Olgiate: Dalla Chiesa parla di legalità come sentimento
"L'educazione civica è tornata nelle aule italiane e con questa l'educazione alla legalità. Ma come si può insegnare un sentimento?”. Attorno a questo quesito si è sviluppata la presentazione del nuovo libro intitolato "La legalità è un sentimento" di Nando Dalla Chiesa, professore, scrittore, sociologo e politico di lunga carriera, avvenuta presso il salone dell'Oratorio di Olgiate Molgora, nella serata di giovedì 26 settembre. L’incontro, organizzato in forma di dialogo-intervista da Andrea Martena, esponente del gruppo di minoranza "Olgiate Cambia Passo" ed ex studente di criminologia dello stesso Dalla Chiesa, ha offerto al pubblico uno scambio intenso e arricchente sulle sfide della legalità e del vivere civile.
L'idea che la legalità sia un sentimento, come suggerisce il titolo del libro, nasce dalla convinzione che le leggi da sole non bastino a definire una società giusta. È piuttosto il modo in cui gli individui interiorizzano quei principi morali, spesso non codificati, a creare una vera cultura della legalità. "Non tutto può essere normato dalla legge, e non solo ciò che è scritto nelle norme definisce cosa è legale" ha continuato Dalla Chiesa, portando esempi concreti di vita quotidiana per dimostrare che molte delle scelte morali che facciamo derivano da un senso profondo di ciò che è giusto, piuttosto che da una rigida adesione a regole prestabilite. Tra gli episodi ricordati nel dialogo, è emerso quello contenuto nel libro "Album di famiglia", in cui suo padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, rifiutò un regalo destinato alla moglie. Quel gesto, compiuto non perché una legge lo imponesse, ma per un senso innato di onestà e correttezza, esemplifica perfettamente la distinzione tra legalità formale e legalità morale. "La legalità è un modo di vivere – ha sottolineato Dalla Chiesa – non qualcosa che ci viene imposto dall'alto, ma che nasce dentro di noi".
La riflessione di Dalla Chiesa si è poi allargata a un tema cruciale della società contemporanea: la povertà educativa. "La povertà educativa è il vero nemico di questi tempi, sebbene il grado di istruzione sia in costante aumento" ha osservato il professore con preoccupazione. A suo avviso, una società in cui le persone non riescono a interessarsi al mondo e ad interfacciarsi con gli altri è una società malata. "Una volta, anche chi non aveva una buona istruzione possedeva un alto grado di educazione. C'era rispetto per le autorità, i valori morali erano trasmessi in famiglia e i principi etici erano il fondamento del vivere civile". In questo contesto, Dalla Chiesa ha lanciato un duro attacco alla generazione di genitori attuali, definendola "la peggiore di tutta la storia d’Italia" poiché, secondo lui, trasmettono ai figli un pensiero dannoso per il futuro del paese. "Lo spirito della legalità – ha aggiunto – deve partire con la lotta alla povertà educativa".
Andrea Martena, spinto da queste riflessioni, ha chiesto un approfondimento sul ruolo della scuola nella diffusione della cultura della legalità. Dalla Chiesa ha evocato un episodio storico di grande significato: l'assassinio del presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, avvenuto il 6 gennaio 1980 per mano della mafia. "Fu un episodio che colpì profondamente tutti i siciliani. Sebbene tutti sapessero che si trattava di un omicidio politico-mafioso, nessuno aveva il coraggio di affrontare i massimi sistemi. Tuttavia, da quell'evento nacque un insegnamento all'antimafia nelle scuole siciliane, che innescò un cambiamento di lungo periodo". Magistrati, forze dell'ordine e insegnanti diventarono, secondo Dalla Chiesa, i veri agenti di una battaglia contro la mafia, dando vita a una generazione pioniera che diffuse la cultura della legalità. Un'eredità che, purtroppo, rischia di essere dimenticata e sottovalutata, soprattutto da parte di quei genitori che, oggi, tendono a ridicolizzare l'autorità scolastica.
Il professore ha inoltre raccontato la sua esperienza con l'Università itinerante, un progetto all'insegna della legalità che porta gli studenti a scoprire luoghi simbolo della lotta alla mafia. "Il viaggio insieme ti trasforma – ha affermato – perché permette di accumulare tanti punti di vista differenti. A Casal di Principe, che tutti ritenevano un covo di camorristi, trovammo persone che vivevano nel ricordo dell'assassinato don Peppe Diana. Ad Ostia invece, quando ancora nessuno scriveva nulla sui giornali, scoprimmo immediatamente la presenza della mafia". Gli studenti che partecipano a questi viaggi, ha sottolineato Dalla Chiesa, ne escono profondamente cambiati, con una dedizione totale alla causa della lotta contro la criminalità organizzata.
"La legalità – ha concluso – deve essere vista come una promessa del giusto, un riparo sicuro. Non deve essere percepita come una minaccia. Essa si evolve nel tempo, cresce e si modifica, trasmessa non solo dagli adulti ai giovani, ma anche dai giovani agli adulti”. In un'epoca caratterizzata dal cosiddetto "ritardo culturale", un concetto elaborato dal sociologo statunitense William Ogburn, secondo cui la società civile è sempre in ritardo rispetto al progresso tecnologico, Dalla Chiesa ha sottolineato la necessità di un rinnovamento etico che coinvolga ogni aspetto della vita sociale.
Infine, riguardo alla dedica del suo ultimo libro, Dalla Chiesa ha rivelato con commozione: "Ormai ho scritto oltre 50 libri, ma questo è quello che ho pensato di più, perché ho dovuto mettere dentro tutto ciò che ho appreso nel tempo. Durante la scrittura, mia moglie, con la quale ho lavorato al libro, è venuta a mancare. La dedica è inevitabile: è per una persona che è dentro a questo libro tanto quanto me".
Al centro della riflessione portata avanti da Dalla Chiesa vi è la necessità di un cambiamento radicale nella concezione della legalità. Non si tratta più di considerarla come un semplice atto di conformità alle regole, ma piuttosto come un principio etico profondo, radicato nel cuore e nella coscienza delle persone. Questo concetto, sviluppato nel corso di decenni di insegnamento ed impegno sociale, sfida la visione tradizionale che riduce la legalità alla fredda osservanza delle leggi. "Mi sono stancato di sentire che la legalità è l’osservanza delle regole", ha dichiarato il professore, con tono deciso e appassionato. Per Dalla Chiesa, la legalità non è solo rispetto delle norme scritte, ma un sentimento che deve scaturire da un'autentica adesione ai valori di giustizia e rispetto per gli altri.
L'idea che la legalità sia un sentimento, come suggerisce il titolo del libro, nasce dalla convinzione che le leggi da sole non bastino a definire una società giusta. È piuttosto il modo in cui gli individui interiorizzano quei principi morali, spesso non codificati, a creare una vera cultura della legalità. "Non tutto può essere normato dalla legge, e non solo ciò che è scritto nelle norme definisce cosa è legale" ha continuato Dalla Chiesa, portando esempi concreti di vita quotidiana per dimostrare che molte delle scelte morali che facciamo derivano da un senso profondo di ciò che è giusto, piuttosto che da una rigida adesione a regole prestabilite. Tra gli episodi ricordati nel dialogo, è emerso quello contenuto nel libro "Album di famiglia", in cui suo padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, rifiutò un regalo destinato alla moglie. Quel gesto, compiuto non perché una legge lo imponesse, ma per un senso innato di onestà e correttezza, esemplifica perfettamente la distinzione tra legalità formale e legalità morale. "La legalità è un modo di vivere – ha sottolineato Dalla Chiesa – non qualcosa che ci viene imposto dall'alto, ma che nasce dentro di noi".
La riflessione di Dalla Chiesa si è poi allargata a un tema cruciale della società contemporanea: la povertà educativa. "La povertà educativa è il vero nemico di questi tempi, sebbene il grado di istruzione sia in costante aumento" ha osservato il professore con preoccupazione. A suo avviso, una società in cui le persone non riescono a interessarsi al mondo e ad interfacciarsi con gli altri è una società malata. "Una volta, anche chi non aveva una buona istruzione possedeva un alto grado di educazione. C'era rispetto per le autorità, i valori morali erano trasmessi in famiglia e i principi etici erano il fondamento del vivere civile". In questo contesto, Dalla Chiesa ha lanciato un duro attacco alla generazione di genitori attuali, definendola "la peggiore di tutta la storia d’Italia" poiché, secondo lui, trasmettono ai figli un pensiero dannoso per il futuro del paese. "Lo spirito della legalità – ha aggiunto – deve partire con la lotta alla povertà educativa".
Andrea Martena, spinto da queste riflessioni, ha chiesto un approfondimento sul ruolo della scuola nella diffusione della cultura della legalità. Dalla Chiesa ha evocato un episodio storico di grande significato: l'assassinio del presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, avvenuto il 6 gennaio 1980 per mano della mafia. "Fu un episodio che colpì profondamente tutti i siciliani. Sebbene tutti sapessero che si trattava di un omicidio politico-mafioso, nessuno aveva il coraggio di affrontare i massimi sistemi. Tuttavia, da quell'evento nacque un insegnamento all'antimafia nelle scuole siciliane, che innescò un cambiamento di lungo periodo". Magistrati, forze dell'ordine e insegnanti diventarono, secondo Dalla Chiesa, i veri agenti di una battaglia contro la mafia, dando vita a una generazione pioniera che diffuse la cultura della legalità. Un'eredità che, purtroppo, rischia di essere dimenticata e sottovalutata, soprattutto da parte di quei genitori che, oggi, tendono a ridicolizzare l'autorità scolastica.
Il professore ha inoltre raccontato la sua esperienza con l'Università itinerante, un progetto all'insegna della legalità che porta gli studenti a scoprire luoghi simbolo della lotta alla mafia. "Il viaggio insieme ti trasforma – ha affermato – perché permette di accumulare tanti punti di vista differenti. A Casal di Principe, che tutti ritenevano un covo di camorristi, trovammo persone che vivevano nel ricordo dell'assassinato don Peppe Diana. Ad Ostia invece, quando ancora nessuno scriveva nulla sui giornali, scoprimmo immediatamente la presenza della mafia". Gli studenti che partecipano a questi viaggi, ha sottolineato Dalla Chiesa, ne escono profondamente cambiati, con una dedizione totale alla causa della lotta contro la criminalità organizzata.
"La legalità – ha concluso – deve essere vista come una promessa del giusto, un riparo sicuro. Non deve essere percepita come una minaccia. Essa si evolve nel tempo, cresce e si modifica, trasmessa non solo dagli adulti ai giovani, ma anche dai giovani agli adulti”. In un'epoca caratterizzata dal cosiddetto "ritardo culturale", un concetto elaborato dal sociologo statunitense William Ogburn, secondo cui la società civile è sempre in ritardo rispetto al progresso tecnologico, Dalla Chiesa ha sottolineato la necessità di un rinnovamento etico che coinvolga ogni aspetto della vita sociale.
Infine, riguardo alla dedica del suo ultimo libro, Dalla Chiesa ha rivelato con commozione: "Ormai ho scritto oltre 50 libri, ma questo è quello che ho pensato di più, perché ho dovuto mettere dentro tutto ciò che ho appreso nel tempo. Durante la scrittura, mia moglie, con la quale ho lavorato al libro, è venuta a mancare. La dedica è inevitabile: è per una persona che è dentro a questo libro tanto quanto me".
Matteo Pennati