Merate: don Julián Carrón e il prof. Cornaggia dialogano su Narcisismo e ‘fuga da sé’
Tante persone lunedì sera si sono recate all’auditorium “Mary Ward” – all’interno del Collegio Villoresi di Merate – per l’incontro “Narcisismo. Fuga da sé” organizzato dalla Fondazione Costruiamo il Futuro, la realtà grazie alla quale dallo scorso 27 ottobre a Villa Confalonieri è possibile ammirare l'opera di Caravaggio che ritrae il giovinetto che si ammira nello specchio d'acqua.
A oggi oltre 27.000 persone si sono recate all’ex municipio della città per vedere il quadro che solitamente ha dimora a Palazzo Barberini a Roma. L’ha ricordato il presidente della Fondazione, Maurizio Lupi, all’inizio della serata prima di dare il benvenuto ai relatori: don Julián Carrón, teologo e guida di Comunione e Liberazione, il professor Cesare Maria Cornaggia, medico specializzato in psichiatria, e la giornalista Monica Maggioni.
Prima di lasciar loro la parola, il presidente Lupi ha ringraziato tutte le persone che hanno reso possibile l’esposizione “La grande arte in Brianza”, gli sponsor, l'architetto Dario Curatolo che ha curato l’allestimento e i Comuni del territorio, tra cui naturalmente quello di Merate. A tal proposito è stato invitato sul palco il sindaco Mattia Salvioni, che a sua volta ha ringraziato la Fondazione per la mostra che ha già visto il coinvolte 110 classi delle zona e conta sul supporto di oltre 120 volontari.
Narcisismo e “fuga da sé” sembrano un ossimoro, ha fatto notare la giornalista Monica Maggioni a inizio del dibattito. Ma perché Narciso fugge da sé? La domanda se l’è posta il professor Cornaggia, rispondendo che tutto sta nella predizione dell’indovino Tiresia, che dice a Narciso che non potrà mai raggiungere la vecchiaia se non conoscerà prima sé stesso. “Questo è il punto centrale per comprendere Narciso e il narcisismo, che oggi dilaga più che in altre epoche” ha detto, spiegando che alla base del narcisismo sta una frattura relazionale che fondamentalmente non ha un’origine.
Monica Maggioni ha domandato se non abbia a che fare con un senso di vuoto. Secondo don Julián Carrón, è proprio quel vuoto a rivelare la vera natura dell’uomo. “E solo la genialità di uno come Leopardi può riconoscere nel vuoto la bellezza dell’uomo” ha spiegato il teologo, suggerendo che tutti i “narcisi” non riescono a soddisfarsi delle strategie che applicano per rispondere a quel vuoto.
Forse c’è una contraddizione che si legge anche nel tratto di Caravaggio. “C'è una pretesa di soluzione nel narcisismo. Narciso si specchia, quindi è risolto, invece è un fallimento l'assenza di relazione” ha osservato la giornalista cernuschese, chiedendo al professor Cornaggia se l’ansia non rientri nel cortocircuito tra l’uomo e sé stesso. “Scambiare desiderio con bisogno – ha risposto il medico, – il Narciso deve continuamente cercare qualcuno che lo gratifichi e gli dia illusione di avere risposte che non avrà mai”.
Due implicazioni affliggerebbero il narcisista secondo il professore. Il fatto di non aver chiesto di venire al mondo e di non poter controllare la realtà e il futuro. “Il ragionamento è: il futuro vero mi angoscia. Se il futuro non è quello che mi immagino, crollo. Oppure mi rendo conto, come Narciso, e muoio”. C’è un modo per bloccare questa spirale?, ha domandato Monica Maggioni. La risposta per il prof. Cornaggia è sì. “La ripresa non può che essere relazionale. Non è aumentando la circolarità del mio pensiero che mi riprendo, ma accettando la compagnia di un altro che può suscitare in me una curiosità. Così come accade quando incontriamo persone che ci muovono”. Secondo don Julián Carrón il problema è che Narciso “si guardi l’ombelico”, un’attività che certo non può riempire la vita. “La soluzione sarebbe aprirsi, ma non al fine di avere un tornaconto. Deve vivere un’esperienza affettiva potente, che lo porti a guardare verso l’altro” ha detto il teologo, citando poi il rapper Marracash, che in un brano dice: “Riempio il tempo e non colmo il vuoto”. “Occorre fare esperienza e capire dove possa portare questa dinamica dello specchiarsi”.
Secondo il professore lo specchio è un grande passaggio illusorio. “Quando Narciso si accorge che quella è la sua immagine riflessa, si accorge anche che non potrà amarla”. Rispondendo poi alla domanda della moderatrice, che ha chiesto cosa si sia disabituato a fare l’uomo al giorno d’oggi in cui intere società sembrano affette da narcisismo, Cornaggia ha detto: “Quello che oggi manca è una parola antichissima: dialogo. A caratterizzarlo è la disposizione dei due interlocutori a sapere che da un dialogo si esce diversi da come si entrati. Oggi questo è stato sostituito dalla dialettica”.
Assecondare la dinamica del rapporto è invece ciò che manca secondo don Julián Carrón. “Il rapporto ci fa uscire da noi stessi. Il rapporto avvia una dinamica che è solo da audaci assecondare” ha detto, parlando anche dell’indebolimento della società a discapito della consapevolezza. “Cosa ci è rimasto dell’esperienza del Covid per affrontare il dramma di Valencia?” ha domandato riferendosi alla sua Spagna.
In chiusura al dialogo, Monica Maggioni ha chiesto agli ospiti cosa cambierebbero del mito di Narciso se si potesse riscrivere. “La speranza è che si possa avere piena coscienza di sé” ha risposto il teologo. Il professor Cornaggia, invece, menzionando lo psichiatra Thomas Fuchs, ha parlato del concetto di limite e del riconoscimento della propria dipendenza.
A fine serata ha rivolto ancora un saluto il presidente della Fondazione, Maurizio Lupi, che ha ringraziato gli ospiti e invitato tutti ad andare ad ammirare ancora il “Narciso” in Villa Confalonieri. “Nell’allestimento è stato previsto, prima del quadro, uno specchio in cui uno può riflettersi e riflettere”. Lupi ha annunciato che probabilmente sarà possibile ammirare il quadro addirittura fino al 1° dicembre.
A oggi oltre 27.000 persone si sono recate all’ex municipio della città per vedere il quadro che solitamente ha dimora a Palazzo Barberini a Roma. L’ha ricordato il presidente della Fondazione, Maurizio Lupi, all’inizio della serata prima di dare il benvenuto ai relatori: don Julián Carrón, teologo e guida di Comunione e Liberazione, il professor Cesare Maria Cornaggia, medico specializzato in psichiatria, e la giornalista Monica Maggioni.
Prima di lasciar loro la parola, il presidente Lupi ha ringraziato tutte le persone che hanno reso possibile l’esposizione “La grande arte in Brianza”, gli sponsor, l'architetto Dario Curatolo che ha curato l’allestimento e i Comuni del territorio, tra cui naturalmente quello di Merate. A tal proposito è stato invitato sul palco il sindaco Mattia Salvioni, che a sua volta ha ringraziato la Fondazione per la mostra che ha già visto il coinvolte 110 classi delle zona e conta sul supporto di oltre 120 volontari.
Narcisismo e “fuga da sé” sembrano un ossimoro, ha fatto notare la giornalista Monica Maggioni a inizio del dibattito. Ma perché Narciso fugge da sé? La domanda se l’è posta il professor Cornaggia, rispondendo che tutto sta nella predizione dell’indovino Tiresia, che dice a Narciso che non potrà mai raggiungere la vecchiaia se non conoscerà prima sé stesso. “Questo è il punto centrale per comprendere Narciso e il narcisismo, che oggi dilaga più che in altre epoche” ha detto, spiegando che alla base del narcisismo sta una frattura relazionale che fondamentalmente non ha un’origine.
Monica Maggioni ha domandato se non abbia a che fare con un senso di vuoto. Secondo don Julián Carrón, è proprio quel vuoto a rivelare la vera natura dell’uomo. “E solo la genialità di uno come Leopardi può riconoscere nel vuoto la bellezza dell’uomo” ha spiegato il teologo, suggerendo che tutti i “narcisi” non riescono a soddisfarsi delle strategie che applicano per rispondere a quel vuoto.
Forse c’è una contraddizione che si legge anche nel tratto di Caravaggio. “C'è una pretesa di soluzione nel narcisismo. Narciso si specchia, quindi è risolto, invece è un fallimento l'assenza di relazione” ha osservato la giornalista cernuschese, chiedendo al professor Cornaggia se l’ansia non rientri nel cortocircuito tra l’uomo e sé stesso. “Scambiare desiderio con bisogno – ha risposto il medico, – il Narciso deve continuamente cercare qualcuno che lo gratifichi e gli dia illusione di avere risposte che non avrà mai”.
Due implicazioni affliggerebbero il narcisista secondo il professore. Il fatto di non aver chiesto di venire al mondo e di non poter controllare la realtà e il futuro. “Il ragionamento è: il futuro vero mi angoscia. Se il futuro non è quello che mi immagino, crollo. Oppure mi rendo conto, come Narciso, e muoio”. C’è un modo per bloccare questa spirale?, ha domandato Monica Maggioni. La risposta per il prof. Cornaggia è sì. “La ripresa non può che essere relazionale. Non è aumentando la circolarità del mio pensiero che mi riprendo, ma accettando la compagnia di un altro che può suscitare in me una curiosità. Così come accade quando incontriamo persone che ci muovono”. Secondo don Julián Carrón il problema è che Narciso “si guardi l’ombelico”, un’attività che certo non può riempire la vita. “La soluzione sarebbe aprirsi, ma non al fine di avere un tornaconto. Deve vivere un’esperienza affettiva potente, che lo porti a guardare verso l’altro” ha detto il teologo, citando poi il rapper Marracash, che in un brano dice: “Riempio il tempo e non colmo il vuoto”. “Occorre fare esperienza e capire dove possa portare questa dinamica dello specchiarsi”.
Secondo il professore lo specchio è un grande passaggio illusorio. “Quando Narciso si accorge che quella è la sua immagine riflessa, si accorge anche che non potrà amarla”. Rispondendo poi alla domanda della moderatrice, che ha chiesto cosa si sia disabituato a fare l’uomo al giorno d’oggi in cui intere società sembrano affette da narcisismo, Cornaggia ha detto: “Quello che oggi manca è una parola antichissima: dialogo. A caratterizzarlo è la disposizione dei due interlocutori a sapere che da un dialogo si esce diversi da come si entrati. Oggi questo è stato sostituito dalla dialettica”.
Assecondare la dinamica del rapporto è invece ciò che manca secondo don Julián Carrón. “Il rapporto ci fa uscire da noi stessi. Il rapporto avvia una dinamica che è solo da audaci assecondare” ha detto, parlando anche dell’indebolimento della società a discapito della consapevolezza. “Cosa ci è rimasto dell’esperienza del Covid per affrontare il dramma di Valencia?” ha domandato riferendosi alla sua Spagna.
In chiusura al dialogo, Monica Maggioni ha chiesto agli ospiti cosa cambierebbero del mito di Narciso se si potesse riscrivere. “La speranza è che si possa avere piena coscienza di sé” ha risposto il teologo. Il professor Cornaggia, invece, menzionando lo psichiatra Thomas Fuchs, ha parlato del concetto di limite e del riconoscimento della propria dipendenza.
A fine serata ha rivolto ancora un saluto il presidente della Fondazione, Maurizio Lupi, che ha ringraziato gli ospiti e invitato tutti ad andare ad ammirare ancora il “Narciso” in Villa Confalonieri. “Nell’allestimento è stato previsto, prima del quadro, uno specchio in cui uno può riflettersi e riflettere”. Lupi ha annunciato che probabilmente sarà possibile ammirare il quadro addirittura fino al 1° dicembre.
E.Ma.