Church pocket/33. Dove la Fede incontra i miracoli: risposta a un’amica lettrice/parte prima

Angela, una lettrice attenta e riflessiva che ha visto nascere questa rubrica, mi ha posto alcune domande stimolanti sui miracoli e sulla loro apparente ingiustizia. Si chiede: 
“Come mai alcune persone ricevono una guarigione, mentre altre no? Qual è la ragione dietro a questa disparità? È comprensibile che molte persone si rivolgano alla preghiera quando la medicina non ha più risposte, ma non posso fare a meno di sentirmi frustrata. Perché un genitore può invocare un santo e ottenere una guarigione o un miglioramento, mentre altri, in situazioni simili, non vedono alcun cambiamento? Dipende forse dal “merito” di chi chiede o dall’intensità della richiesta? È davvero una lotteria? E sulla base di quali criteri “il divino” decide di intervenire, infrangendo le leggi fisiche?”
Cara Angela, la tua domanda sul mistero dei miracoli e del disegno divino legato a questi eventi, mi ha colpito profondamente. Mentre riflettevo sulle tue parole, ho realizzato che la questione dei miracoli va ben oltre la semplice osservazione di eventi straordinari; tocca le corde più intime della nostra fede, della nostra ragione e della nostra esistenza. Ogni miracolo è un invito a esplorare la complessità del rapporto tra il divino e l'umano, una ricerca che ci conduce a confrontarci con la sofferenza, la libertà e l'amore di Dio. In questa serie di articoli, cercherò di rispondere non solo a te, ma anche a tutti noi che ci poniamo domande sul mistero che avvolge la vita e la fede.
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Il miracolo nel Vangelo
Nei quattro Vangeli, Gesù compie circa 37 miracoli, anche se il numero dei prodigi varia in base all’evangelista che prendiamo in considerazione. Possiamo classificare i miracoli in quattro categorie:

Guarigioni. Gesù guarì persone affette da diverse malattie e disabilità, tra cui la lebbra, la cecità, la paralisi, e l'emorragia. Un esempio è la guarigione del cieco nato (Giovanni 9:1-12) o la guarigione della donna che soffriva di emorragia da 12 anni che dopo analizzeremo meglio;
Rianimazioni, conosciute comunemente come “resurrezioni”. Gesù riportò in vita alcuni morti. Il miracolo più conosciuto è la resurrezione di Lazzaro, morto da quattro giorni (Giovanni 11:1-44), ma ci sono anche la resurrezione della figlia di Giairo (Marco 5:21-43) e del figlio della vedova di Nain (Luca 7:11-17);
Miracoli sulla natura. Gesù compì azioni straordinarie che dimostrarono il suo potere sulla natura. Tra questi, il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Matteo 14:13-21), la trasformazione dell'acqua in vino a Cana (Giovanni 2:1-11), e il camminare sull'acqua (Matteo 14:22-33);
Esorcismi. Gesù liberò persone possedute da spiriti maligni o demoni. Un esempio famoso è l'esorcismo dell'uomo posseduto da una "legione" di demoni, che furono poi mandati in un branco di porci (Marco 5:1-20).

Quelli che vanno per la maggiore sono le guarigioni. Gesù guarisce specialmente persone colpite da disabilità perenni, come il paralitico, i sordi, cechi, soprattutto dalle disabilità dalla nascita. Di questa categoria, a mio avviso, il più bello rimane la guarigione dell’emorroissa. L’episodio è narrato da tutti i Vangeli Sinottici, e precisamente in Matteo cap. 9 verss. 20-22; in Marco al cap. 5 verss. 25-34 e in Luca al cap. 8 verss. 43-48. Propongo la versione di Marco perché mi sembra quella più completa. Ecco il brano:

«Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi, piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?» I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici «Chi mi ha toccato?»». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». (Mc 5, 25-34)

Ma chi è questa emorroissa? È una donna che aveva continue perdite mestruali di sangue. Nel Levitico si dice che «quando la donna ha il flusso il sangue rimarrà per sette giorni nell'impurità mestruale» (Levitico 15,19-31). Questa donna, quindi, era perennemente impura. Oltre al male fisico, subiva anche una discriminazione sociale. È noto che il sangue, considerato la sede della vita, costituiva per gli ebrei motivo di impurità e una proibizione, come è attestato ancor oggi dalla proibizione della trasfusione di sangue da parte dei Testimoni di Geova. Questo significava che era esclusa dalla vita religiosa e sociale, non poteva entrare nel Tempio né avere contatti con altre persone, poiché anche solo toccarla  avrebbe reso impuri gli altri. Dopo aver speso tutto il suo denaro in cure senza successo, la donna si avvicina a Gesù come sua ultima speranza, credendo che toccare anche solo il suo mantello sarebbe bastato per guarirla. La donna, che nessuno dei tre evangelisti chiama per nome, sgomita tra la folla per toccare Gesù, confidando nel miracolo al solo tocco delle sacre vesti. Riesce nell’intento e viene guarita. Interessante rimane anche il dialogo tra lei e Gesù: il Messia non la guarisce per il merito di aver toccato il suo mantello, ma per la sua fede
La donna non chiede apertamente a Gesù di essere guarita, ma lo tocca di nascosto. Il miracolo avviene senza una richiesta formale o una risposta verbale immediata da parte di Gesù. Questo aspetto sottolinea come il potere guarente di Gesù non sia legato a condizioni o rituali precisi, ma si manifesti liberamente, in risposta alla fede sincera. La guarigione è frutto della fede della donna, non di una prestazione o di un pagamento. La donna agisce con fede convinta che anche solo toccare il mantello di Gesù possa salvarla. Dopo la guarigione, Gesù le dice: “La tua fede ti ha salvata” (Marco 5:34), evidenziando che il miracolo non è una ricompensa per qualche azione o sacrificio, ma un dono gratuito, mosso dalla sua fede e dalla grazia divina. La guarigione avviene senza alcun merito da parte della donna. Era impura secondo la legge religiosa e quindi emarginata, ma la sua condizione sociale o religiosa non influisce sul fatto che Gesù le conceda la guarigione. Questo gesto sottolinea la gratuità della grazia di Dio, che non si basa su meriti o status, ma è accessibile a tutti coloro che credono. 
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Per comprende ancora la gratuità del dono del miracolo nell’atteggiamento di Gesù, esaminiamo una delle tre rianimazioni, quella meno studiata: la resurrezione del figlio della vedova di Nain. Di seguito il brano:
«Gesù si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: «Non piangere!». E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Giovinetto, dico a te, alzati!».
Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo». (Lc 7, 11-17).
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Il Signore, in pratica, rianima il figlio di una sconosciuta, senza conoscerne la storia, senza alcun merito apparente, senza alcuna preghiera da parte della madre. Gesù la vede, sente il suo dolore e decide, nella sua piena libertà, di porvi una fine. Gesù e i suoi discepoli arrivano a Nain, una piccola città della Galilea, e incontrano un corteo funebre. Una donna, vedova, sta accompagnando il corpo del suo unico figlio morto verso la sepoltura. Nella cultura ebraica dell'epoca, questa donna si trova in una situazione disperata: oltre alla perdita affettiva, la morte del figlio significa anche la perdita del suo unico sostegno economico e sociale. Essendo vedova e senza figli, la donna è condannata a una vita di estrema vulnerabilità. A differenza di altri miracoli, nessuno chiede il prodigio: la vedova non si avvicina a Gesù, forse perché rassegnata al suo destino. È Gesù che prende l'iniziativa. La sua compassione per la donna lo spinge ad agire. Questo evidenzia un aspetto chiave della gratuità del miracolo: il gesto di Gesù nasce esclusivamente dalla sua misericordia e dalla sua volontà, senza una richiesta esplicita o un atto di fede iniziale da parte della donna. Il motivo che spinge Gesù a compiere il miracolo è la compassione.
Luca usa il verbo greco "σπλαγχνίζομαι" (splanchnízomai), che indica un sentimento profondo e viscerale di pietà. Questo sottolinea che la guarigione non è una ricompensa o una risposta a un atto di fede, ma un dono gratuito mosso dall'amore e dalla misericordia. Gesù agisce non perché la vedova abbia fatto qualcosa per meritare l'intervento divino, ma semplicemente perché è commosso dalla sua sofferenza. Né la vedova né il figlio morto fanno qualcosa per meritare la resurrezione. 
Questi due miracoli ci fanno capire l’atteggiamento di Gesù nei confronti di questi gesti, non tanto perché chi lo riceve o chi intercede sia meritevole.
Il teologo cattolico Karl Rahner sottolinea il carattere personale e relazionale dei miracoli di Gesù, ponendo l'accento sul fatto che essi rivelano l'amore di Dio verso l'umanità. Per Rahner, i miracoli non devono essere visti semplicemente come atti di potere sovrannaturale, ma come manifestazioni concrete della misericordia divina. Nei miracoli di guarigione, per esempio, Rahner vede un gesto che va oltre la semplice guarigione fisica: è la restaurazione della dignità umana e dell'integrità spirituale: “I miracoli di Gesù non sono mai atti di potere fine a se stessi, ma sono sempre espressione dell'amore di Dio che redime e restaura l'uomo nella sua totalità" (Rahner, Grundkurs des Glaubens). Rahner mette in luce l'importanza del contesto relazionale dei miracoli: Gesù compie miracoli in risposta a situazioni di sofferenza e necessità, dimostrando che Dio è vicino all'uomo e si preoccupa profondamente della sua condizione.
In conclusione, i miracoli di Gesù, come abbiamo visto, non seguono una logica di merito come la intendiamo noi o di ricompensa, ma esprimono la gratuità dell'amore divino e la potenza della fede. Gesù agisce spesso spinto dalla compassione, rispondendo a chi si rivolge a lui con fiducia o anche, come nel caso della vedova di Nain, senza che vi sia stata una richiesta esplicita. È un richiamo potente alla gratuità della grazia e alla centralità della fede.
Per approfondire ulteriormente la teologia dei miracoli e la loro relazione con la fede, ti invito a leggere le altre parti di questa serie di articoli, dove esploreremo il significato spirituale e simbolico di questi eventi straordinari, confrontandoci con il pensiero di teologi che hanno riflettuto su questi temi.
Rubrica a cura di Pietro Santoro
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