Il disagio dei giovani d’oggi

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Dr. Enrico Magni
Il disagio giovanile, che si manifesta con comportamenti disadattivi, aggressivi, violenti tanto verso di sé quanto verso gli altri, e si manifesta con crisi identitarie, disillusioni, incertezze, fragilità, evidenzia un tratto psicologico riguardante il non riconoscimento di Sé. 

In un mondo caratterizzato da un processo di ibridazione tra globale e locale, dove le influenze culturali, sociali ed economiche si intrecciano, i giovani sono costretti a fronteggiare delle sfide uniche.

C’è una tendenza a paragonare l’attuale disagio giovanile con quello delle generazioni precedenti, tuttavia, tutto ciò esiste solo nella testa degli adulti che, torcendo il collo verso il passato, cercano risposte impossibili. Le generazioni degli anni ottanta e novanta, attuali genitori, sono cresciute in un contesto psicologico, sociale, familiare tradizionale e mononucleare. 

La generazione duemila, iperconsumistica, è figlia del calo demografico, dello stato abbandonico del welfare state, della depoliticizzazione, del privatismo. É nata con il cellulare in mano, con una pandemia sulle spalle, con delle guerre spaventose, con il mito del successo individuale, del corpo prestante, dell’atto performante, del sesso desessualizzato, della droga sintetica, insieme a messaggi ambivalenti di “tutto è possibile” e “non possibile”.  

La generazione post-duemila è segnata da influenze digitali e reali che amplificano sentimenti di isolamento e vulnerabilità. Le piattaforme virtuali, come possono favorire la connessione, possono esacerbare il confronto, potenziare l’inadeguatezza, il disorientamento, esasperare le aspettative familiari, sociali e aspirazioni personali. 

I giovani sono alla ricerca, in un mondo sempre più interconnesso e competitivo, di un'identità e di un riconoscimento personale, per questo sono costretti a dover affrontare sfide uniche come l'incertezza economica, l'instabilità sociale, le pressioni delle aspettative.

La generazione post-duemila globalizzata e post-globalizzata sta crescendo dentro confini culturali labili, confusivi, che propongono la difesa del privato, della relazione affettiva esclusiva, della famiglia ristretta anche se multiforme. La dinamica psicologica delle varie famiglie è narcisistica e conservativa. 

Molti giovani si sentono alienati, senza un chiaro senso di scopo, vivendo tra pari un conflitto individualistico e gruppale alienante. In questa ricerca di sé si possono verificare comportamenti autolesionistici, violenti sia sul piano reale sia su quello virtuale. 

La ricerca del riconoscimento di sé, per rispondere al senso di smarrimento a livello sociale, si traduce nell’adesione a movimenti culturali (Fridays for Future, Exitinction Rebelion, Movimento per la Pace, Privacy International, Pride e altri) o nel potenziare la propria presenza sui social media. 

La generazione adulta al potere, in un processo che potremmo definire “cannibalismo di Kronos”, rifiutando di confrontarsi con queste istanze, genera un sentimento di isolamento, vulnerabilità tra i giovani. Succede anche che, quando il riconoscimento di sé non c’è o è superficiale, si possono verificare a livello individuale comportamenti abnormi come gli omicidi. 

L'omicidio dei giovani non è solo un atto di violenza, è una manifestazione complessa di crisi identitaria, è una forma estrema di ribellione, è un conflitto psicologico profondo in un sistema sociale in perpetuo rapido cambiamento, è la tragica espressione di mancanza di significato, è un tentativo deforme per affermarsi in un mondo che lo ignora. 

Le istituzioni difficilmente raccolgono le esigenze, i desideri della nuova generazione, non offrono spazi decisionali per costruire relazioni significative e tendono a considerare i giovani dei soggetti labili, fragili e incapaci. 
Enrico Magni
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