Viticoltura e cambiamento climatico: la situazione oggi e la sfida del domani. Le idee del Consorzio IGT Terre Lariane

Il cambiamento climatico è una sfida non solo per climatologi e scienziati che studiano il fenomeno, ma anche per tutte quelle persone il cui lavoro viene toccato direttamente da esso. Una categoria è senz’altro quella dei viticoltori, il cui prodotto, come gli agricoltori del resto, è fortemente condizionato dal clima. 
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Gli esperti concordano nell’asserire che le ultime estati siano state le più calde e che anno dopo anno le temperature continueranno ad aumentare. Se così fosse, quali azioni dovranno intraprendere i viticoltori per continuare a produrre vino di qualità? Ne abbiamo parlato con Claudia Crippa della cantina La Costa di La Valletta Brianza, impegnata proprio in questi giorni nella vendemmia.
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La Costa, che conta 11 ettari di vigna per un totale di 55mila piante, insieme ad altre 24 aziende vinicole fa parte del Consorzio IGT Terre Lariane dal 2009. Dal 2018, insieme a due di queste aziende, ha dato vita alla Cooperativa Viticultori Lariani al fine di condividere i processi di vinificazione per l’ottenimento di vini di alta qualità, riuscendo così anche ad abbattere i costi di produzione. Le aziende che fanno parte della cooperativa vengono supportate in tutte le fasi di produzione del vino, dalla valutazione degli impianti e l’analisi dell’uva a cura di tre enologi e agronomi professionisti fino alla vinificazione vera e propria, che viene effettuata in un’unica cantina dotata di tre pompe peristaltiche, tre presse e centinaia di botti. Anno dopo anno sono state sempre più le aziende che hanno scelto di entrare a far parte della cooperativa, tanto che quest’anno per la prima volta verranno prodotte la bellezza di 82 etichette diverse.
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Le aziende che afferiscono alla cooperativa sono tutte del lariano e provengono da Montevecchia, Sirtori, Merate, Missaglia, Colico e la Valsassina. Ognuna, attraverso la cantina della cooperativa, produce i propri vini. In media 3 o 4 per azienda. Le uve, è bene precisare, non vengono mischiate, in modo che ogni produttore possa avere la soddisfazione di produrre il proprio vino dalla sua uva.
 
Semplificati molti passaggi che portano alla vinificazione, grazie al supporto della cooperativa e degli esperti che ci lavorano, le aziende vinicole si trovano però ora a pensare come affrontare il cambiamento climatico. Certo non un problema che sta cambiando radicalmente sin da ora la produzione, ma è un elemento con cui bisognerà imparare a convivere. 
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“La nuova tendenza è quella di anticipare la vendemmia” spiega Claudia Crippa. “Già nel 2022 con la siccità e il forte caldo che c’è stato abbiamo dovuto anticipare, e la tendenza sarà questa”. Se fino a 20 anni fa infatti l’uva veniva raccolta a settembre inoltrato, ora già a fine agosto si deve provvedere. 
 
“Sono due in particolare le sfide che ci si presentano e che dovremmo capire come affrontare con gli esperti. La prima è la gestione dell’acqua”. Sarà fondamentale infatti riuscire a ottenere più acqua e conservarla per i momenti di bisogno, come i lunghi periodi di siccità. “Nelle nostre zone abbiamo un terreno molto roccioso che non trattiene. Riusciamo a produrre uve di qualità con questa roccia, ma quando c’è siccità non ci aiuta e penalizza” spiega Crippa. Una soluzione in questo senso sarebbero le vasche di raccolta. Delle vere e proprie cisterne da posizionare in punti strategici in modo da riuscire a conservare acqua e allo stesso tempo poterla distribuire dove serve. 
 
“L’altra sfida è la scelta dei nuovi impianti. La vita media di una vigna è di 30/40 anni e al momento non abbiamo problemi, ma se la tendenza è l’aumento di temperatura ovviamente la scelta delle varietà dovrà ricadere su quelle più tardive”. 
In un certo senso si può dire che il cambiamento climatico abbia già portato a qualche novità. “Fino a 10 anni fa per esempio il Cabernet non maturava da noi”. 
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Viticoltori ed enologi stanno analizzando diverse varietà per cercare di capire quali potrebbero essere le più adatte a un clima più caldo. “Sarà una grande riflessione da fare. Bisognerà scegliere varietà che con la siccità e l’innalzamento delle temperature resistano. Oppure scegliere dei porta innesti più resistenti e che rallentino la maturazione”. Le possibilità sono diverse, anche perché ogni pianta viene innestata a un’altra, il cosiddetto “piede americano”, in grado di resistere alla Fillossera, insetto originario proprio dell’America. I viticoltori guardando al futuro potranno valutare diverse soluzioni per rinnovare i propri impianti. 
 
Sarà inoltre molto importante per questo territorio, che gode di grandi escursioni termiche – che donano ai vini profumi intensi e freschezza – continuare a poterne beneficiare. Anche per questo la scelta dell’altitudine media dei vigneti in zona collinare più alta, la presenza di alberi, o meglio boschi, attorno alla zona di coltivazione aiuterà molto a poter continuare a godere dell’escursione termica. 
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Se da un lato il cambiamento sembra spaventare i viticoltori, dall’altro ha portato anche novità positive riguardo ad alcuni casi specifici nella zona. Alcune vini infatti hanno beneficiato dell’aumento delle temperature e il loro sapore è mutato. “Il Solesta per esempio, un vino Risling Renano bianco, viene da un’uva che ha bisogno di stare in pianta a lungo per maturare e accumulare zuccheri. È un vino molto esile quando è fresco. Ora, con questa maturazione, ha un corpo maggiore e un tenore zuccherino che è un plus per questo tipo di vino”. 
 
Come il Solesta, anche altri vini hanno iniziato a  cambiare lievemente il gusto. Sono i pro e i contro del cambiamento climatico, che senz’altro impatterà nella viticoltura così come in tanti altri settori agricoli. Le conseguenze saranno positive e negative. Bisognerà scegliere – tanto per rimanere in tema – se vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. “C’è di buono che al giorno d’oggi c’è molta informazione. Anche noi come cooperativa disponiamo di tre enologi. Una scelta voluta proprio per lavorare bene. Prima in questa zona le aziende vinicole avevano una connotazione familiare, e magari c’erano anche meno competenze. Poi c’è stata una ripresa del vino grazie anche a persone arrivate da altri settori. È importante mantenere un approccio professionale, soprattutto perché questo è stato un territorio difficile da rimettere in pista”. 
E.Ma.
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