Processo alla Iena Pelazza: in aula l'ex assessore di Genova e un vicino di casa dell'anziano
Prosegue il procedimento penale a carico di Luigi Pelazza: l'inviato de “Le Iene”, classe 1969 e residente nel meratese, è finito sul banco degli imputati davanti al Tribunale di Lecco con l'accusa di diffamazione a seguito di un post sulla pagina social a lui ricondubibile e relativo a un servizio andato in onda su un'inchiesta ambientata a Genova sei anni fa.
La trasmissione era stata infatti chiamata ad approfondire un caso di presunta “circonvenzione” ai danni di un 96enne da parte di alcuni cittadini rumeni. L'anziano purtroppo era venuto a mancare poche settimane dopo la registrazione della puntata.
Quel che viene contestato alla “iena” è la pubblicazione sul proprio profilo Facebook (nel marzo del 2018) di un link al servizio mandato in onda soli due mesi prima con la descrizione “Nonno Giuseppe non c'è più. Un gruppetto di rumeni si era stabilito in casa di quest'uomo di 96 anni, prendendogli le chiavi dell'appartamento e i risparmi di una vita”. A querelare l'inviato di Italia 1 e costituirsi parte civile nel procedimento oggi celebrato davanti al giudice Gianluca Piantadosi sono due (A.P. e C.F., all'epoca dei fatti moglie e marito) dei rumeni che frequentavano la casa dell'anziano ligure.
Infatti, mentre nel 2020 a Palazzo di Giustizia di Genova si apriva un fascicolo nei confronti di quattro stranieri potenzialmente coinvolti nel presunto disegno criminoso - poi archiviato in fase di indagini preliminari dal gip per infondatezza della notizia di reato su richiesta del sostituto procuratore Gabriella Dotto - ora l'accusa a Pelazza è di aver pubblicato sulla propria pagina social un contenuto lesivo della reputazione dei due interessati.
Quest'oggi a ripercorrere la vicenda è stato l'allora assessore alle politiche sociali del Comune di Genova, la dottoressa Francesca Fassio: i ricordi un po' sbiaditi dal passare del tempo non le hanno consentito di rispondere a molte delle domande poste dall'avvocato Federico Giusti del foro di Milano (difensore di Pelazza), che conduceva il suo esame, ma la donna ha ricordato di essere andata a fare visita all'anziano una volta venuta a conoscenza dell'intervento della trasmissione, per capire se la situazione di nonno Giuseppe necessitasse di un intervento degli assistenti sociali. “Ho provato a bussare ma non apriva nessuno, dopo un po' sono arrivate altre persone con le chiavi, che hanno aperto la porta” ha raccontato la teste, che ha aggiunto di aver trovato nell'abitazione un uomo allettato, ben tenuto ma probabilmente impaurito dalla strana circostanza “Mi ha raccontato di essere stato in Romania, ospite di alcuni signori che dovevano costruirsi lì una casa e il suo progetto era quello di trasferirsi con loro”.
Poi è stato chiamato a testimoniare il responsabile della segnalazione a Mediaset: T.F., l'affittuario 39enne dell'anziano. Anch'egli rumeno, avrebbe provato a denunciare i connazionali alle Forze dell'Ordine senza successo, prima di riuscire ad ottenere il numero di Luigi Pelazza e spiegargli con un messaggio su whatsapp le difficoltà che, a suo avviso, il 96enne stava attraversando.
“Di solito gli pagavo l'affitto in contanti e poi lui mi dava la ricevuta, ma un giorno non l'ho trovato a casa e ho scoperto che A.P. e C.F. l'avevano portato con loro in Romania. A quel punto ho mandato i soldi a C., su suggerimento di quest'ultimo”. A sua sorpresa, però, dopo qualche settimana gli era arrivata a casa una lettera di sfratto per mancata corresponsione delle mensilità: “Quando sono andato a parlare con Giuseppe, che nel frattempo era rientrato in Italia, mi ha anticipato lui i soldi per pagare l'avvocato” L'anziano si sarebbe giustificato dicendo che “aveva fatto tutto C.” e di non preoccuparsi.
Sarebbe stato a quel punto che l'affittuario avrebbe iniziato a sospettare dei connazonali (che conosceva già da alcuni anni e grazie ai quali era entrato in contatto con il signor Giuseppe).
Pare, peraltro, che Giuseppe avrebbe confessato a T.F. di non volerci andare in Romania: “cosa ci vado a fare alla mia età?” avrebbe detto.
Una volta tornato, la sua salute sarebbe da subito apparsa deteriorata: “mi ha detto che mentre era là era stato male e l'avevano portato in ospedale, ma quando gli ho chiesto i referti dell'ospedale per capire cosa avesse avuto, mi ha detto che C.F. non gli aveva dato documenti con la scusa che in Romania non ne lasciano. Cosa assolutamente non vera”. Da quel momento in poi nonno Giuseppe non sarebbe stato più autonomo e avrebbe avuto difficoltà a camminare.
Col tempo T.F. aveva scoperto che spesso e volentieri C. si era impossessato dei soldi con cui pagava l'affitto all'anziano, ma non solo: “aveva comprato un terreno a nome del signor Giuseppe in Romania per costruirci la casa, per farlo trasferire lì e fargli arrivare lì la pensione. Gli aveva chiesto un aiuto economico e in cambio gli aveva promesso una stanza tutta per lui. Mi ha detto che gli aveva già fatto vedere il cimitero dove sarebbe finito”.
Il vero motivo per cui si sarebbe deciso a chiamare “Le Iene”, però, sarebbe stato il perenne stato di segregazione in cui il 96enne era stato costretto: le chiavi di casa venivano tenute dallo stesso C., dalla moglie (che si occupava delle faccende domestiche) o dai cugini di C. “Quando avevo chiesto perchè non lo facevano uscire C. mi aveva risposto che se lui andava in giro a parlare con le persone lui non riusciva più a farsi gli affari suoi”.
Ancora il gruppo di stranieri avrebbe allontanato la ex compagna dell'anziano: “C. l'aveva sbattuta al muro e l'aveva minacciata per non farla più andare dal signor Giuseppe”.
Nessuno avrebbe scoperto che era stato lui a chiamare Pelazza se non dopo che la trasmissione era andata in onda: “da quel giorno C. ha continuato a mandarmi persone a casa per minacciarmi”.
Il gruppetto di stranieri non si sarebbe fermato nemmeno quando la Polizia (intervenuta all'arrivo della troupe televisiva) avrebbe affidato all'affittuario le chiavi di casa dell'anziano: “dopo qualche giorno hanno cambiato la serratura” ha spiegato il teste al giudice Gianluca Piantadosi.
Infine l'uomo ha ricordato di essere venuto a conoscenza della morte dell'anziano dopo giorni, quando era andato a trovarlo e non aveva trovato nessuno in casa “secondo la sua ex compagna l'avevano lasciato morire di stenti”.
A novembre l'istruttoria dibattimentale proseguirà con i residui testi della difesa.
La trasmissione era stata infatti chiamata ad approfondire un caso di presunta “circonvenzione” ai danni di un 96enne da parte di alcuni cittadini rumeni. L'anziano purtroppo era venuto a mancare poche settimane dopo la registrazione della puntata.
Quel che viene contestato alla “iena” è la pubblicazione sul proprio profilo Facebook (nel marzo del 2018) di un link al servizio mandato in onda soli due mesi prima con la descrizione “Nonno Giuseppe non c'è più. Un gruppetto di rumeni si era stabilito in casa di quest'uomo di 96 anni, prendendogli le chiavi dell'appartamento e i risparmi di una vita”. A querelare l'inviato di Italia 1 e costituirsi parte civile nel procedimento oggi celebrato davanti al giudice Gianluca Piantadosi sono due (A.P. e C.F., all'epoca dei fatti moglie e marito) dei rumeni che frequentavano la casa dell'anziano ligure.
Infatti, mentre nel 2020 a Palazzo di Giustizia di Genova si apriva un fascicolo nei confronti di quattro stranieri potenzialmente coinvolti nel presunto disegno criminoso - poi archiviato in fase di indagini preliminari dal gip per infondatezza della notizia di reato su richiesta del sostituto procuratore Gabriella Dotto - ora l'accusa a Pelazza è di aver pubblicato sulla propria pagina social un contenuto lesivo della reputazione dei due interessati.
Quest'oggi a ripercorrere la vicenda è stato l'allora assessore alle politiche sociali del Comune di Genova, la dottoressa Francesca Fassio: i ricordi un po' sbiaditi dal passare del tempo non le hanno consentito di rispondere a molte delle domande poste dall'avvocato Federico Giusti del foro di Milano (difensore di Pelazza), che conduceva il suo esame, ma la donna ha ricordato di essere andata a fare visita all'anziano una volta venuta a conoscenza dell'intervento della trasmissione, per capire se la situazione di nonno Giuseppe necessitasse di un intervento degli assistenti sociali. “Ho provato a bussare ma non apriva nessuno, dopo un po' sono arrivate altre persone con le chiavi, che hanno aperto la porta” ha raccontato la teste, che ha aggiunto di aver trovato nell'abitazione un uomo allettato, ben tenuto ma probabilmente impaurito dalla strana circostanza “Mi ha raccontato di essere stato in Romania, ospite di alcuni signori che dovevano costruirsi lì una casa e il suo progetto era quello di trasferirsi con loro”.
Poi è stato chiamato a testimoniare il responsabile della segnalazione a Mediaset: T.F., l'affittuario 39enne dell'anziano. Anch'egli rumeno, avrebbe provato a denunciare i connazionali alle Forze dell'Ordine senza successo, prima di riuscire ad ottenere il numero di Luigi Pelazza e spiegargli con un messaggio su whatsapp le difficoltà che, a suo avviso, il 96enne stava attraversando.
“Di solito gli pagavo l'affitto in contanti e poi lui mi dava la ricevuta, ma un giorno non l'ho trovato a casa e ho scoperto che A.P. e C.F. l'avevano portato con loro in Romania. A quel punto ho mandato i soldi a C., su suggerimento di quest'ultimo”. A sua sorpresa, però, dopo qualche settimana gli era arrivata a casa una lettera di sfratto per mancata corresponsione delle mensilità: “Quando sono andato a parlare con Giuseppe, che nel frattempo era rientrato in Italia, mi ha anticipato lui i soldi per pagare l'avvocato” L'anziano si sarebbe giustificato dicendo che “aveva fatto tutto C.” e di non preoccuparsi.
Sarebbe stato a quel punto che l'affittuario avrebbe iniziato a sospettare dei connazonali (che conosceva già da alcuni anni e grazie ai quali era entrato in contatto con il signor Giuseppe).
Pare, peraltro, che Giuseppe avrebbe confessato a T.F. di non volerci andare in Romania: “cosa ci vado a fare alla mia età?” avrebbe detto.
Una volta tornato, la sua salute sarebbe da subito apparsa deteriorata: “mi ha detto che mentre era là era stato male e l'avevano portato in ospedale, ma quando gli ho chiesto i referti dell'ospedale per capire cosa avesse avuto, mi ha detto che C.F. non gli aveva dato documenti con la scusa che in Romania non ne lasciano. Cosa assolutamente non vera”. Da quel momento in poi nonno Giuseppe non sarebbe stato più autonomo e avrebbe avuto difficoltà a camminare.
Col tempo T.F. aveva scoperto che spesso e volentieri C. si era impossessato dei soldi con cui pagava l'affitto all'anziano, ma non solo: “aveva comprato un terreno a nome del signor Giuseppe in Romania per costruirci la casa, per farlo trasferire lì e fargli arrivare lì la pensione. Gli aveva chiesto un aiuto economico e in cambio gli aveva promesso una stanza tutta per lui. Mi ha detto che gli aveva già fatto vedere il cimitero dove sarebbe finito”.
Il vero motivo per cui si sarebbe deciso a chiamare “Le Iene”, però, sarebbe stato il perenne stato di segregazione in cui il 96enne era stato costretto: le chiavi di casa venivano tenute dallo stesso C., dalla moglie (che si occupava delle faccende domestiche) o dai cugini di C. “Quando avevo chiesto perchè non lo facevano uscire C. mi aveva risposto che se lui andava in giro a parlare con le persone lui non riusciva più a farsi gli affari suoi”.
Ancora il gruppo di stranieri avrebbe allontanato la ex compagna dell'anziano: “C. l'aveva sbattuta al muro e l'aveva minacciata per non farla più andare dal signor Giuseppe”.
Nessuno avrebbe scoperto che era stato lui a chiamare Pelazza se non dopo che la trasmissione era andata in onda: “da quel giorno C. ha continuato a mandarmi persone a casa per minacciarmi”.
Il gruppetto di stranieri non si sarebbe fermato nemmeno quando la Polizia (intervenuta all'arrivo della troupe televisiva) avrebbe affidato all'affittuario le chiavi di casa dell'anziano: “dopo qualche giorno hanno cambiato la serratura” ha spiegato il teste al giudice Gianluca Piantadosi.
Infine l'uomo ha ricordato di essere venuto a conoscenza della morte dell'anziano dopo giorni, quando era andato a trovarlo e non aveva trovato nessuno in casa “secondo la sua ex compagna l'avevano lasciato morire di stenti”.
A novembre l'istruttoria dibattimentale proseguirà con i residui testi della difesa.
F.F.