Church pocket/34. "Miracoli e provvidenza: un terno al lotto? Risposta a un’amica lettrice/2
Quando si parla di fede, i miracoli rappresentano un argomento che affascina e suscita domande profonde. Sono eventi eccezionali, interpretati come segni visibili dell’intervento divino. Ma come si colloca un miracolo nella quotidianità? È un evento fortuito come un terno al lotto o è parte di una provvidenza ordinata?
Per rispondere a questa domanda, esploreremo la concezione del miracolo nella tradizione cristiana, soffermandoci sugli insegnamenti di alcuni teologi, per comprendere come i miracoli si inseriscano nel mistero della fede, della grazia e della provvidenza divina.
Il miracolo è storicamente inteso come un intervento straordinario di Dio nel mondo, un evento che sfida le leggi della natura e manifesta la sua presenza. L’incarnazione stessa di Gesù è considerata un miracolo straordinario nella teologia cristiana, il miracolo per eccellenza. Questo evento è il punto d’incontro tra l’eterno e il temporale, tra l’infinito di Dio e la finitezza umana. Dio si fa uomo, assumendo la natura umana senza perdere la sua divinità. In teologia, è chiamato anche il "mistero dell’incarnazione," poiché rivela l’amore di Dio per l’umanità in modo incomprensibile e unico. San Tommaso d’Aquino spiega l’incarnazione come un miracolo “supereminente”: non solo manifesta l’amore divino, ma lo fa in un modo che va oltre tutti gli altri miracoli. Sant’Agostino sottolinea come l’incarnazione sia il punto in cui il Creatore e la creatura si incontrano: Dio entra nella storia, assumendo un corpo umano nel grembo di Maria, pur restando Dio. Sempre Tommaso d'Aquino definisce il miracolo come “quod Deus praeter ordinem naturae facit” (ciò che Dio compie oltre l’ordine della natura). Per lui, i miracoli non sono casualità, ma eventi che si situano nell’ambito della provvidenza divina e che si realizzano quando Dio decide di agire direttamente nella storia umana. Anche Sant’Agostino considera il miracolo come un segno della volontà divina, che non deve essere visto come violazione della natura, ma come il segnale di una dimensione superiore che si rivela al mondo materiale. Sia per Agostino che per Tommaso, Dio è costantemente presente e attivo nella creazione, e il miracolo rappresenta una manifestazione straordinaria di questa presenza.
Un terno al lotto, come si suol dire, è un evento altamente improbabile. Se paragoniamo i miracoli a una vincita alla lotteria, rischiamo di inserirli nel campo del caso, un’idea che non appartiene al pensiero teologico tradizionale. Dio è perfettamente consapevole di ogni evento. Tuttavia, questo non significa che ogni cosa sia determinata in modo rigido, ma che la libertà dell’uomo e la volontà divina interagiscono. Jacques Maritain, un teologo moderno, sostiene che la provvidenza di Dio include anche ciò che noi percepiamo come “caso” e “fortuna”. Maritain arriva all'idea teologica di una provvidenza che opera in modo discreto, rispettando l'autonomia del creato e la libertà umana, e che solo occasionalmente si manifesta in modo straordinario attraverso un miracolo. L’idea di un miracolo come evento ciecamente fortunato viene quindi superata da questa concezione più inclusiva di provvidenza. La fede gioca un ruolo fondamentale nella comprensione del miracolo: senza fede, il miracolo appare come un evento illogico. Con la fede, il miracolo diventa un segno dell’amore e della potenza di Dio. Per Sant’Agostino, i miracoli non sono destinati a costringere alla fede, ma a confermarla. Essi sono segni visibili di una realtà invisibile, ovvero della grazia divina che opera nel mondo. Karl Rahner, altro teologo del Novecento, intuisce l’idea che vede il miracolo come evento che si radica nella grazia. Per Rahner, ogni miracolo è una manifestazione della grazia, un segno che invita a riconoscere l’amore divino. Questa visione dei miracoli come espressione della grazia ci porta a vederli non come eventi casuali, ma come doni che richiedono una risposta di fede.
Quindi, se i miracoli sono segno dell’amore di Dio, e Dio ama tutti, perché Dio non fa miracoli a tutti? Dio fa le preferenze? No, i miracoli rispondono a una logica che va oltre il nostro pieno controllo. I miracoli non sono la misura dell’amore di Dio per una persona o una comunità, ma sono segni straordinari che rispondono a specifiche situazioni e ai piani misteriosi di Dio. L’amore divino, dunque, è sempre presente e infinito, anche quando non si manifesta in eventi miracolosi. Il miracolo non accade in un vuoto, in un tempo e in uno spazio asettico. Spesso emergono in situazioni di crisi, di disperazione o di fede intensa, di intere comunità che chiedono intercessione all’All’Altissimo. I teologi della scuola personalista, come Emmanuel Mounier, reputano che Dio si rivela nella storia in modo personale, rispondendo alla sofferenza umana. Secondo questa visione, il miracolo non è un evento isolato, ma parte di un dialogo tra Dio e l’uomo, inserito nella stessa storia della persona, nella sua intelligenza, nella sua coscienza, nella sua comunità. Anche la Sacra Scrittura offre una prospettiva simile: i miracoli di Gesù, come la guarigione dei malati e la risurrezione dei morti, non sono eventi casuali, ma atti che rispondono alla fede, alla fiducia alla situazione delle persone coinvolte. In questo senso, il miracolo è una risposta di Dio alla condizione umana, che si inserisce in un rapporto di amore e di relazione.
Alla luce di questo percorso fatto con l’aiuto del pensiero di alcuni dei maggiori teologi possiamo arrivare al concludere che i miracoli non sono un terno al lotto; non sono eventi che accadono casualmente, ma fanno parte del mistero della provvidenza divina. Rappresentano una sospensione momentanea delle regole del libro della natura, voluta da Dio per amore. San Tommaso d’Aquino, Sant’Agostino e teologi moderni come Karl Rahner ci aiutano a comprendere che il miracolo è un dono che Dio elargisce in modo libero e misterioso, come segno della sua bontà e misericordia.
In un mondo dove la ragione spesso cerca di dominare, dove impera la tecnocrazia e la scienzoligarchia, i miracoli sussurrano luce dell'invisibile che si manifestano nei momenti più imprevisti. Sono segni di un amore che non conosce confine. Non si trattano di preferenze divine, ma di interventi colmi di significato, dove la grazia si fa strada nel tessuto della vita quotidiana. I miracoli sono storie scritte nel grande libro della provvidenza. Sono come fiori che sbocciano nel deserto, manifestazioni della presenza divina che toccano le vite con dolcezza e fermezza. Ogni miracolo è un invito a riscoprire la fede, a guardare oltre l’ordinario e a riconoscere l'amore di un Dio che si china su di noi, che ascolta le nostre invocazioni e ci offre segni della sua benevolenza. In questo mistero, troviamo la nostra vera libertà: quella di credere, di sperare e di amare. Perché, in fondo, ogni miracolo è un riflesso dell’amore eterno di Dio, che continua a scrivere la storia del mondo con l’uomo. Oggi, soprattutto oggi, quel Dio me lo immagino con la faccia di mia madre, quando usciva dai colloqui del prof. di matematica: un amore velato dalla delusione, uno sconforto che, nel caso di Dio, è causato da guerre che non accennano a finire.
Dio, non ti stancare mai di amare l’umanità!
Per rispondere a questa domanda, esploreremo la concezione del miracolo nella tradizione cristiana, soffermandoci sugli insegnamenti di alcuni teologi, per comprendere come i miracoli si inseriscano nel mistero della fede, della grazia e della provvidenza divina.
Il miracolo è storicamente inteso come un intervento straordinario di Dio nel mondo, un evento che sfida le leggi della natura e manifesta la sua presenza. L’incarnazione stessa di Gesù è considerata un miracolo straordinario nella teologia cristiana, il miracolo per eccellenza. Questo evento è il punto d’incontro tra l’eterno e il temporale, tra l’infinito di Dio e la finitezza umana. Dio si fa uomo, assumendo la natura umana senza perdere la sua divinità. In teologia, è chiamato anche il "mistero dell’incarnazione," poiché rivela l’amore di Dio per l’umanità in modo incomprensibile e unico. San Tommaso d’Aquino spiega l’incarnazione come un miracolo “supereminente”: non solo manifesta l’amore divino, ma lo fa in un modo che va oltre tutti gli altri miracoli. Sant’Agostino sottolinea come l’incarnazione sia il punto in cui il Creatore e la creatura si incontrano: Dio entra nella storia, assumendo un corpo umano nel grembo di Maria, pur restando Dio. Sempre Tommaso d'Aquino definisce il miracolo come “quod Deus praeter ordinem naturae facit” (ciò che Dio compie oltre l’ordine della natura). Per lui, i miracoli non sono casualità, ma eventi che si situano nell’ambito della provvidenza divina e che si realizzano quando Dio decide di agire direttamente nella storia umana. Anche Sant’Agostino considera il miracolo come un segno della volontà divina, che non deve essere visto come violazione della natura, ma come il segnale di una dimensione superiore che si rivela al mondo materiale. Sia per Agostino che per Tommaso, Dio è costantemente presente e attivo nella creazione, e il miracolo rappresenta una manifestazione straordinaria di questa presenza.
Un terno al lotto, come si suol dire, è un evento altamente improbabile. Se paragoniamo i miracoli a una vincita alla lotteria, rischiamo di inserirli nel campo del caso, un’idea che non appartiene al pensiero teologico tradizionale. Dio è perfettamente consapevole di ogni evento. Tuttavia, questo non significa che ogni cosa sia determinata in modo rigido, ma che la libertà dell’uomo e la volontà divina interagiscono. Jacques Maritain, un teologo moderno, sostiene che la provvidenza di Dio include anche ciò che noi percepiamo come “caso” e “fortuna”. Maritain arriva all'idea teologica di una provvidenza che opera in modo discreto, rispettando l'autonomia del creato e la libertà umana, e che solo occasionalmente si manifesta in modo straordinario attraverso un miracolo. L’idea di un miracolo come evento ciecamente fortunato viene quindi superata da questa concezione più inclusiva di provvidenza. La fede gioca un ruolo fondamentale nella comprensione del miracolo: senza fede, il miracolo appare come un evento illogico. Con la fede, il miracolo diventa un segno dell’amore e della potenza di Dio. Per Sant’Agostino, i miracoli non sono destinati a costringere alla fede, ma a confermarla. Essi sono segni visibili di una realtà invisibile, ovvero della grazia divina che opera nel mondo. Karl Rahner, altro teologo del Novecento, intuisce l’idea che vede il miracolo come evento che si radica nella grazia. Per Rahner, ogni miracolo è una manifestazione della grazia, un segno che invita a riconoscere l’amore divino. Questa visione dei miracoli come espressione della grazia ci porta a vederli non come eventi casuali, ma come doni che richiedono una risposta di fede.
Quindi, se i miracoli sono segno dell’amore di Dio, e Dio ama tutti, perché Dio non fa miracoli a tutti? Dio fa le preferenze? No, i miracoli rispondono a una logica che va oltre il nostro pieno controllo. I miracoli non sono la misura dell’amore di Dio per una persona o una comunità, ma sono segni straordinari che rispondono a specifiche situazioni e ai piani misteriosi di Dio. L’amore divino, dunque, è sempre presente e infinito, anche quando non si manifesta in eventi miracolosi. Il miracolo non accade in un vuoto, in un tempo e in uno spazio asettico. Spesso emergono in situazioni di crisi, di disperazione o di fede intensa, di intere comunità che chiedono intercessione all’All’Altissimo. I teologi della scuola personalista, come Emmanuel Mounier, reputano che Dio si rivela nella storia in modo personale, rispondendo alla sofferenza umana. Secondo questa visione, il miracolo non è un evento isolato, ma parte di un dialogo tra Dio e l’uomo, inserito nella stessa storia della persona, nella sua intelligenza, nella sua coscienza, nella sua comunità. Anche la Sacra Scrittura offre una prospettiva simile: i miracoli di Gesù, come la guarigione dei malati e la risurrezione dei morti, non sono eventi casuali, ma atti che rispondono alla fede, alla fiducia alla situazione delle persone coinvolte. In questo senso, il miracolo è una risposta di Dio alla condizione umana, che si inserisce in un rapporto di amore e di relazione.
Alla luce di questo percorso fatto con l’aiuto del pensiero di alcuni dei maggiori teologi possiamo arrivare al concludere che i miracoli non sono un terno al lotto; non sono eventi che accadono casualmente, ma fanno parte del mistero della provvidenza divina. Rappresentano una sospensione momentanea delle regole del libro della natura, voluta da Dio per amore. San Tommaso d’Aquino, Sant’Agostino e teologi moderni come Karl Rahner ci aiutano a comprendere che il miracolo è un dono che Dio elargisce in modo libero e misterioso, come segno della sua bontà e misericordia.
In un mondo dove la ragione spesso cerca di dominare, dove impera la tecnocrazia e la scienzoligarchia, i miracoli sussurrano luce dell'invisibile che si manifestano nei momenti più imprevisti. Sono segni di un amore che non conosce confine. Non si trattano di preferenze divine, ma di interventi colmi di significato, dove la grazia si fa strada nel tessuto della vita quotidiana. I miracoli sono storie scritte nel grande libro della provvidenza. Sono come fiori che sbocciano nel deserto, manifestazioni della presenza divina che toccano le vite con dolcezza e fermezza. Ogni miracolo è un invito a riscoprire la fede, a guardare oltre l’ordinario e a riconoscere l'amore di un Dio che si china su di noi, che ascolta le nostre invocazioni e ci offre segni della sua benevolenza. In questo mistero, troviamo la nostra vera libertà: quella di credere, di sperare e di amare. Perché, in fondo, ogni miracolo è un riflesso dell’amore eterno di Dio, che continua a scrivere la storia del mondo con l’uomo. Oggi, soprattutto oggi, quel Dio me lo immagino con la faccia di mia madre, quando usciva dai colloqui del prof. di matematica: un amore velato dalla delusione, uno sconforto che, nel caso di Dio, è causato da guerre che non accennano a finire.
Dio, non ti stancare mai di amare l’umanità!
Rubrica a cura di Pietro Santoro