TRUMP (Tutto Rovescia Un Manipolatore Prepotente)
Che questo mondo giri spesso a rovescio elevando a modello vincente personaggi di quantomeno discutibile onorabilità è cosa tutt'altro che inusuale.
Ma che ricchissimi esponenti dell'establishment riescano a manipolare l'opinione pubblica ed in particolare i meno abbienti al punto di presentarsi come garanti dei loro sacrosanti interessi è cosa che sta sempre più caratterizzando questa nostra società dell'immagine.
Sul come tale contraddittoria realtà abbia preso gradualmente piede impone non solo ai cosiddetti esperti di tentare di analizzarne le cause con discernimento ma anche con inevitabili impietose autocritiche.
Infatti i portatori della paventata alternativa al Trumpismo non possono non prendere atto che l'inseguire sostanzialmente sullo stesso piano (il liberismo populista) ma con lievi varianti solidaristiche comunque percepite come provenienti dal mondo elitario, non rappresenta più, proprio agli occhi dei più deboli, una posizione credibile di miglioramento delle proprie condizioni.
La vera, quanto miope perché sottaciuta, causa del malcontento popolare sta proprio nelle conseguenze sempre più inique di questo modello di sviluppo che fa delle cosiddette leggi di mercato e specialmente della finanza estrema un caposaldo a cui, di fatto, sacrificare ogni aspetto umano e sociale.
I feticci del cosiddetto “libero mercato” sostanzialmente accettati anche dai “progressisti” (o che dir si voglia dalle “sinistre”) che di fatto costringono alla “guerra di sopravvivenza” tra ultimi e penultimi a vantaggio di sempre più pochi interessi particolari, stanno snaturando il concetto stesso di Politica (quello con la P maiuscola) tra gli Stati e all'interno di essi.
Come anche gli effetti tossici di una mal governata “globalizzazione” stanno scatenando appetiti nazionalistici che niente hanno a che vedere con i reali interessi dei Popoli e specialmente degli strati più poveri di essi.
Una società egoistica e competitiva fondata sul profitto e sulle convenienze di parte sta generando effetti sempre più disumanizzanti che pretenderebbero di trovare false via d'uscita proiettando deresponsabilizzanti aspettative sull' “unto del signore” di turno.
Solo mettendo in discussione questo modello di convivenza competitiva e iperconsumistica e investendo in una rinnovata e consapevole partecipazione democratica si potrà forse invertire questa tendenza autodistruttiva.
Contro paradigmi fideistici e assolutistici come libero mercato, competitività selvaggia, crescita illimitata, dittatura della finanza, spread, priorità della stabilità dei prezzi occorrerebbe recuperare l'originale valore di un economia effettivamente al servizio delle vere esigenze umane a partire da una più equa distribuzione delle risorse e da un modello diverso di crescita collaborativa.
Occorrerebbe che al cinismo delle attuali leggi di mercato e di un'economia sostanzialmente al servizio degli interessi dei più forti ( non certo dogmi ma bensì costruzioni umane) si recuperasse il vero fine di una Politica umanizzante che ritrova il suo fulcro in quella che si può ben definire come una prioritaria Giustizia Sociale.
Del resto l'effetto più evidente di questo modello di sviluppo è oltre allo stravolgimento climatico il progressivo aumento di poveri e precari il cui peso numerico, non casualmente, sembra aver determinato il contraddittorio risultato americano.
Basterebbe quindi l'uso consapevole e non manipolatorio degli strumenti di Democrazia per assicurare un cambio di direzione. In tal senso però occorrerebbe contribuire a contrastare le mistificatorie narrazioni dominanti che fanno sempre più leva sull'individualismo utilitaristico e quindi disgregante.
Ad ognuno quindi cercare di svolgere la propria parte. E, perlomeno a mio parere, coloro che si dicono cristiani dovrebbero essere in prima fila.
Ma che ricchissimi esponenti dell'establishment riescano a manipolare l'opinione pubblica ed in particolare i meno abbienti al punto di presentarsi come garanti dei loro sacrosanti interessi è cosa che sta sempre più caratterizzando questa nostra società dell'immagine.
Sul come tale contraddittoria realtà abbia preso gradualmente piede impone non solo ai cosiddetti esperti di tentare di analizzarne le cause con discernimento ma anche con inevitabili impietose autocritiche.
Infatti i portatori della paventata alternativa al Trumpismo non possono non prendere atto che l'inseguire sostanzialmente sullo stesso piano (il liberismo populista) ma con lievi varianti solidaristiche comunque percepite come provenienti dal mondo elitario, non rappresenta più, proprio agli occhi dei più deboli, una posizione credibile di miglioramento delle proprie condizioni.
La vera, quanto miope perché sottaciuta, causa del malcontento popolare sta proprio nelle conseguenze sempre più inique di questo modello di sviluppo che fa delle cosiddette leggi di mercato e specialmente della finanza estrema un caposaldo a cui, di fatto, sacrificare ogni aspetto umano e sociale.
I feticci del cosiddetto “libero mercato” sostanzialmente accettati anche dai “progressisti” (o che dir si voglia dalle “sinistre”) che di fatto costringono alla “guerra di sopravvivenza” tra ultimi e penultimi a vantaggio di sempre più pochi interessi particolari, stanno snaturando il concetto stesso di Politica (quello con la P maiuscola) tra gli Stati e all'interno di essi.
Come anche gli effetti tossici di una mal governata “globalizzazione” stanno scatenando appetiti nazionalistici che niente hanno a che vedere con i reali interessi dei Popoli e specialmente degli strati più poveri di essi.
Una società egoistica e competitiva fondata sul profitto e sulle convenienze di parte sta generando effetti sempre più disumanizzanti che pretenderebbero di trovare false via d'uscita proiettando deresponsabilizzanti aspettative sull' “unto del signore” di turno.
Solo mettendo in discussione questo modello di convivenza competitiva e iperconsumistica e investendo in una rinnovata e consapevole partecipazione democratica si potrà forse invertire questa tendenza autodistruttiva.
Contro paradigmi fideistici e assolutistici come libero mercato, competitività selvaggia, crescita illimitata, dittatura della finanza, spread, priorità della stabilità dei prezzi occorrerebbe recuperare l'originale valore di un economia effettivamente al servizio delle vere esigenze umane a partire da una più equa distribuzione delle risorse e da un modello diverso di crescita collaborativa.
Occorrerebbe che al cinismo delle attuali leggi di mercato e di un'economia sostanzialmente al servizio degli interessi dei più forti ( non certo dogmi ma bensì costruzioni umane) si recuperasse il vero fine di una Politica umanizzante che ritrova il suo fulcro in quella che si può ben definire come una prioritaria Giustizia Sociale.
Del resto l'effetto più evidente di questo modello di sviluppo è oltre allo stravolgimento climatico il progressivo aumento di poveri e precari il cui peso numerico, non casualmente, sembra aver determinato il contraddittorio risultato americano.
Basterebbe quindi l'uso consapevole e non manipolatorio degli strumenti di Democrazia per assicurare un cambio di direzione. In tal senso però occorrerebbe contribuire a contrastare le mistificatorie narrazioni dominanti che fanno sempre più leva sull'individualismo utilitaristico e quindi disgregante.
Ad ognuno quindi cercare di svolgere la propria parte. E, perlomeno a mio parere, coloro che si dicono cristiani dovrebbero essere in prima fila.
Germano Bosisio