In memoria di Luciano Airoldi


Una parte della vita mia e della mia famiglia se n’è andata (fisicamente) per sempre.
Però volevo scrivere due parole su una perdita veramente importante e cioè quella di una persona straordinaria come quella di Luciano Airoldi.
Intanto cominciamo col dire che era un uomo poliedrico, spaziava dall’arte alla letteratura, passando dalla musica ai classici con una velocità veramente impressionante.
Io conosco perfettamente Benozzo Gozzoli, pittore fiorentino del 1400 e allievo del Beato Angelico. E lo conosco da quando ho circa 5 o 6 anni!
Perché lo conosco?
Perché lui entrava in casa e iniziava a divagare (come suo solito, innervosendo non poco la moglie Luciana) su tutto quello che gli capitava in testa. Il mio nome, Benedetto, lo rimandava all’assonanza (e per certi verti consonanza) di un nome come quella del Gozzoli.
Folle, se ci pensate. Un bambino di pochi anni che conosce un pittore minore come il Gozzoli.
Però Luciano Airoldi era questo: una miniera di informazioni incredibili.
E poi quel piano suonato da autodidatta durante le cene di Natale, tutti intorno a lui, con voce tenorile.
Le citazioni in latino nel bel mezzo del nulla.
La sua passione per il Rotary (quando ancora il Rotary era un’organizzazione con la U maiuscola).
L’amore sconfinato per Luciana, sua musa ispiratrice e suo faro.
Luciana che, in realtà, non sarebbe dovuta essere la sua dolce metà. Eh sì, perché lui aveva chiesto il permesso ai genitori per poter frequentare la sorella di Luciana, Isa. Ma il loro incontro davanti alla casa di lei a Stezzano (BG) sulla 850 coupè fu folgorante.
E l’amore scattò subito, nonostante i 12 anni di differenza.
Lui, professore avviato di lettere e lei, figlia del potente imprenditore edile Rodeschini di Bergamo.
Il resto è storia.
Di questa storia faccio parte anche io, che sono cresciuto a casa Airoldi.
I coniugi Airoldi hanno dato tantissimo a questa comunità e in Sardegna pure, ma sono stati ricambiati in maniera molto inferiore a quella che avrebbero meritato.
Peccato.
Mando un abbraccio ai figli, in particolare al bravissimo Andrea, ai nipoti, in particolare a Carletto.
Siamo tutti un po’ più soli senza Luciano (che io ho chiamato Ciocio per tutta la vita) e mando un abbraccio alla moglie Luciana (la nostra Ciocia) che, oggi, tutti abbiamo sentito vicina.
E mi fermo qui.
Grazie se potrete condividere.
Benedetto Terragni
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