Parchi: no al fotovoltaico sui terreni a uso agricolo
I Parchi regionali lombardi si sono coalizzati per vietare l’installazione degli impianti fotovoltaici nei campi coltivabili all’interno dei confini dei territori tutelati. La presa di posizione si inserisce nel percorso partecipato per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e nella ridefinizione dei criteri per individuare le aree idonee. Le nuove linee di indirizzo della Regione aprirebbero alle installazioni anche sui terreni agricoli, senza sufficienti riguardi per i territori sotto tutela. Il presidente del Parco di Montevecchia e della Valle del Curone Marco Molgora, in qualità di coordinatore del tavolo “Parchi Energie rinnovabili”, sta guidando la mobilitazione degli Enti Parco.
Due i principali timori che vengono mossi. Da una parte il potenziale danno paesaggistico in aree che all’occhio risulterebbero snaturate. Dall’altra il rischio che terreni votati all’agricoltura possano essere soppiantati da campi con pannelli a terra, depauperando la qualità dei terreni. La possibilità di sopraelevare il fotovoltaico con pensiline e coltivare al di sotto è fattibile, ma i costi lieviterebbero. Secondo uno studio citato nel più recente rapporto del GSE (Gestore dei Servizi Energetici), le strutture di montaggio alte fino a 3 metri relative alle “colture permanenti” (quali vite, frutti di bosco, ortaggi) necessitano di costi maggiorati del 25%, che salgono addirittura al 60% per i sistemi alti fino ai 6 metri per le “colture seminative” (come orzo, mais, frumento).
“A fronte degli obiettivi posti, occorre valutare con attenzione le ricadute negative che alcune scelte, puramente quantitative, della produzione di energia posso causare nei territori, in particolare nelle aree protette” è il monito all’unisono dei Parchi lombardi. “Spesso assistiamo a uno sviluppo di nuovi impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile, soprattutto di tipo fotovoltaico e agrivoltaico, troppo attenti alla produzione e incuranti dei riflessi che queste opere hanno sul bel paesaggio italiano e sugli ecosistemi” si legge nel comunicato che cita anche l’art. 9 della Costituzione sulla tutela del paesaggio e, con la modifica di un paio di anni fa, dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha messo in campo 1 miliardo e mezzo di euro per la realizzazione di parchi agrisolari, limitando però la loro presenza agli edifici a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico ed agroindustriale. A metà 2023, stando al report del GSE, risultavano 7.305 progetti validi. La Regione dimostratasi più attiva per questa opportunità offerta è stata proprio la Lombardia, con 1.137 richieste di contributo. “Il patrimonio prezioso delle aree agricole – allertano i Parchi – rischia seriamente di essere stravolto dalle nuove politiche energetiche non attente alle qualità paesaggistico-ambientali”.
Gli Enti Parco si candidano piuttosto a farsi soggetti attivi “per la costruzione di un grande progetto di recupero delle aree dismesse presenti nelle aree protette”. Questa è la sola opzione per il fotovoltaico considerata ammissibile secondo i Parchi, che hanno stimolato la Regione a fare una mappatura dei fabbricati abbandonati all’interno dei propri confini e prevedere quindi la necessaria dotazione economica a favore degli investimenti per il recupero di quei comparti.
Nel Parco del Curone i siti dismessi più significativi sono quelli che presentano anche estese superfici in amianto: la RDB a Lomagna, la Bomar a Olgiate Molgora, la Fornace a La Valletta Brianza e, nello stesso Comune, nei prossimi anni potrebbero rientrare pure gli ex stabilimenti del Salumificio Beretta, se fosse accordata da Regione Lombardia la proposta di ampliare i confini del Parco in quella zona. Marco Molgora, dal suo insediamento a presidente del Parco di Montevecchia e della Valle del Curone, ha coltivato il sogno di sviluppare dei centri per la produzione di energia pulita nelle aree dismesse. Ha tentato di sondare l’interesse di operatori economici del settore, ma non si è mai arrivati ad un punto decisivo di svolta.
“È da oltre vent’anni che sostengo l’importanza di investire sulle fonti rinnovabili – ricorda l’ex sindaco di Osnago Molgora – ma le installazioni devono essere concesse con logica. Con tutte le aree antropizzate e con tutti i capannoni dismessi che abbiamo, non si può cedere al valore rappresentato dalle aree agricole. Nel nostro territorio abbiamo potuto assistere alla nascita e allo sviluppo economico di realtà agricole, anche grazie ai valori promossi dal Parco. Dopo anni in cui abbiamo dovuto far rispettare i vincoli sovraordinati, paradossalmente potremmo vedere sorgere interi campi coperti di pannelli”.
Al tavolo preliminare in Regione per l’individuazione delle aree idonee alla posa del fotovoltaico, partecipata anche da alcuni rappresentanti dei Parchi, ci sarebbero state forti spinte da parte di grandi aziende che operano nel settore dell’energia per allentare le maglie della regolamentazione. I Parchi hanno presentato formalmente delle osservazioni puntuali alla bozza redatta dai funzionari regionali. E sabato scorso, 26 ottobre, il presidente Marco Molgora ha scritto ai tre consiglieri regionali del territorio lecchese: Giacomo Zamperini (Fratelli d’Italia), Mauro Piazza (Lega) e Gian Mario Fragomeli (Partito Democratico) per cercare una sponda istituzionale ed avviare un dialogo con i vertici di Regione Lombardia.
Due i principali timori che vengono mossi. Da una parte il potenziale danno paesaggistico in aree che all’occhio risulterebbero snaturate. Dall’altra il rischio che terreni votati all’agricoltura possano essere soppiantati da campi con pannelli a terra, depauperando la qualità dei terreni. La possibilità di sopraelevare il fotovoltaico con pensiline e coltivare al di sotto è fattibile, ma i costi lieviterebbero. Secondo uno studio citato nel più recente rapporto del GSE (Gestore dei Servizi Energetici), le strutture di montaggio alte fino a 3 metri relative alle “colture permanenti” (quali vite, frutti di bosco, ortaggi) necessitano di costi maggiorati del 25%, che salgono addirittura al 60% per i sistemi alti fino ai 6 metri per le “colture seminative” (come orzo, mais, frumento).
“A fronte degli obiettivi posti, occorre valutare con attenzione le ricadute negative che alcune scelte, puramente quantitative, della produzione di energia posso causare nei territori, in particolare nelle aree protette” è il monito all’unisono dei Parchi lombardi. “Spesso assistiamo a uno sviluppo di nuovi impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile, soprattutto di tipo fotovoltaico e agrivoltaico, troppo attenti alla produzione e incuranti dei riflessi che queste opere hanno sul bel paesaggio italiano e sugli ecosistemi” si legge nel comunicato che cita anche l’art. 9 della Costituzione sulla tutela del paesaggio e, con la modifica di un paio di anni fa, dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha messo in campo 1 miliardo e mezzo di euro per la realizzazione di parchi agrisolari, limitando però la loro presenza agli edifici a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico ed agroindustriale. A metà 2023, stando al report del GSE, risultavano 7.305 progetti validi. La Regione dimostratasi più attiva per questa opportunità offerta è stata proprio la Lombardia, con 1.137 richieste di contributo. “Il patrimonio prezioso delle aree agricole – allertano i Parchi – rischia seriamente di essere stravolto dalle nuove politiche energetiche non attente alle qualità paesaggistico-ambientali”.
Gli Enti Parco si candidano piuttosto a farsi soggetti attivi “per la costruzione di un grande progetto di recupero delle aree dismesse presenti nelle aree protette”. Questa è la sola opzione per il fotovoltaico considerata ammissibile secondo i Parchi, che hanno stimolato la Regione a fare una mappatura dei fabbricati abbandonati all’interno dei propri confini e prevedere quindi la necessaria dotazione economica a favore degli investimenti per il recupero di quei comparti.
Nel Parco del Curone i siti dismessi più significativi sono quelli che presentano anche estese superfici in amianto: la RDB a Lomagna, la Bomar a Olgiate Molgora, la Fornace a La Valletta Brianza e, nello stesso Comune, nei prossimi anni potrebbero rientrare pure gli ex stabilimenti del Salumificio Beretta, se fosse accordata da Regione Lombardia la proposta di ampliare i confini del Parco in quella zona. Marco Molgora, dal suo insediamento a presidente del Parco di Montevecchia e della Valle del Curone, ha coltivato il sogno di sviluppare dei centri per la produzione di energia pulita nelle aree dismesse. Ha tentato di sondare l’interesse di operatori economici del settore, ma non si è mai arrivati ad un punto decisivo di svolta.
“È da oltre vent’anni che sostengo l’importanza di investire sulle fonti rinnovabili – ricorda l’ex sindaco di Osnago Molgora – ma le installazioni devono essere concesse con logica. Con tutte le aree antropizzate e con tutti i capannoni dismessi che abbiamo, non si può cedere al valore rappresentato dalle aree agricole. Nel nostro territorio abbiamo potuto assistere alla nascita e allo sviluppo economico di realtà agricole, anche grazie ai valori promossi dal Parco. Dopo anni in cui abbiamo dovuto far rispettare i vincoli sovraordinati, paradossalmente potremmo vedere sorgere interi campi coperti di pannelli”.
Al tavolo preliminare in Regione per l’individuazione delle aree idonee alla posa del fotovoltaico, partecipata anche da alcuni rappresentanti dei Parchi, ci sarebbero state forti spinte da parte di grandi aziende che operano nel settore dell’energia per allentare le maglie della regolamentazione. I Parchi hanno presentato formalmente delle osservazioni puntuali alla bozza redatta dai funzionari regionali. E sabato scorso, 26 ottobre, il presidente Marco Molgora ha scritto ai tre consiglieri regionali del territorio lecchese: Giacomo Zamperini (Fratelli d’Italia), Mauro Piazza (Lega) e Gian Mario Fragomeli (Partito Democratico) per cercare una sponda istituzionale ed avviare un dialogo con i vertici di Regione Lombardia.
M.P.