto di partenza, l’allenamento diventa efficacia vera, determinazione sia fisica che psicologica”.
Settimo dan, un grado altissimo.
“Per arrivare al 5° dan occorrono mediamente 18 anni di allenamento continuo. Poi 6° 7° e 8° sono propri del vero maestro di Budo: solo questi permettono di condurre un allievo al di là degli aspetti puramente formali della tecnica, preparandolo alle conoscenze della “via” (do). Hiroshi Shirai aveva raggiunto il massimo grado, 10° dan. Dal 6° dan i gradi vengono conferiti non dopo un esame ma per meriti conseguiti nell’insegnamento”.
E il dopo Shirai?
“Il Comitato superiore di cui faccio parte ha deciso di assegnare l’ottavo dan al maestro Dario Marchini, allievo del maestro Shirai che assicurerà la continuità dell’opera svolta dal nostro grande maestro giapponese”.
Prossimi impegni?
“Il 24 novembre alla palestra Turati abbiamo lo stage e gli esami per il passaggio di cintura colorata ma già abbiamo partecipato domenica 27 alla prima gara a livello regionale dopo il lock down per atleti fino a 14 anni”.
Il karate è un mezzo, non un fine. Lo scopo del karate – insegnava il grande maestro Gichin Funakoshi, fondatore dello stile Shotokan, non sta nel vincere o perdere, ma nel perfezionamento del carattere della persona.
2. AI : AMARE TUTTI
3. JIN : SPIRITO AMICHEVOLE
4. TOKU : PENSIERO POSITIVO, FARE COSE CHE PENSI SIANO BENE PER GLI ALTRI
5. GHI: NON DIMENTICARE CHI TI HA AIUTATO, RETTITUDINE
6. CHU : SERVIRE DAL CUORE UNA PERSONA
7. KO : SERVIZIO MASSIMO PER I GENITORI
8. YU : ENERGIA MENTALE ( KI ). NON AVER PAURA DI MORIRE
9. JYO : DARE AGLI ALTRI, ALTRUISMO
10. NIN : GRANDE PAZIENZA QUANDO SI DEVE SUPERARE UNA DIFFICOLTA'.
Sono i 10 “fondamenti” del grande maestro Hiroshi Shirai, scomparso a Milano il 9 ottobre scorso all’età di 87 anni. Hiroshi Shirai è stato maestro di karate, decimo dan, considerato il maestro giapponese che ha maggiormente contribuito a sviluppare lo Stile Shotokan in Italia. Al suo funerale nella chiesa di Sant’Andrea a Milano c’era una moltitudine di persone tanto da far dire all’Officiante: mi sono meravigliato di vedere così tante persone tutte composte, silenziose, educate. Del resto la parola d’ordine del grande Maestro era “Rispetto”. Con lui è cresciuto Severino Colombo, settimo dan, maestro indiscusso del karate Shotokan Ryu, fondatore dei corsi oggi frequentate da oltre 300 allievi addestrati da 26 tra istruttori e maestri. Al suo fianco Piera Motta, sesto dan – uno dei gradi più alti raggiunti in campo femminile – che ancora oggi, superati i 70 anni, come spiega con orgoglio Severino, insegna con grande passione e tenacia non solo alle cinture colorate ma anche agli istruttori di grado elevato. Oltre cinquant’anni di fedeltà assoluta al karate, allievi cresciuti nelle scuole di Severino e Piera che hanno conquistato i podi mondiali, Europei e Italiani. Un racconto lungo una vita intera. Che per Severino Colombo inizia nel 1972.
“Un po’ già ci pensavo, poi incontro un amico, Gianni Guizzetti e mi dice di essersi iscritto a una palestra a Milano dove si pratica karate. Era la scintilla che aspettavo. Torno a casa, dico a Piera che allora era la mia fidanzata, andiamo a iscriverci, c’è una palestra a Sesto col maestro Gennaro Infiume. Da allora allenamenti sette giorni su sette, a parte la settimana del viaggio di nozze, quattro giorni in palestra, tre in un locale dentro un cascinale. Nel ’74 l’esame di marrone 1° kyu (il più alto dei tre gradi di cintura marrone). In Commissione i maestri Shirai, Kase, Sumi e Miura. Terminata la prova il maestro Shirai mi si avvicina e chiede da quanto tempo pratico il karate: un anno e 8 mesi rispondo. Pochi per la nera, dice, ma i voti sono 8 nei fondamentali, 8 nel combattimento e 10 nel kata (forma): 26 un punteggio eccezionale. Lì ho conosciuto il grande Maestro che diventerà il punto di riferimento, l’esempio che il rigore è metodo, che il confronto è rispetto, che le regole sono valori, che la disciplina è educazione, e viceversa. Il 30 dicembre 1974 l’esame di cintura nera I° dan, sempre con accanto Piera Motta, nera I° dan anche lei nella medesima sezione di esame”.
Un percorso rapido garantito dall’impegno totalizzante.
“Sì ormai il karate era diventato parte della mia giornata. Tanto allenamento al punto che già nel 1976 il maestro Shirai concede l’accesso all’esame di istruttore: l’ammissione prevedeva 36 tecniche fondamentali, sinistro e destro, tutti i tipi di kumite (combattimento) e 11 kata, eseguite senza interruzione; 76 presenti, 16 ammessi all’esame e solo 9 promossi istruttori federali. Io tra quelli. Una soddisfazione enorme”.
Da allora una crescita costante con la fondazione della scuola Shotokan ryu a Verderio, Merate, Concorezzo, Calolziocorte, Medolago e corsi presso e il Collegio Sant’Antonio di Busnago.
“Sì dalla scuola sono usciti tanti istruttori, maestri e campioni: l‘oro ai mondiali di Manuela Pancaro in Canada e Brasile, l’argento di Alice Pischedda negli Stati Uniti, tantissimi ori agli Europei, il bronzo a squadre in Polonia ancora con Alice e Silvia Perego. Tantissime soddisfazioni a tutti i livelli”.
E anche numerosi eventi diciamo a sfondo sociale come il trofeo dell’amicizia e i corsi per atleti diversamente abili.
“Sì il trofeo dell’amicizia è ormai un appuntamento tradizionale che riunisce tutti i nostri atleti e sulle tribune genitori e parenti in una grande famiglia. Lo sosteniamo come associazione perché è uno dei momenti più alti del nostro lavoro annuale. Così come seguire i piccoli che piano piano imparano le regole e anche un po’ di disciplina; o gli atleti diversamente abili quelli con cui i miei istruttori maggiormente amano lavorare”.
Con Shirai il rapporto di stima è diventato anche di amicizia.
“Shirai era un uomo molto corretto ma molto rigido. O si o no, o scappo o affronto, se non sai cosa fare sei morto. Quando i nostri successi hanno generato qualche gelosia con azioni di boicottaggio sia nei miei confronti che in quelli dei miei atleti, il maestro Shirai con la sua calma, i suoi lunghi silenzi ha voluto capire. Parliamone, mi disse. Vengo da lei Maestro. No vengo io. Piera e io non ci potevamo credere, abbiamo preparato una cena per un’occasione straordinaria. Poi venire a trovarci è diventato frequente. Abbiamo avuto nel corso di questi cinquant’anni momenti difficili ma con la pazienza e la costanza siamo riusciti a superarli. Preferisco non pensare ai problemi dentro e fuori la federazione ma a dove siamo arrivati ora, a 77 anni con Piera che a 71 insegna ancora con passione, entusiasmo e amorevolezza soprattutto verso i piccoli e i giovanissimi che grazie al karate rafforzano il proprio carattere, acquisiscono la consapevolezza di sé, dei propri valori perché come ci insegnava il maestro Shirai, non sei un guerriero perché non hai paura, sei un guerriero perché nonostante la paura continui a lottare. E questo vale per tantissimi giovani che cercano nel karate di migliorare sé stessi. L’esame per le cinture colorate deve servire alla crescita della persona prima ancora che dell’atleta”.
Il percorso vero inizia con la cintura nera, un punto di partenza, non di arrivo.
“Assolutamente sì. Solo quando si arriva all’esame della cintura nera si capisce cos’è il karate. La “nera” è il punto di partenza, l’allenamento diventa efficacia vera, determinazione sia fisica che psicologica”.
Settimo dan, un grado altissimo.
“Per arrivare al 5° dan occorrono mediamente 18 anni di allenamento continuo. Poi 6° 7° e 8° sono propri del vero maestro di Budo: solo questi permettono di condurre un allievo al di là degli aspetti puramente formali della tecnica, preparandolo alle conoscenze della “via” (do). Hiroshi Shirai aveva raggiunto il massimo grado, 10° dan. Dal 6° dan i gradi vengono conferiti non dopo un esame ma per meriti conseguiti nell’insegnamento”.
E il dopo Shirai?
“Il Comitato superiore di cui faccio parte ha deciso di assegnare l’ottavo dan al maestro Dario Marchini, allievo del maestro Shirai che assicurerà la continuità dell’opera svolta dal nostro grande maestro giapponese”.
Prossimi impegni?
“Il 24 novembre alla palestra Turati abbiamo lo stage e gli esami per il passaggio di cintura colorata ma già abbiamo partecipato domenica 27 alla prima gara a livello regionale dopo il lock down per atleti fino a 14 anni”.
Il karate è un mezzo, non un fine. Lo scopo del karate – insegnava il grande maestro Gichin Funakoshi, fondatore dello stile Shotokan, non sta nel vincere o perdere, ma nel perfezionamento del carattere della persona.
Claudio Brambilla